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 2014  agosto 23 Sabato calendario

MEZZOGIORNO: «VOGLIO PIACERE SOLO A MIO MARITO. E VI SPIEGO PERCHE’»

Volevamo essere lei: bellissima, figlia di attore famoso, attrice. A vent’anni sognavamo tutte di essere al suo posto: corteggiatori, foto, popolarità. E vestiti - chissà quanti - e scarpe, e gioielli. Sì, pensavamo che una così potesse persino avere un diadema di brillanti! Ma che aveva lei più di noi? Va bene, il talento, e poi? Basta incontrarla, basta conoscere la sua vita, le sue scelte, per capire cosa ha lei più di noi.

Perché ha deciso di prendersi tre anni di pausa dal lavoro?
Ho passato gli ultimi dieci anni a fare un film dietro l’altro. Mia madre è stata a lungo malata. Sentivo di non farcela più a sostenere quel ritmo.

Cosa ha significato per lei questo tempo?
Sono successe molte cose: mia madre è morta, mi sono sposata (nel 2009, con il macchinista Alessio Fugolo, conosciuto sul set di Vincere, ndr), ho avuto due gemelli. È stato necessario dedicarsi a tutto questo. (Dopo tre anni, Giovanna Mezzogiorno torna al cinema con I nostri ragazzi di Ivano De Matteo, presentato a Venezia nella sezione Giornate degli autori, in sala dal 5 settembre).

Perché proprio questo film per tornare?
Perché ne valeva la pena. È un film importante, il film di un regista, Ivano De Matteo, dal talento straordinario.

Ha capito qualcosa di sé grazie al film?
Non uso i film per scopi terapeutici.

Liberamente tratto dal romanzo La Cena di Koch, I nostri ragazzi parla della famiglia borghese e di un evento (drammatico, irreparabile), che rischia di distruggere questa istituzione all’apparenza così solida. Cos’è per lei la famiglia borghese?
Un insieme di regole esplicite e implicite. Una frequentazione di certe scuole e persone. Tuttavia per me viaggiare ha significato cambiare assetto di continuo. Il contrario della stabilità borghese. Non mi sono mai trovata incatenata. Ho passato l’infanzia tra Roma e Parigi, medie e liceo a Milano, poi di nuovo Parigi. Le vacanze fuori dalle località alla moda, ai margini della società dinamica. D’estate mio padre mi trascinava sempre qui (paesino di montagna vicino a Isernia).

La stessa casa dove lei oggi trascorre le vacanze coi suoi figli?
Sì. Una casa che è rimasta praticamente uguale ad allora.

La continuità tra quello che ha perso e quello che ha costruito?
Non c’è bisogno di una casa per mantenere la continuità.

Nel film due coppie di genitori si ritrovano di fronte a una scelta difficile: coprire i figli o denunciarli? Cosa avrebbero fatto i suoi in un caso simile?
Con enorme strazio mi avrebbero denunciata.

E lei, cosa farebbe?
Per indole non coprirei i miei figli. Poi non so, di fronte a un evento simile, ci si trasforma. I personaggi del film cambiano i valori sui quali hanno fondato le loro regole.

Questo film le ha fatto pensare più a lei figlia, o a lei madre?
Per fortuna manca ancora molto all’adolescenza dei miei figli. Dunque sì, ho ripensato a me adolescente, ai miei genitori. Sono stati bravi. C’è stato un momento in cui hanno creduto di non conoscermi più. Chi era quella ragazzina scontrosa e ribelle? Non sapevano cosa fare di fronte a questo essere trasformato.

Quante trasformazioni ha avuto lei nella vita?
Tantissime. Anche fisiche.

Come attrice, che rapporto ha con la sua immagine?
A me interessa piacere a mio marito. L’immagine legata alla bellezza pubblica non ha valore. Possono fare di te quello che vogliono. Un giorno sei divina, il giorno dopo una chiattona. È una costruzione. È come gli altri vogliono che tu sia in quel momento. Io lo so, lo accetto, ma se posso mi sottraggo. Per esempio non è mai uscita una foto durante la gravidanza. Non amo essere paparazzata. Il fatto di non abitare più stabilmente a Roma aiuta a mantenere la privacy. Poi per carità: se mi fotografano, non ne faccio una tragedia. Penso solo che sia inutile. Penso che la mia immagine, la mia faccia, si perda in un flusso ininterrotto di altri milioni di facce.

E la sua che faccia è?
In questo film si vede il mio cambiamento fisico. Sono più stanca, più matura. Si vedono le fatiche. E anche i dolori. Ma è un punto di forza.

Vorrebbe tornare indietro?
No. Non vorrei tornare a vent’anni quando la sera tornavo nella casa dove vivevo da sola, e aprivo il barattolo di lenticchie. E nemmeno a trenta. Ho tanto faticato per arrivare a quaranta. Ho trentanove anni, ma per me sono quaranta da un bel po’.

A parte la casa delle vacanze, cosa è rimasto della sua infanzia?
Il tappeto della mia cameretta di Casal Palocco. Lo volevo rimettere in camera dei miei figli. Sono andata in tintoria, ma la signora mi ha detto: “Se questo lo lavo, mi rimangono i fili in mano”.

Foto?
Mia madre aveva la casa tappezzata di foto. Io no. Cerco di non circondarmi di volti che mi guardano, non voglio occhi addosso.

Non ha foto dei suoi genitori?
Tantissime. Ma negli scatoloni, nei cassetti. In casa ce n’è solo una, in cucina.

Cosa ricorda di loro?
La risata. I miei litigavano molto, ma poi avevano momenti di condivisione tutta loro da cui io ero esclusa. E ridevano. Li sentivo ridere tantissimo.

Vorrebbe tornare a quei momenti?
Come ho detto non vorrei tornare indietro. Se potessi, vorrei riavere i miei genitori. Ma oggi, con tutto quello che c’è adesso di nuovo.