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 2014  settembre 02 Martedì calendario

LA CHIESA E LA CINA POPOLARE SCISMA O FURTO DI MARCHIO?


Papa Francesco tende la mano al regime di Pechino e gli offre tutto il suo sostegno, e così nega la storia e la verità degli eventi attuali. Il Pontefìce afferma che i cristiani non sono conquistatori, e finge di non vedere l’occupazione militare del Tibet, gli scontri violenti fra i cinesi e i Paesi vicini come Vietnam, Filippine e Giappone. I veri conquistatori sono i cinesi, ed è superfluo assecondare questa mania espansionista. Piuttosto bisognerebbe sostenere i Paesi asiatici aggrediti, ma Papa Francesco ha deciso di schierarsi dalla parte della Cina. La politica antioccidentale di questo Papa sta raggiungendo dei risultati aberranti.
Cristiano Martorella

Caro Martorella,
Chi cerca di avere rapporti ufficiali con la Cina non è tenuto ad approvare la sua politica estera. Credo che anche i laici e gli agnostici debbano cercare di comprendere le ragioni che hanno spinto papa Francesco e i suoi predecessori a ricercare il dialogo con Pechino.
Nella Repubblica popolare esistono ufficialmente 4 milioni di cattolici. Sono quelli iscritti all’Associazione patriottica dei cattolici cinesi, una istituzione creata all’epoca di Mao che è, in sostanza, una Chiesa di Stato, gestita dal governo e interamente soggetta alle sue direttive. Ma accanto a questi «cattolici del regime» esiste anche un numero imprecisato (8 milioni secondo una stima prudente, 14 secondo una stima più generosa) di cattolici clandestini che sono, per usare una definizione ecclesiastica, in comunione con Roma.
Nel Paese esistono quindi due gerarchie: i vescovi nominati da Roma e quelli nominati dal governo, come il vescovo di Harbin, nella provincia settentrionale di Heilogjiang, ordinato il 6 luglio 2012 da cinque colleghi che erano stati fino ad allora «in comunione con Roma» (ne ha scritto a suo tempo Sandro Magister in www.chiesa,espressoonline.it). La Chiesa reagisce generalmente con la scomunica, ma questa apparente conflittualità inter-cattolica crea confusione e turbamento negli animi di tutti i fedeli cinesi, soprattutto di quelli recentemente convertiti e battezzati.
Conosciamo le ragioni della Cina. Con motivazioni ancora più nazionalistiche che ideologiche, la Repubblica popolare non tollera che i suoi cittadini abbiano una doppia lealtà. È una posizione rafforzata dall’immagine statuale che la Chiesa romana proietta di sé nel mondo. Agli occhi di chi non crede nel principio della discendenza apostolica, la Santa Sede è soltanto una monarchia elettiva, retta da un sovrano che viene scelto da un collegio di grandi elettori dopo la scomparsa o le dimissioni del suo predecessore. Paradossalmente questa linea sarebbe più coerente e meno attaccabile se il regime avesse proibito il culto e l’apostolato. Ma il regime ha preferito creare la propria Chiesa e servirsene per i propri fini. Non è sorprendente che questo appaia agli occhi della Santa Sede una intollerabile appropriazione indebita. Qualcuno ha osservato che vi sono stati, nella storia della Chiesa romana, altri scismi (quello di Enrico VIII re d’Inghilterra, per esempio) con cui Roma, dopo averli combattuti, ha dovuto convivere. Ma hanno avuto luogo all’interno della grande famiglia dei popoli cristiani. In questo caso invece il marchio «cattolico» è usato da un regime che resta, nonostante la sua evoluzione, ateo e materialista. Che la Chiesa cerchi di mettere fine a questo stato di cose dovrebbe sembrare perfettamente comprensibile anche a chi non approva la sua posizione in altri campi.