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 2014  agosto 23 Sabato calendario

IL BALLO DELLA PAVONE

[Intervista a Rita Pavone] –
Oggi Rita Pavone compie 69 anni ma c’è ancora qualcuno che tira fuori la storia di Gian Burrasca e del suo Giornalino, come se nulla fosse cambiato da quell’archeologico 1964. Con la pignoleria dei piemontesi, lei precisa: «Adoro quel personaggio. Interpretando negli anni ’60 quello studentello vivace sono entrata nelle case di tutte le famiglie italiane. Però vorrei aggiungere che quello sceneggiato non era soltanto Viva la pappa col Pomodoro; la regia di quello sceneggiato era di Lina Wermuller, una delle più grandi donne del cinema italiano, e che dietro quella canzonetta c’era un lavoro incredibile e musiche straordinarie di Nino Rota e Luis Bachalov, due che hanno vinto un Premio Oscar. E poi, perdonatemi, ma i 69 anni li compio io, mica Gian Burrasca». Rita Pavone non ha perso un grammo della sua simpatica grinta. La stessa che, pochi mesi fa, ha messo in tutte le tracce di Masters, il disco del grande come-back discografico dopo anni di oblio. E che ha riproposto nel recente tour teatrale: a Toronto ha realizzato un clamoroso sold-out con 5000 biglietti spazzati in poche ore («Oltreoceano sono piuttosto conosciuta, sa?»). Reduce da una vacanza a Maiorca («La mia isola…»), la Pavone sembra davvero avere un grande futuro dietro le spalle. Sei anni di ritiro assoluto dalle scene, poi un ritorno clamoroso e ricco di grandi soddisfazioni. Lei non ha fatto come Mina… «Situazioni differenti: Mina ha staccato la spina dal vivo nel 1978 ma ha continuato a incidere, ogni anno, dischi. Io, nel 2006, avevo veramente mollato tutto». Poi? «Poi un bel giorno, era il 2010, mi ha telefonato Renato Zero: a’ Rita, vieni alla festa di compleanno dei miei 60 anni? E io: a casa tua, a Roma? Ma no, Rita, che hai capito? Al concertone che sto organizzando…». Come si fa a dire di no a Renatino? «E difatti accettai, non avrei potuto fare altrimenti. Lui, a metà anni ’60, era un un ballerino nel cast del mio Geghegè a fianco di Loredana Bertè e della povera Stefania Rotolo, una show-girl stroncata giovane dal cancro». Quella sera di quattro anni fa riscattò la molla… «Sì. Pensai che tutto sommato la discografia aveva con me un credito, mi doveva restituire qualcosa. Per anni avevo inciso canzoni che rappresentavano il personaggio Pavone, alcune molto belle, altre diventate dei cliché. Sono stata imprigionata in un ruolo e mi è stato impedito di crescere dal punto di vista artistico. Io supplicavo: fatemi incidere canzoni raffinate ma i discografici me le bocciavano tutte, così mi è venuto voglia di ricantare i classici americani che ho sempre amato, da Sinatra a Bacharach. E l’ho fatto per il mio vero rientro in scena, lo scorso anno». Perché aveva detto stop? «Cantavo da quando avevo 15 anni, ne avevo 60 e per una timidona come me era abbastanza». Timidona? «Eh sì. Davanti a 5000 persone sfondo i muri ma se devo esibirmi al cospetto di due o tre persone in un salotto, me la faccio sotto». Sul serio? «Guardi che il nostro mestiere, a volte, è un’arma ideale con la quale vincere paure come è, appunto, la timidezza estrema». Però se riguardiamo a TecheTecheTè i filmati storici della Rai, lei non sembra certo timorosa… «Nel 1962 arrivai a Roma per partecipare alla trasmissione Alta Pressione, il primo format della Rai dedicato ai giovani. Era la mia occasione, dovevo mettercela tutta. Mi sarebbe bastato diventare una corista in Rai, e invece...». Successe il successo… «Presi una stanza in una pensioncina vicino a Piazzale Clodio, a Roma. La mattina aprii la porta della mia stanza e vidi un 17enne dinoccolato con accento emiliano. Era Gianni