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 2014  settembre 02 Martedì calendario

«IL COMUNISMO, OSSESSIONE DEI RICCHI ITALIANI»

[Intervista a Gary Shteyngart] –

Alle 4 del pomeriggio italiane, tenuto conto di fuso e ora legale, a New York Gary Shteyngart dovrebbe essere sveglio. Il dubbio è: sarà sobrio? Nel corso degli anni lo scrittore russo-americano è stato l’ospite più intervistato di riviste e blog dedicati all’ubriachezza assunta a stile di vita. «Sono sobrio. Oggi bevo molto meno. E poi la leggenda è nata per colpa degli intervistatori. Quando sapevano che sono nato in Russia a San Pietroburgo, anzi ai tempi si chiamava ancora Leningrado, mi facevano domande sulla vodka. E allora mi lasciavo andare agli aneddoti pittoreschi. Piacciono sempre questi scenari di russi che, messe a dormire le donne, passano notti intere a bere vodka, mangiando cetrioli e salmone. Oggi gli scrittori bevono sempre meno. Non fumo nemmeno. E sono sveglio perché tra poco partirò per l’Italia». Shteyngart viene al Festival della Letteratura di Mantova per presentare il suo ultimo libro, un memoir intitolato Mi chiamavano Piccolo Fallimento e pubblicato da Guanda.
Non beve più. Peccato. Mi aspettavo un quadro più politicamente scorretto. Per fortuna lei resta una persona molto autoironica. Pochi intitolerebbero il racconto della propria vita Mi chiamavano Piccolo Fallimento.
«Da bambino mia mamma mi chiamava così: Piccolo Fallimento. Si sa che i nomignoli ricevuti durante l’infanzia poi ti restano appiccicati addosso per tutta la vita. Io poi sono stato bravo e ho fatto di tutto per tenere fede a quel nome. Sono bassetto e ho l’aspetto di un dork».
Lo dicono anche le ragazze nel booktrailer di Piccolo Fallimento: un dork, ossia uno sfigato, che ha avuto la fortuna di sposare un sex symbol come James Franco.
«James è stato un mio allievo all’università. Io insegno scrittura creativa alla Princetown University. Oltre a essere attore, modello e scrittore James ha conseguito cinque lauree. E ha avuto molto spirito nel girare con me e altre guest star il mio terzo booktrailer».
Il booktrailer legato al libro è esilarante. Nel video, la cui sceneggiatura è stata scritta da Shteyngart, Gary è uno scrittore gay fallito sposato con James Franco che invece, oltre a essere avvenente, ha appena firmato un bestseller dedicato proprio al marito e intitolato Cinquanta sfumature di Gary. Per il povero Piccolo Fallimento è una umiliazione continua, dal barista che gli fa pagare salato un semplice caffè allo psicanalista che invece di ascoltarlo chatta con lo smartphone.
Il suo video è splendido. Ha mai lavorato per il cinema?
«Ho firmato tutti e tre i miei booktrailer, mi sembra abbastanza. Posso anticiparle però che sono in trattative per trarre una serie televisiva dal mio libro Storia d’amore vera e supertriste».
Nei suoi libri precedenti ha romanzato in maniera grottesca episodi reali, come il suo trasferimento dalla Russia all’America. Cos’è più difficile nella vita di tutti i giorni? Essere americano, russo o ebreo?
«Essere americani è favoloso, la cosa migliore che possa capitare. Essere ebrei a New York non è certo un problema. Direi che la cosa più difficile è essere russi. Non si sa neppure più con precisione cosa voglia dire essere russi
oggi. Io racconto sempre di essere nato in una tipica famiglia sovietica perché mia madre era pianista e per gli americani tutte le donne russe sanno suonare il piano. E mio padre lavorava alla Lomo, la fabbrica che produceva macchine fotografiche economiche di plastica, le stesse tornate di moda ultimamente tra gli hipster. In realtà mi sono sentito più vicino alla popolazione georgiana. Dopo la dissoluzione dell’Urss si sono formati o riformati tanti Stati di cui non conosciamo neppure bene le culture. Sono loro che hanno ispirato il mio romanzo Absurdistan. Il protagonista del libro, Misha, a un certo punto diventa Ministro del Multiculturalismo. Quella della multiculturalità era una fissa degli anni 90. Semplici flirt con la cucina o la musica di un Paese venivano spacciati per integrazione. Oggi ci rendiamo conto che integrarsi è molto più difficile di quello che sembri. La cronaca di questi giorni ci insegna che l’essere umano tende a voler imporre la propria cultura con ogni mezzo, piuttosto che ad accettare quella degli altri».
Lei ha scritto Absurdistan durante un soggiorno a Roma. Cosa ci faceva lì?
«Nel 2003 ero stato ospite a Firenze della fondazione di Beatrice von Rezzori. Dovevo restare in Italia pochi giorni. Ci sono rimasto un anno, vivendo a Roma in una piazzetta del centro. Davanti a casa mia c’era il palazzo in cui viveva il figlio di un noto intellettuale marxista. Ogni sera era un’orgia, a finestre aperte. Donne, vino, un sacco di gente. Un passo avanti rispetto alla statua di Lenin che vedevo dalla finestra di casa mia da bambino, a San Pietroburgo. Mi ha sempre molto colpito l’innamoramento degli italiani, soprattutto quelli benestanti, per il comunismo. Senza per altro averlo mai conosciuto davvero. Mi ricordo quando la domenica mattina andavo al mercato di Porta Portese. Appena sapevano che ero di origini russe, i venditori cercavano di rifilarmi ogni tipo di paccottiglia rimasta dalla dissoluzione dell’Urss decorata con falci e martelli. Ma io ero stufo di falci e martelli! Inoltre il mio soggiorno italiano ha avuto anche un altro risvolto che poi ha influito su Absurdistan. Mangiavo quantità spaventose di pasta ed ero ingrassato parecchio. Così ebbi l’idea di descrivere Misha, il protagonista, come un uomo che pesava 150 chili».
Lei si lamenta spesso che in America vi siano più scrittori che lettori. La cosa è vera anche in Italia.
«È vera in tutto il mondo, temo. Oggi fra blog e self-publishing tutti vogliono fare gli scrittori. E non sanno che è un lavoro poco affidabile dal punto di vista economico. Non parlo per me. Anche se conservo il mio incarico di professore universitario perché non si sa mai... Ma proprio questa mia attività mi porta a stretto contatto con i giovani. Mi rendo conto così che i lettori sono pochi e di quei pochi il 78% è rappresentato da donne. I ragazzi leggono pochissimo, preferiscono i film o la Rete. Per questo ho girato tre booktrailer. Per farli cadere nella trappola dei libri».