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 2014  agosto 31 Domenica calendario

«RENZI, I TWEET E QUELL’ESPROPRIO FATTO A MIA MOGLIE»

[Intervista a Francesco Rutelli] –
La solitudine non fa bene al potere. Trent’anni di politica da sindaco di Roma, da parlamentare, da ministro, da leader di partito hanno insegnato al sessantenne Francesco Rutelli che la tentazione dell’uomo solo al comando è fin troppo nociva. Un anno fa, nel 2013, Rutelli ha scelto di non candidarsi per un seggio da senatore o deputato. Ma il suo impegno continua con l’associazione di cui è presidente, Priorità Cultura.
Nell’era di Ignazio Marino, Roma rimpiange Rutelli sindaco dal ’93 al 2001?
Un’emittente molto popolare a Roma, Radioradio, ha fatto un sondaggio tra i suoi ascoltatori e pare che abbia vinto io. E spesso mi fermano dei vigili urbani, di un sindacato che mi era nemico, per ringraziarmi. Ma io non amo la nostalgia. Mia moglie (Barbara Palombelli, giornalista e opinionista, ndr) mi sgrida sempre perché non so vivere nemmeno nel presente, guardo sempre avanti, mosso dalla passione per le cose nuove.
Quindi le cose vecchie non la smuovono?
Questi riconoscimenti mi fanno piacere, ci mancherebbe. E dimostrano che abbiamo realizzato parecchio. A Roma, di cose ne abbiamo fatte davvero tante: l’Auditorium, le stazioni ferroviarie, 180 piazze, soprattutto in periferia, la tranvia, 30 musei e gallerie, il Giubileo. Non c’è stato solo il Capodanno in piazza.
Parla al plurale.
Eravamo in ottanta, cento. Chi vuole fare un cambiamento profondo non deve avere paura di circondarsi di persone che magari gli facciano ombra oppure che si dimostrino più brave di te. Per me questo ha significato avere potere. Ma non legga queste frasi come un attacco a Marino, non mi piace il tiro al bersaglio nei suoi confronti.
Lei vola altissimo.
Le faccio il nome di Marcello Fiori.
L’uomo che Berlusconi ha scelto per organizzare i Club di Forza Silvio.
Fiori è stato un mio vicecapo di gabinetto. Gestiva il decoro urbano e fu bravissimo.
Anche l’attuale premier ha iniziato da rutelliano nella Margherita. A Firenze però, non a Roma.
L’ho aiutato fino alla sua elezione a sindaco. Capii subito che era una figura promettente. E quando sono stato vicepremier e ministro della Cultura (nel governo Prodi del 2006, ndr) cercavo sempre di farlo venire nelle missioni preparatorie all’Estero. L’ho portato da Hillary Clinton, negli Usa, dalla Gandhi in India.
Lei poteva stare prima di Renzi a Palazzo Chigi: nel 2001 da candidato premier di un centrosinistra che tende al centro. Non le suscita rimpianti?
Non sono situazioni paragonabili. Oggi Renzi ha di fronte un Berlusconi che non può uscire dagli arresti domiciliari.
Quello del 2001 era invece un Cavaliere al punto più alto della sua parabola.
Ricordo che il giorno prima delle elezioni annunciò Montezemolo ministro degli Esteri. Non era vero ma la notizia non venne smentita. Era il segnale che le élite dominanti si erano schierate al suo fianco.
Rutelli come agnello mandato al macello.
Alla fine non fu così. Quando cominciai la campagna elettorale avevo uno svantaggio di undici punti. Nelle urne il distacco si ridusse all’1,4%. Raccogliemmo più di sedici milioni di voti. Lo stesso Berlusconi - durante le consultazioni che fece da presidente del Consiglio incaricato - in un raro momento di sincerità che ebbe, mi disse: “Altri tre giorni e a Palazzo Chigi c’eri tu”.
Come fa a non avere rimpianti?
Perché se anche avessimo vinto e governato dopo cinque mesi saremmo caduti.
L’Undici Settembre.
La storia non si fa con i se ma Rifondazione non avrebbe mai votato l’intervento in Afghanistan contro Al Qaeda.
La guerra, anzi le guerre sono sempre lì.
Io ho avuto la fortuna di incontrare in pubblico e privato, per almeno 40 volte, l’uomo che aveva previsto tutto questo.
Chi è?
Giovanni Paolo II. Nel 2003, serrando i pugni come faceva lui, mi rivelò che con l’invasione dell’Iraq sarebbero ricominciate le guerre di religione. Per questo mandò il cardinale Laghi da Bush e il mio amico Etchegarray da Saddam Hussein. Io conservo un documento di eccezionale valore storico. L’ultima foto di Saddam Hussein come capo dell’Iraq mentre stringe la mano a Etchegarray, l’inviato del Papa. Quella guerra fu un errore capitale e lo dissi anche a Blair quando venne in Italia. Eravamo io e D’Alema.
