Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  settembre 02 Martedì calendario

LA “LETTIZZAZIONE” DEL PRIMO MINISTRO

A un certo punto sembra rendersene conto persino lui: “Vi sembrano le stesse proposte di cui si parla da anni? Ma noi le stiamo facendo e ci impegniamo fino al 2017”. Matteo Renzi parla, tanto, tantissimo, anche se deve soltanto presentare un sito web pieno di annunci. Sarà il caldo, sarà che questa volta non c’è il gelato polemico contro la copertina dell’Economist, ma all’improvviso Matteo Renzi pare trasfigurarsi in Enrico Letta, deliri mistici da fine estate.
I cronisti della sala stampa di palazzo Chigi sono abituati all’incubo nietzchiano dell’eterno ritorno: la storia si ripete, figurarsi la cronaca. Eppure colpisce vedere la rapidità con la quale anche il rottamatore fiorentino scolorisce assumendo in quel grigiore romano di cui Enrico Letta è stato il massimo interprete.
Mentre Renzi parla, par di vedere svanire i capelli, sembra diventare più secco, quasi gli si intravede un accenno di occhialetti lettiani. Perché troppo simile è lo stile e il contenuto. Dunque: Renzi convoca i giornalisti, tre giorni dopo aver presentato il pacchetto di decreti Sblocca Italia (decreti che ovviamente non esistono in forma cartacea, solo accordi verbali tra ministri), per annunciare la trionfale nascita del sito passo  dopopasso.italia.it. Per raccontare come “cambiamo l’Italia”, per dare sostanza ai congiuntivi esortativi con cui il premier sottolinea la sua voglia di cambiamento (“Basta rendite di posizione, si cambi”). Pessimo segnale per un leader quando deve darsi da fare per spiegare i suoi successi, è il segno che i giornali non se ne accorgono da soli. Ricordate la versione web dell’Agenda Monti? E, soprattutto, il dimenticato sito di Letta 100giorni.governo.it, dove l’allora premier spiegava l’importanza di concentrarsi “ sempre di più sulle politiche proprio quando lo scontro nella politica sembra farsi incandescente” . Le infografiche meticolose del passodopopasso non hanno più l’esuberanza irriverente delle prime dell’era renziana, quelle degli 80 euro, addobbate con incongrui dettagli (un pesciolino rosso) per far sorridere giornalisti in deliquio. No, ora le tavole sono sobrie, un po’ sulla difensiva, con una somiglianza quasi inquietante con quelle di “Impegno Italia - 12 febbraio”: doveva essere il programma per il rilancio del governo Letta, è diventato il suo testamento. Le priorità di allora sono le stesse di oggi: Europa, crescita, disoccupazione, imprese, lotta alla burocrazia.
Uno dei sintomi della crisi di Letta era l’ossessiva successione di discorsi programmatici: uno ogni due mesi, sempre solenni, sempre più articolati, quando non puoi scegliere meglio promettere tutto. Maria Elena Boschi, ministro delle Riforme a fianco del premier in conferenza stampa, pronuncia una parola che mai si pensava compatibile con l’eloquio renziano (quello del “tanta roba”).
La Boschi spiega che il programma dei mille giorni, quello rilanciato dal sito passodopopasso, avrà un passaggio parlamentare, ci sarà una “parlamentarizzazione” degli annunci. Non una fiducia, ovviamente, magari una mozione, un atto di indirizzo, una di quelle sottigliezze parlamentari che al pubblico del Tg1 cui si rivolge Renzi tendono a sfuggire. I più sofisticati osservatori propongono questa interpretazione: il piano dei mille giorni è un nuovo programma, un po’ di rimpasto nel governo è inevitabile con la promozione di Federica Mogherini a Bruxelles, e quindi la “parlamentarizzazione” degli annunci sarà un po’ l’inizio di un nuovo governo. Un Renzi bis. O un Letta bis, se la spinta propulsiva declinerà ancora.
Le analogie possono continuare. Il governo che doveva “cambiare verso all’Europa” si arrabatta con gli stessi stratagemmi del temporeggiatore Letta: rinvia il documento di economia e finanza con i conti pubblici, prova a sfangarla con qualche zero virgola di sconto dalla Commissione europea. È quell’approccio del “cacciavite” che Renzi rinfacciava a Letta e che ora Stefano Fassina contesta a Renzi.
Fassina, ex bersaniano, quindi un po’ proto-lettiano, poi anti-renziano, poi normalizzato ora di nuovo critico (evoluzioni). Anche nel programma lettiano c’era quella che Renzi presenta come sua personale novità: le scadenze (che qualche renziano osa già chiamare “cronoprogramma”). Letta ragionava - ingenuo – per trimestri, Renzi procede mese per mese. Che non si sa mai quando converrebbe votare.
C’è solo un dettaglio che rende ancora Renzi ben diverso da Letta: non si vede in giro Gaetano Quagliariello a guidare una qualche commissione di saggi. Ma forse basta aspettare.
Stefano Feltri, il Fatto Quotidiano 2/9/2014