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 2014  settembre 01 Lunedì calendario

LIBRO IN GOCCE NUMERO 1

(La Grande Guerra giorno per giorno)

Dispacci dalla Grande Guerra –
Cinema. Testimonianza del proprietario di un cinema apparsa su una rivista tedesca nel giugno 1915: una sera, durante l’intervallo, aveva avvisato il pubblico che si era appena presentato un uomo in uniforme per sorprendere la moglie con l’amante. Per evitare scandali aveva indicato una piccola e discreta uscita di sicurezza. Immediatamente, trecentoventi coppie avevano lasciato la sala al riparo della penombra.
Malattie. Aumento delle malattie veneree, come la sifilide, durante la Grande Guerra. A volte le prostitute infette guadagnano più di quelle sane perché attirano i soldati che vogliono ammalarsi per evitare il fronte.
Gonorrea. Commercio delle secrezioni: alcuni soldati acquistano il muco infetto della gonorrea e se lo spalmano sui genitali nella speranza di finire in ospedale e rimanere così lontani dalle zone dei combattimenti. Stesso obiettivo alla base del commercio del catarro espettorato dai malati di tubercolosi.
Trincea. In trincea tutti fanno i loro bisogni dove capita, abbassandosi i calzoni davanti ai compagni. Ovunque cadaveri che marciscono, odore insopportabile. Gli inglesi aumentano le razioni di tabacco pressato per aiutare i loro soldati a vincere il tanfo.
Scheletro. «Non ero andato molto avanti quando sentii cedere qualcosa di schianto sotto di me. Era uno scheletro le cui ossa erano state ripulite dall’esercito di topi che si aggiravano nei campi di battaglia» (dalle memorie del fante britannico Alfred Pollard). I topi che popolavano le trincee, spesso enormi, si nutrivano di cadaveri.
Assedio. Assedio di Kut al-Amara (attuale Iraq, 7 dicembre 1915-29 aprile 1916): con le riserve alimentari quasi esaurite, per evitare la dissenteria e altre malattie i soldati britannici cercano di tenersi in piedi con pillole di oppio o cure casalinghe, come un miscuglio di olio di ricino e chlorodyne, analgesico al gusto di menta i cui principi attivi sono oppio, cannabis e cloroformio.
Cocaina. Durante la guerra la cocaina era molto diffusa nella società, nonostante le restrizioni messe in atto in diversi Paesi prima del conflitto. A Parigi si poteva acquistare più o meno liberamente nei caffè, a Londra si trovava facilmente nei night club. In Inghilterra prostitute
e soldati erano considerati due
gruppi particolarmente dipendenti
da questa droga. Un’aggravante,
per le autorità inglesi: la produzione era quasi esclusivamente nelle mani di aziende tedesche.
Facce. «Ho sentito che nascosto nella foresta c’è un ospedale per i soldati che hanno il volto sfregiato. Pare abbiano un aspetto così spaventoso che le persone normali non ne sopporterebbero la vista» (dal diario di Elfriede Kuhr, tedesca, 14 anni). Fenomeno che interessò tutti i Paesi in guerra. Quelli con le facce più orrende rimasero chiusi in questi ospedali fino alla morte. In Francia, dopo la guerra, un’associazione di veterani riuniva 9.900 uomini col volto deturpato.
Prigionieri non italiani. Nel 1916 accordo di Francia e Gran Bretagna con la Germania per l’invio, con treni regolari e controllati, di generi alimentari, vestiario e oggetti di varia utilità ai propri prigionieri di guerra, che da quel momento saranno spesso meglio nutriti e vestiti dei militari tedeschi che li hanno in custodia. Aiuti estesi (a pagamento) a parte dei prigionieri russi e balcanici. «In tutto i 600mila francesi prigionieri di guerra ricevettero 75 milioni di pacchi dalle famiglie e dalle associazioni di soccorso, un milione di quintali di pane, altri rifornimenti e 625mila pacchi di vestiario dal governo».
Prigionieri italiani. Nei primi mesi del conflitto l’assistenza ai prigionieri italiani è delegata alla Croce rossa e alle famiglie (furono spediti 18 milioni di pacchi). Poi diventa difficile gestire questo tipo di aiuti. Vienna propone al governo italiano una soluzione analoga a quella raggiunta da Francia e Germania, con l’invio di treni di rifornimenti. Ma Roma rifiuta. È «la scelta più cinica e feroce di tutta la guerra, la peggiore prova della classe dirigente militare e politica: la decisione di lasciar morire di fame decine di migliaia di prigionieri, nella convinzione che ciò valesse a trattenere i combattenti dalla resa e dalla diserzione». Scelta «del Comando supremo, avallata dal governo e accettata dalla stampa».
Figli unici. In Italia i figli unici erano esentati dal servizio militare. Molti si arruolarono lo stesso.
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Roberto Raja, La Grande Guerra giorno per giorno, Clichy, Firenze, pagg. 330,
€ 12,90