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 2014  settembre 02 Martedì calendario

«SONO ANCORA NERO A METÀ»

[Intervista a Pino Daniele] –

Come i moschettieri di Dumas, come i supereroi di Stan Lee, come gli eroi di un romanzo evergreen e senza tempo. Sono tornati Pino Daniele e i suoi cantori della Napoli Centrale. E, con loro, si risveglia d’improvviso il sound che cambiò la musica della città del bel canto con Nero a metà, l’album capolavoro di quello straordinario musicista che era e resta Pino, 59enne, uomo ringiovanito nel corpo e nello spirito quando ha avuto la bella idea l’idea di riproporre quel disco capolavoro, uscito nell’anno di grazia 1980 e ristampato in una versione deluxe da Universal (oggi sono in vendita anche 1000 copie in versione vinile).
Ieri sera, in un’Arena di Verona prestata per una sera al pop italiano più raffinato e con le scenografie di Madame Butterfly nascoste dietro le quinte, Pino Daniele si è regalato uno show antologico e una scaletta che ha riproposto dapprima le sue hit più celebri e, poi, l’intero album Nero a metà esaltato da un tappeto orchestrale e dall’accompagnamento della band dell’epoca (Gigi Di Rienzo al basso, Agostino Marangolo alla batteria, Ernesto Vitolo alle tastiere, Rosario Jermano alle percussioni, Tony Cercola ai bongos e gli indimenticabili assoli al sax di James Senese al sax).
Ciliegina sulla torta sono stati, qua e là, duetti emozionanti tra Pino e Fiorella Mannoia (Senza ‘e te), Elisa (Quando), Mario Biondi (Sotto o’ sole e A me me piace o blues), Francesco Renga (Musica Musica e Voglio di più) ed Emma (Num me scuccià). Momenti che hanno infiammato l’Arena. E che F&P, il promoter, ripeterà in cinque show analoghi a dicembre (Milano, Roma, Bari e Napoli).
Pino, l’idea di rispolverare Nero a metà è un asso nella manica in questi mesi di crisi musicale. Come è nato il progetto?
«Da un’idea, appunto. Non abbiamo la necessità di pubblicizzare un disco nuovo ma quella di riprovare, oggi, le emozioni che ci portarono a quella magnifica avventura. Non l’avrei fatto se non mi fossi accorto, negli ultimi concerti, che le nuove generazioni cantano Quanno chiove o Musica musica, Canzoni uscite quando loro non erano ancora nate».
Il timore di inciampare nel facile remake non l’ha nemmeno sfiorata?
«No. All’estero operazioni come questa fatte da big della musica hanno funzionato. Inoltre questo non è un progetto nostalgico, tutt’altro. L’abbiamo concepito come uno show emozionale che speriamo emozioni anche gli altri».
«L’idea di introdurre ritmi lontani da quelli classici della mia città ma così in sintonia con le nostre radici jazz e blues ha funzionato. Non essendo un istrione, non lo sono mai stato, ho voluto con me i musicisti di quella irripetibile sperienza».
La vostra musica è la stessa ma l’Italia di oggi è radicalmente cambiata: lei come sta vivendo questo mutamento nella società?
«Da musicista, con gli occhi aperti su quello che accade ma con la consapevolezza di vivere con la musica nella testa e nel cuore. Siamo ammalati di musica anche se non posso fare a meno di accorgermi dei peggioramenti che la nostra esistenza sta subendo».
Un esempio?
«Nei rapporti tra la gente: ormai comunichiamo via web o via mail, abbiamo bisogno di conferme scritte, di solidità mentali date dalle convenzioni. Nero a metà nacque in ben altri contesti sociali».
Tra ragione e sentimento per cosa optare?
«Per la storia: abbiamo inciso Nero a metà non facendo conti né strategie commerciali. Ci andava di esplorare quelle piste musicali, di confrontarci con sound che non venivano da Napoli ma da lì potevano ripartire con slancio nuovo. Oggi ci siamo trovati a emozionarci canzoni del passato che raccontano così bene quel passato».
Un napoletano che sbanca l’Arena di Verona con 10.000 biglietti bruciati in prevendita e che la incanta con brani in dialetto come Num me scuccià oppure E so’ cuntento ‘e sta’ cosa rappresenta?
«Ho un rapporto speciale con Verona: qui fui lanciato al Festivalbar. E qui a Verona, nel 1984, Maradona giocò la prima partita con la maglia del Napoli».
Lei aprì, nel 1980, uno storico concerto di Bob Marley a San Siro: cosa imparò dal re del reggae?
«Che le canne fanno male. Scherzi a parte, fu una conoscenza molto istruttiva».
Un amico che le manca in questa festa?
«Massimo Troisi. Era uno di noi, uno della band. Sono felice che i ragazzi di oggi lo abbiamo conosciuto almeno attraverso i film».
Pochi giorni fa un concerto dei napoletani 99 Posse, qui a Verona, è stato cancellato per motivi di opportunità politica. Cosa ne pensa?
«Che la musica non deve mai essere troppo politicizzata. E che se diventa musica di partito, cioè schierata, corre questo tipo di rischi».