Morandi. Io e lui eravamo i due adolescenti debuttanti di quel programma. Ci affibbiarono subito due nomignoli: Il Ragazzo di Monghidoro e Pel di Carota». Morandi prese una cottarella per quella ragazzina torinese. «Sì, ma gli passò subito e diventammo grandi amici. Gianni è come un fratello. Una brava persona, fatto raro nel nostro mondo». Anche perché lei, mentre vendeva milioni di 45 giri con hit come La partita di pallone, Alla mia età, Come te non c’è nessuno e Il ballo del mattone, si stava innamorando di Teddy Reno, che sarebbe diventato suo marito. «E lo è da 46 anni. Anzi, stiamo entrando nel 47esimo. Un rapporto solido. Ci si sposa una sola volta nella vita. Così ho fatto». Negli anni ’60 fidanzarsi con un uomo già sposato era come commettere un delitto: il vostro outing fu una canzone? «Sì. Incisi Questo nostro amore per far capire a tutta Italia il nostro vero sentimento. La gente prese atto del fatto che ci amavamo. Il tempo ha confermato che non era una liason da riviste patinate». Ebbe problemi con la prima moglie di Teddy? «Affatto. Siamo diventate amiche nel tempo e ridiamo ancora di quell’Italia ipocrita e ingessata». Quanti milioni di dischi ha venduto, dal 1962 a oggi? «Abbiamo fatto, di recente, un calcolo: oltre 50 milioni». Una cifra pazzesca. Altri tempi, però… «Oggi si vende meno ma anche per tanti altri motivi: se ascoltate le giovani cantanti sono tutte uguali. Non hanno personalità nella voce, non si riconoscono le une dalle altre. Un tempo se si accendeva la radio e trasmettevano una canzone di Mina, la riconoscevi subito". Chi è Mina? «Una quercia solida e maestosa». Ornella Vanoni? «Una dama francese. Un’altra che quando attacca una canzone, dici: è Ornella». Patty Pravo? «La David Bowie della canzone. Anche quando posava nuda non era mai volgare». Loredana Bertè? «Una simpatica collettona del mio Geghegè». Alla sua età non è un po’ stufa di proporre La partita di pallone oppure Il ballo del Mattone? «Ah, ma la gente chiede ancora i miei evergreen. A proposito, il mattone della mia canzone è lo stesso che Miley Cyrus lecca nel suo video? Mi ha copiato!». Negli anni Sessanta conquistò gli Stati Uniti con il geghegè… «Pubblicai tre dischi che ebbero un certo successo nella hit di Billboard. A tal punto da essere invitata, e più di una volta, al programma musicale più importante del mondo, l’Ed Sullivan Show. Quello show teneva incollati 30 milioni di americani, vi rendete conto? Una sera in cartellone c’erano Duke Ellington, Ella Fitzgerald e Rita Pavone». Vero che Elvis Presley le fece un regalo? «Sì, un suo ritratto con dedica». Negli anni ’70 visse una crisi artistica profonda: la partita di pallone era arrivata al 90esimo? «Ho subito lo tsunami dei cantautori e delle loro canzoni impegnate. Io ero figlia di operai ma non mi sono mai sognata di cantare la vita proletaria per vendere dischi. La musica è divertimento. Una crisi analoga l’ha vissuta Morandi. Poi quei due ragazzini della pensione di piazzale Clodio sono riemersi». Quali sono le sue migliori amiche nel mondo dello spettacolo? «Non ne ho nell’ambiente. Anche perché con le colleghe si finisce sempre a parlare di canzoni, di dischi e di concerti. Io sono una tipa solitaria, non faccio branco. Tra le migliori amiche ho Rosetta, la mia segretaria: era una fan, l’ho assunta ed è diventata una di famiglia». Oggi Gian Burrasca/Rita Pavone festeggia il compleanno. Poi? «Da lunedì devo preparami per un’esibizione a Milo, in Sicilia, nell’ambito di una serata dedicata a Fabrizio De Andrè. Canterò con Franco Battiato e voglio provare a lungo. L’arte è studio ed esercitazione. Gli anni Sessanta, in fondo, mi hanno lasciato questo insegnamento».
Leonardo Iannacci, Libero 23/8/2014