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 2014  settembre 02 Martedì calendario

LA SPARTIZIONE DELL’UCRAINA È UN COMPROMESSO ONOREVOLE

Più che nella presa della Crimea, il superamento dell’unità territoriale dell’Ucraina va ricercato nella fine degli equilibri delle relazioni internazionali unipolari. L’unità territoriale è solo un espediente, la scusa che da sempre i grandi paesi cercano per dare una spallata a situazioni ritenute non più ottimali. La fine dell’Unione sovietica è stata troppo accelerata, quindi atipica negli svolgimenti normali della storia, lasciando dietro di se troppe situazioni non chiare. Era inevitabile che prima o poi qualcosa dovesse muoversi e non poteva che accadere nelle zone di confine, nei territori che da secoli passano da uno stato a un altro. È toccato all’Ucraina perché è un paese spaccato in due tra cittadini di nazionalità russa e cittadini ucraini anche se tutti slavi e tutti ortodossi della stessa chiesa che riconosce come leader il Patriarca di Mosca. Se la forzatura di piazza Maidan contro il Premier legittimamente eletto, Victor Yanukovich (un tipino pare molto corrotto), non fosse arrivata fino alla forzatura di rifiutare la mediazione, con tanto di offerta di nuove elezioni a breve, e non avesse di fatto messo fuori gioco il Partito delle Regioni russofono, il caos ucraino avrebbe galleggiato ancora un poco sotto traccia. Ma, prima o poi, era destinato comunque a esplodere, perché la Russia di Vladimir Putin, in questo sostenuta dalle altri grandi repubbliche ex sovietiche come il Kazakistan, considerava chiuso il ciclo di espansione ad est della Nato, degli interessi Usa e di quelli europei. Un’Ucraina autonoma politicamente e rivolta a occidente non era pensabile per Mosca che del nuovo schema di gioco del regionalismo non multipolare è un campione in fieri almeno quanto la Cina. Le due superpotenze nucleari, energetiche ed economiche hanno il comune interesse di ridefinire il campo di gioco di Washington, di dimostrare che in Africa, in Asia, nel Golfo e perfino in America Latina il calcio si è fatto totale.
Impossibile, anche inasprendo le sanzioni, quindi innescando un meccanismo pericoloso più di tutti per le economie europee più fragili e con la disoccupazione galoppante, pensare che Putin arretri prima di aver ottenuto uno status tipo Kossovo o Bosnia in Ucraina dell’est. Si mostra tranquillo e cerca nuovi fornitori: la scorsa settimana ha siglato accordi a Mosca con il presidente del Sudafrica per rimpiazzare parte delle forniture alimentari già europee mentre con la Cina gli accordi energetici sono in piena evoluzione. Eppoi Putin sa bene che l’Europa non può permettersi una lunga guerra a ridosso della sua parte geografica più dinamica economicamente come la Polonia o la Slovacchia. Parafrasando Nelson Mandela: «L’Europa non può vincere una guerra ma può vincere un’elezione». Nel senso che può giungere a un compromesso onorevole: accettare la spartizione dell’Ucraina agganciando l’ovest a Bruxelles e lasciando l’est a Mosca.
Edoardo Narduzzi, ItaliaOggi 2/9/2014