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 2014  settembre 02 Martedì calendario

IL SEGRETO TEDESCO? TANTO APPRENDISTATO E CONTRATTI FLESSIBILI


Nel dare il via al programma dei cosiddetti mille giorni, il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha colto l’occasione per invitare stampa e politica a smettere di parlare male della Germania, visto che il suo mercato del lavoro dovrebbe essere preso a modello. In particolare, Renzi ha citato la struttura «duale» del sistema tedesco, (duale Berufsausbildung) che unisce ed alterna formazione pratica e teorica per un vasto numero di mestieri. Come funziona?
Il contratto di apprendistato, rivolto agli studenti di scuola superiore professionale, dura due o tre anni e si conclude con un esame finale. Ogni anno vengono siglati circa mezzo milione di nuovi contratti di apprendistato. Il finanziamento è a carico dello Stato per il 20% (Agenzia federale del lavoro e Länder) e il resto a carico delle imprese con un costo di circa 25 miliardi l’anno. Il salario dell’apprendista, che lavora per un massimo di 40 ore settimanali, è di circa 700 euro al mese. Il tasso di permanenza nella stessa impresa in cui l’apprendista è stato formato è pari al 60%. Ma Renzi non intendeva riferirsi soltanto ad un modello di apprendistato di successo, bensì alla relativa facilità delle imprese tedesche di assumere e licenziare.
Nel quadro di una forte presenza del sindacato non frammentato e conflittuale come quello italiano i lavoratori partecipano alle decisioni imprenditoriali (cosiddetta cogestione) e controllano l’operato della dirigenza a livello aziendale attraverso un consiglio di fabbrica. Il baricentro della contrattazione collettiva si è spostato dal livello regionale al livello aziendale negli ultimi dieci-quindici anni. «Negli anni precedenti la crisi spiegava un rapporto della Bundesbank dell’ottobre 2010 i contratti collettivi hanno introdotto clausole d’apertura tali per cui i contratti aziendali hanno potuto agganciare gli orari di lavoro e la retribuzione alle mutanti situazioni congiunturali». Oltre ai sempre maggiori spiragli lasciati aperti dai contratti collettivi, imprese di ogni dimensione hanno iniziato ad abbandonare le rispettive associazioni datoriali proprio per svincolarsi dall’applicazione dei troppo rigidi contratti di settore. Oggi si calcola che la metà dei lavoratori dell’Ovest e tre quarti dei lavoratori dell’Est sia occupato in aziende dove non è applicato il contratto collettivo del macrosettore di riferimento.
Qualche ingessatura al mercato del lavoro è causata dai salari minimi introdotti nell’ultimo decennio per un gran numero di categorie di lavoratori, di recente anche per i lavoratori interinali, il ricorso ai quali era stato liberalizzato durante l’era del Cancelliere socialdemocratico Gerhard Schröder. Il salario minimo generalizzato per tutti i lavoratori, invece, approvato di recente dal Parlamento tedesco, entrerà in vigore soltanto il 1 ̊ gennaio 2015 ed esplicherà pienamente i suoi effetti a partire dal 2017. Flessibilità al sistema è garantita poi dai cd. mini-jobs, lavori pagati 450 euro al mese indipendentemente dal numero di ore lavorate. I contributi pensionistici e sanitari sono pagati solo dal datore di lavoro, anche se dal 2013 il lavoratore può scegliere di versare quelli pensionistici.
Quanto ai licenziamenti, l’ordinamento federale prevede come regola un coinvolgimento del sindacato a livello aziendale, mentre il licenziamento senza giusta causa è ammesso per le imprese sotto i 10 dipendenti. Il reintegro è soltanto un’alternativa rispetto alla possibilità che il datore di lavoro corrisponda al lavoratore un’indennità, che oscilla tra le 12 alle 18 mensilità.