Meglio Saddam dell’Isis?
Andreotti diceva che bisognava tenersi stretti i dittatori che stabilizzavano paesi difficili. Ma io non lo credo. Certo: oggi il modello democratico è in crisi. In Europa, con l’ascesa del populismo. Nel mondo, non è più un magnete. Prenda Putin in Russia: il suo regime ha il 90 per cento di consenso. Ed è superficiale liquidare con parametri occidentali la transizione della Cina comunista.
Quello di Renzi però rischia di essere un potere solitario.
Renzi ha il merito di aver attaccato l’immobilismo delle élite dominanti, dall’economia ai media. I problemi sono sempre più complessi, e i nuovi leader hanno scarsa propensione a creare gruppi dirigenti in grado di tradurre i tweet in provvedimenti adeguati. Chi pensa, o magari dissente, infastidisce. Ma è un errore: per decidere, devi saper ascoltare.
Lei è sempre moderato. Dice assertivo per non usare il termine populista.
Il pericolo di un rilancio all’infinito del populismo c’è, eccome. Io resto fiducioso nella democrazia. Tra qualche tempo, riscopriremo la sua difficile indispensabilità. Ma sarà rimasto in piedi qualcosa?
In attesa di capirlo, lei un anno fa non si è candidato. Non sente la mancanza di un seggio, dei benefit del potere?
La mia risposta può apparire banale ma è sincera: no. Anche quando avevo la scorta e andavo allo stadio pagavo l’abbonamento della mia squadra, la Lazio. Forse sono il politico che ha dato più volte le dimissioni: tre da deputato, una da consigliere regionale in Campania, una da ministro del governo Ciampi, quando non passò l’autorizzazione a procedere per Craxi. E mi sono dimesso da presidente del Copasir (il comitato parlamentare per i servizi segreti, ndr) quando sono uscito dal Pd.
Un Pd renziano senza Rutelli non è un paradosso?
Oggi il Pd è l’unico partito votabile ma io ho scelto di non avere incarichi pubblici. Continuo con le iniziative Green, e con la mia associazione: oggi chiudiamo a Palazzo Venezia la Mostra per salvare il Patrimonio Siriano massacrato, il 4 settembre sarò alla mostra di Venezia per un dibattito sulla diplomazia culturale del cinema.
La sua associazione, Priorità
Cultura, è a favore dei privati. Oggi la bellezza dell’Italia sembra monopolio dei russi.
Ben vengano i russi. Noi dobbiamo attirare, non criminalizzare il turismo di alta fascia. Nell’isoletta di Filicudi, dove sono stato in vacanza, al tavolino accanto del bar ho trovato l’emiro del Qatar, l’uomo più ricco del mondo. Ma bisogna puntare sulla bellezza, sulla qualità, non sul cemento. Non dimentichi che sono stato io a varare, da ministro, il codice del paesaggio.
La sua scelta di ritirarsi dal Parlamento è stata influenzata dallo scandalo Lusi, il tesoriere infedele della Margherita?
I primi mesi sono stati drammatici. Io non sono un moralista ma è incredibile come si dia più ascolto, anche presso di voi, al delinquente che alla vittima. Tutto il maltolto è stato sequestrato e sarà dato allo Stato. Ed è stato dimostrato con le sentenze che siamo stati vittime, e io calunniato. In tutti questi anni non mi sono arricchito con la politica. Anzi.
Ci ha rimesso?
La mia è una famiglia benestante e da sindaco sono riuscito anche a espropriare mia moglie. Lo dico ora per la prima volta. Magari sono l’unico al mondo ad averlo fatto.
Come è successo?
Per il parco della Caffarella, a Roma, un’antica battaglia ambientalista. Da sindaco ho tolto cinque o sei ettari di terreno a mia suocera e i suoi figli.
Radicale, verde, poi Margherita, Pd e Api montiana. Cinque Rutelli diversi.
Sono sempre stato un uomo di minoranza. L’insegnamento dei radicali per me è stato decisivo.
Pannella ha il cancro.
Lo sto incontrando in questi giorni. Gli ho detto: “A Marco, se potesse il tumore scapperebbe da te”. Lui si è messo a ridere. Sostiene che i medici gli hanno consigliato di non smettere di fumare. Pazzesco.
Mai arricchito con la politica. Quando ero sindaco di Roma ho tolto 5 o 6 ettari di terreno del Parco della Caffarella a mia suocera
Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 31/8/2014