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 2014  agosto 30 Sabato calendario

NO A BACI, SI’ A VELI E PREGHIERE. ALLAH SPEGNE LA TV

La stretta conservatrice nella Turchia del sempre più autoritario neo presidente della Repubblica, Recep Tayyip Erdogan, arriva anche in televisione. E ad accorgersene, ora, sono anche i Balcani e il Mediterraneo. Le celebri telenovele della Mezzaluna, un tempo fonte di ispirazione e motivo di ribellione nel Paese, come in tutto il Medio Oriente, hanno subito un drastico giro di vite per quanto riguarda scene e contenuti, divenuti più Islam friendly.
È il caso della soap opera Osmanli’da Derin Devlet, che in italiano suona come “lo Stato profondo nell’Impero Ottomano”. La fiction racconta gli splendori, i giochi di potere, gli intrighi alla corte dei Sultani, ma in un’ottica decisamente “pia”. Il periodo storico di riferimento è l’inizio del XVIII secolo, quando la Sublime Porta era in guerra con l’Impero Russo. Mentre il Sultano manca dalla corte per condurre campagne militari, nell’antica Costantinopoli si scatena una vera e propria guerra fra bande all’interno del Topkapi, la residenza imperiale, dove non ci si può fidare più di nessuno. Niente donne senza velo, niente scene di passione, molte invocazioni ad Allah e con il sovrano più intento a gestire le congiure di corte e comandare gli eserciti che a godersi le gioie dell’harem. Una scelta fatta per fare conoscere e immedesimare i turchi con il loro glorioso passato, riscoperto nei 12 anni in cui Erdogan ha guidato il Paese, ma non solo.
La pellicola ha battuto tutti i record di ascolto e sta riscuotendo un notevole successo sia in Medio Oriente, sia nei Balcani. Si tratta di una delle produzioni più costose mai realizzate dalla tv della Mezzaluna, segno che al suo successo tengono in parecchi. Viene girata su un’area di oltre 200mila metri quadrati a Izmit, alle porte di Istanbul. I costumi sono stati confezionati con cura quasi maniacale e, a differenza di altre pellicole dello stesso genere storico, riproducono perfettamente lo stile del tempo. Osmanli’da Derin Devlet ha iniziato la sua programmazione sul primo canale della Tv di Stato, controllato dall’esecutivo islamico, sempre meno moderato, al governo, per poi passare all’emittente conservatrice Samanyolu, perché c’è stato qualche problema. Alcune scene, infatti, sono state criticate dalla Rturk, il board che controlla la programmazione delle televisioni e le radio turche, per la loro eccessiva violenza e fino all’ultimo ci si è chiesti se l’ultima puntata della prima serie sarebbe andata in onda in modo integrale o decisamente edulcorata. La mancanza di passione e sentimenti, il ruolo di secondo piano ricoperto dalle figure femmili secondo i più critici combaciano con la Turchia voluta dal presidente Erdogan, che dai circoli più laici dello Stato viene accusato da tempo di voler rendere sempre più religioso il Paese fino a islamizzarlo completamente.
Negli ultimi quattro anni nell’unico Paese della Mezzaluna a vocazione europea sono entrate in vigore nuove leggi che interferiscono in modo pesante sulla vita quotidiana della popolazione: la riforma dell’istruzione che rende più accessibili le scuole coraniche, il divieto di vendere alcolici dopo le 22 e il divieto di pubblicizzarli. La prossima puntata potrebbe essere un’ulteriore stretta sul fumo, già proibito nei luoghi pubblici e con i vari marchi di sigarette che verranno coperti da un involucro nero. Recep Tayyip Erdogan ha espresso più volte la sua intenzione di crescere generazioni di musulmani senza vizi e si è scagliato spesso contro l’aborto.
Adesso, la stretta inizia ad arrivare anche sul piccolo schermo. Sembra lontana anni luce la stagione in cui le telenovele turche rappresentavano un vero e proprio punto di riferimento per la popolazione della Mezzaluna e di tutto il Medio Oriente. La prima era stata Gumü, in turco “argento”, andata in onda nel Mediterraneo con il nome Noor, in arabo “luce”. Raccontava la storia d’amore controversa ma a lieto fine fra i due protagonisti. Lui bellissimo e dolce e lei senza velo, splendida e dedita non solo all’amore, ma alla sua realizzazione professionale. La pellicola era ambientata nella Istanbul bene, dove sontuose dimore sul Bosforo si accompagnavano a signore vestite all’ultima moda.
Una vera e propria epidemia che ha dilagato per tutto il Medio Oriente, più forte di qualsiasi movimento di piazza. Noor che da protagonista di una soap nel giro di pochi mesi è diventata la paladina di migliaia di donne e il suo compagno Mohamed, imposto come modello ai loro mariti. Un virus capace di sortire gli effetti più svariati, dal merchandising, con magliette e screensaver con le foto dei protagonisti, ad atti di aperta ribellione, come un gruppo di ragazze che in Arabia Saudita si è rifiutato di partecipare a una veglia funebre per non perdersi una puntata dell’amata serie, quasi un’ora di libertà in una vita da carcerate.
Poi è arrivato il boom di Muhte em Yuzyıl, in turco Il secolo meraviglioso, una telenovela che parlava dell’Impero Ottomano ai tempi di Solimano il Magnifico, ma in modo molto diverso da Osmanli’da Derin Devlet. Qui la parte del leone, più che il sovrano, la facevano le donne che gli stavano attorno, che non portavano il velo, ostentavano generose scollature ed erano tutto fuorché sottomesse alla volontà maschile. Questo, almeno, finché il premier Erdogan non ha denunciato il regista e la produzione. Il processo non ha avuto seguito, una stretta su contenuti, scene e abiti femminili sì, però. Da quel momento il pubblico turco e internazionale si è dovuto accontentare di un Secolo meraviglioso sì, ma più politically correct, almeno secondo gli standard dell’esecutivo di Ankara.
Segno di un Paese che cambia e dove, a un determinato corso politico, se ne affianca anche uno sociale. Non è un caso se, negli ultimi tre anni, siano comparsi prodotti editoriali per un pubblico in linea con la nuova classe emergente conservatrice che, anche negli ambienti economici, sta rimpiazzando quella della vecchia borghesia ultralaica. Un esempio sono la telenovela Huzur Sokagi, tratta da un libro che era stato messo all’indice perché giudicato troppo religioso, e la rivista Ala magazine, in questo momento uno dei femminili più diffusi nel Paese e calibrato appositamente per donne che portano il velo, con relativa scelta degli argomenti. Adesso, per concludere, è arrivato anche Osmanli’da Derin Devlet a fare capire che la Turchia non è più quella di una volta, nemmeno in televisione. Alle donne nel resto del Medio Oriente non resta che recepire il messaggio e farsene una ragione.