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 2014  settembre 01 Lunedì calendario

LE DIECI MOSSE (POLITICHE) PER SCONFIGGERE I JIHADISTI


A IRAK, RITORNO AL PASSATO
In Irak, tra il 2006 e il 2009, il generale David Petraeus vinse la guerra ad Al Qaida riconquistando la fiducia delle tribù sunnite e affidando alle forze speciali l’eliminazione dei capi terroristi. Sheikh Ali Hatem al-Suleiman, emiro della più larga tribù sunnita si è già rivolto all’amministrazione Obama per offrire la propria collaborazione contro l’Isis, ma non ha finora ricevuto risposta. Washington potrebbe riallacciare i contatti e rilanciare una strategia simile a quella utilizzata da Petraeus.
B ACCORDI CON TEHERAN E UN UOMO FORTE A BAGDAD
Per arrestare la disintegrazione dello Stato iracheno Washington potrebbe favorire, d’intesa con l’Iran, la nascita di un governo di salute nazionale composto da curdi, sunniti e sciiti sotto la presidenza di un uomo forte capace - come l’ex premier Ayad Allawi - di riscuotere la fiducia di tutte le componenti etnico religiose. L’Iran si è già dimostrato disponibile quando ha abbandonato al proprio destino il premier Al Maliki responsabile della politica settaria che ha permesso all’Isis di far proseliti tra la componente sunnita.
C INTESA REGIONALE CON IRAN E SAUDITI
Un accordo sul nucleare potrebbe gettare le basi per un’intesa segreta tra americani, sauditi e iraniani per combattere il Califfato di Abu Bakr Al Bagdadi. La minaccia dello Stato Islamico ha già spinto i sauditi, nemici storici dell’Iran sciita a rivedere i rapporti con Teheran. L’incontro della scorsa settimana tra il ministro degli Esteri di Jedda e un vice ministro iraniano è stato il più importante incontro bilaterale dall’elezione del presidente iraniano Hasan Rouhani.
D RIDIMENSIONARE ERDOGAN
La Turchia di Erdogan, nonostante l’appartenenza alla Nato, ha garantito ospitalità e libero transito ai terroristi dell’Isis diretti in Siria. Tra le file dell’Isis combattono centinaia di jihadisti turchi. Il greggio dei pozzi siriani controllati dall’Isis viene venduto in Turchia. Per «convincere» Erdogan a cambiar politica gli Usa possono sospendere la collaborazione d’intelligence cruciale per la lotta di Ankara ai ribelli curdi del Pkk. E gli stessi miliziani del Pkk, nemici in Siria dell’Isis, potrebbero entrare nella coalizione anti Califfato.
E ISOLARE IL QATAR
Gli appoggi finanziari destinati all’Isis transitano dal Kuwait e dal Qatar. Il Qatar ha dirottato ai capi militari dell’Isis molti degli aiuti destinati ai ribelli siriani. Gli arsenali gheddafiani caduti nelle mani dei gruppi islamisti libici sono arrivati nei santuari turchi dell’Isis con la complicità dell’Emirato. Washington e paesi europei partner commerciali del Qatar potrebbero minacciare la rottura di tutti i rapporti e l’imposizione di sanzioni economiche.
F RIALLACCIARE I RAPPORTI CON DAMASCO
Stati Uniti ed Europa potrebbero riaprire il dialogo con Damasco per trovare una soluzione negoziale al conflitto e isolare l’Isis. A Homs e in altre zone il regime ha già ottenuto la resa dei ribelli moderati garantendo in cambio amnistia e reintegrazione sociale. I ribelli moderati potrebbero venir integrati nelle unità governative impegnate nella lotta all’Isis mentre Stati Uniti e Nato potrebbe limitarsi a fornire copertura aerea e collaborazione d’intelligence.
G CHIUDERE IL GRANDE ARSENALE LIBICO
Dopo i recenti successi delle milizie islamiste, la Libia è la grande retrovia dei terroristi islamici attivi in Egitto. Egitto, Arabia Saudita ed Emirati Arabi sono intervenuti con i propri aerei per bombardare le postazioni jihadiste. Stati Uniti, Nato ed Europa sono rimasti per ora a guardare. Washington potrebbe ora decidere di fornire sostegno diretto alle milizie anti islamiste. E l’Italia grazie a una conoscenza delle dinamiche locali assai apprezzata a Langley e al Pentagono potrebbe esser chiamata a giocare un ruolo centrale.
H ARGINARE L’ASCESA DELL’ISIS IN LIBANO
Tra il milione e 200mila rifugiati siriani presenti in Libano si nascondono migliaia di jihadisti legati ad Al Qaida e all’Isis. Sabato in Siria è stato decapitato un soldato libanese rapito oltreconfine. Il partito filo saudita di Rafik Hariri, nemico giurato di Hezbollah e della Siria, sembra pronto a un drastico cambio di posizioni. Gli Usa e l’Arabia Saudita potrebbero garantire l’intelligence e i mezzi necessari per lo smantellamento delle cellule jihadiste. L’Iran potrebbe dare il via libera alle milizie sciite per una riconciliazione nazionale.
I CONVINCERE ISRAELE A RIPULIRE IL GOLAN
Israele ha, fin qui, assistito senza prendere posizione alla guerra civile combattuta in Siria. Dopo l’offensiva lanciata sul versante siriano del Golan dagli alqaidisti di Jabat Al Nusra e la fuga delle truppe dell’Onu i gruppi jihadisti minacciano direttamente Israele. Le pressioni statunitensi e la situazione sul terreno potrebbero indurre Netanyahu ad accantonare la strategia anti iraniana per favorire un intervento rivolto ad eliminare la presenza alqaidiste nel Golan.
J MEDIARE SULL’UCRAINA E COINVOLGERE PUTIN
La base navale di Tartus in Siria è l’ultimo cruciale avamposto russo nel Mediterraneo. Ma Vladimir Putin è anche un nemico giurato del terrorismo islamista. Non a caso centinaia di ceceni combattono in Siria tra le fila dell’Isis e degli altri gruppi jihadisti. Una ricomposizione della crisi ucraina potrebbe spingere Putin a impegnarsi direttamente al processo di riconciliazione in Siria e facilitare il confronto con l’Isis sul terreno.