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 2014  agosto 31 Domenica calendario

ROMA . Bruxelles è nel destino di Federica Mogherini. Non solo per la sua vita pubblica, che oggi la proietta al vertice dell’Unione europea come Lady Pesc ovvero Alto rappresentante della politica estera

ROMA . Bruxelles è nel destino di Federica Mogherini. Non solo per la sua vita pubblica, che oggi la proietta al vertice dell’Unione europea come Lady Pesc ovvero Alto rappresentante della politica estera. La capitale belga ha anche un posto nel cuore dell’ormai ex ministro degli Esteri. Lì ha conosciuto tanti anni fa il marito Matteo Rebesani. Romano come lei, ma allora collaboratore dell’eurodeputato Biagio De Giovanni. Federica frequentava Bruxelles come dirigente dei Ds esperta di questioni internazionali. E scoppiò l’amore. Oggi hanno due figlie. Lui lavora a Save the Children, responsabile delle relazioni istituzionali e ha un posto nel board del segretariato dei Nobel per la pace. Ma da qualche mese fa il “mammo” a tempo pieno. Nella casa di Roma o sulla spiaggia di Santa Severa, a pochi chilometri dalla Capitale. Mentre la moglie gira il mondo, Matteo tiene le redini della famiglia. Di Rebesani si sa poco pochissimo. Gli amici della coppia, che li conoscono dai tempi della Sinistra giovanile, l’organizzazione che sostituì a sinistra la Fgci, lo paragonano Joachim Sauer, il marito di Angela Merkel. Riservatissimo, rispettoso del lavoro della compagna, «uno che non parlerà mai con i giornalisti». Non a caso è fra i pochi esseri umani a non aver mai attivato un profilo su Facebook o Twitter. La scena tocca solo a lei, la nuova Mrs Pesc. Che si commuove nella stanzetta dei ministri italiani al Palazzo Justus Lipsius al momento del tweet ufficiale che annuncia la nomina. Che ringrazia i leader dell’Unione. Che promette di dedicarsi anima e corpo agli interessi dell’Europa. Che scansa i dubbi ormai superati. «Sono giovane ma ho vent’anni di esperienza in campo internazionale. Comunque sono meno giovane di Renzi e anche di altri premier. Dobbiamo rappresentare una nuova generazione di leader». Alcuni la chiamano generazione Erasmus. Oltre alla resistenza cocciuta di Matteo Renzi, Mogherini ci ha messo parecchio del suo nella scalata ai vertici della Ue. Lo ha fatto scegliendo strade che altri non battevano. E che alla fine si sono rivelate vincenti. Il rapporto con gli Stati uniti, per esempio. Nel periodo in cui è stata responsabile esteri del Pd, ha coltivato i contatti con la nuova generazione dei democratici americani saltando a pie’ pari la generazione Clinton. Proprio mentre Massimo D’Alema (che ambiva alla stessa poltrona di Mr Pesc) continuava a guardare alla famiglia dell’ex presidente, sposando la causa della Clinton Foundation, Mogherini curava i contatti con la squadra del futuro presidente Obama. Accettando quasi tutti gli inviti dei think tank democrats, conoscendo lì le donne e gli uomini del potere alla Casa Bianca. Da Susan Rice, oggi consigliere per la sicurezza, a Victoria Nuland, vicesegretario di Stato. In quelle sedi la nuova Lady Pesc ha sempre mostrato la preparazione che piace agli americani: studiava i dossier, conosceva le materie, mostrava carattere. Qualità molto apprezzate dall’amministrazione Usa e che hanno cementato i suoi rapporti transatlantici. La Mogherini perciò si è stupita quando l’hanno accusata di essere filo-Putin. «Fa parte del gioco ma io non mi riconosco», disse. Anche in Europa Mogherini ha potuto sfruttare le esperienze giovanili di vicepresidente della giovanile del Pse e più tardi di capo delegazione presso l’assemblea parlamentare della Nato. Significa che la nuova Mrs Pesc ha conosciuto, negli anni, tutti i futuri premier e ministri degli Esteri dei Paesi europei a guida socialista. Molti dei quali appartengono proprio all’ex patto di Varsavia. Studia tanto, raccontano i vecchi compagni che l’hanno conosciuta ragazza. È sobria, seria, ha un carattere di ferro come si capisce anche dalla rarità dei sorrisi. È rimasta legata a quel gruppo di amici che era con lei nella segreteria nazionale della Sinistra giovanile. Il loro capo era Vinicio Peluffo, oggi deputato. I suoi colleghi Enzo Amendola, Nico Stumpo, Matteo Mauri sono anch’essi in Parlamento. Portano sempre con loro il ricordo dell’addetto stampa della Sinistra giovanile Walter Schepis, scomparso tragicamente a soli 26 anni. Quella generazione si è conquistata il proprio spazio in un partito, i Ds, lacerato da mille conflitti e impegnato nella battaglia perdente contro Berlusconi. Non avevano tempo né voglia, i big, di coltivare una nuova classe dirigente. Ma quella generazione ha trovato lo stesso la strada. Grazie al Pd e a Veltroni prima, grazie a Renzi adesso. E una di loro, oggi, è al vertice della Unione europea.