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 2014  agosto 23 Sabato calendario

I GIOVANI TERRORISTI SOVIETICI, CON IL LORO ESEMPIO, HANNO INFETTATO DI NICHILISMO LA FILOSOFIA OCCIDENTALE PROIETTANDOCI NELLA CRIMINALITÀ

Quando in Russia nasce il terrorismo non è facile capire che la creatura, nata nella galera zarista come la sola possibile struttura politica in regime autocratico, non solo è destinata a durare ben oltre la congiuntura che l’ha generata ma che all’interno del movimento terroristico sta sorgendo un nuovo tipo umano: il rivoluzionario di professione, l’assassino machiavellico attento ai mezzi e più elastico con le cause, il fanatico delle apocalissi.
Se ne accorge, è vero, Dostoevskij nei Demoni, ma persino lui è sotto incantesimo. In un’occasione segnalata da Jurij Trifonov in un grande libro, L’impazienza, Mursia 1978, a Dostoevskij capita di sorprendere per strada un dialogo tra alcuni terroristi che (ad alta voce, in pieno giorno) preparano un attentato, però succede un fatto strano: lo scrittore non chiama al soccorso i gendarmi. S’allontana zitto zitto e pensieroso, a sua volta stregato da questa «storia di fate» (come la chiamerà Marx): l’autocrazia da una parte, il partito armato dall’altra. Anche Dostoevskij, tra parentesi, è stato socialista e cospiratore in gioventù.
Qualcosa sta nascendo e questa cosa che sta nascendo è il nichilismo. È una parola che farà strada in fretta. Nasce proprio lì e in quel momento, grazie ai quaderni di Nietzsche, per esempio, che golosamente annota ogni battuta di dialogo degli antieroi di Dostoevskij e poi li riciccia, nei suoi libri, come lampi di luce che illuminano il mondo. Sono proprio questi giovani terroristi russi, con il loro esempio, a infettare di nichilismo la filosofia occidentale e a proiettarci tutti in una modernità al di là del bene e del male, nell’era del comunismo catastrofico e della tecnica, in un mondo che presto avrà per bandiera il criminale surrealista Fantomas, poi i gangster hollywoodiani, le Ss e i blouson noir, oggi al Qaeda e l’Isis, i serial killer, i Demonietti 5 Stelle e domani chissà.
Tutto comincia da gente piccina, che non conta nulla, come per esempio i «trogloditi». Così «fu battezzato un piccolo gruppo di giovani rivoluzionari della capitale che si distingueva per il fatto che nessun estraneo sapeva dove abitassero e sotto quale nome vivessero. Perciò si disse che avevano trovato rifugio in segrete caverne», scrive Franco Venturi in un altro libro prezioso, Il populismo russo, Einaudi, Torino 1972, 3 voll.
Poi viene la valanga. Vera Zasulich, giovane studentessa di San Pietroburgo, uccide nel 1878 il generale Trepov, governatore della città. Viene processata e assolta da una giuria popolare a dimostrazione che tutta la società civile è dalla parte del terrore. Ritroveremo la Zasulich vent’anni dopo a Ginevra insieme a Lenin nella redazione dell’Iskra. Tempo pochi mesi e nasce la Narodnaja Volia, o volontà del popolo, che raccoglie l’eredità della Zasulich, dei trogloditi, di Dostoevskij giovane cospiratore e fonda un’organizzazione di combattimento che ha un unico obiettivo dichiarato: uccidere lo zar, decollare la bestia autocratica.
Ci riuscirà nel 1881. Un fratello di Lenin, membro dell’organizzazione, è impiccato dopo l’attentato. Ogni partito rivoluzionario russo, d’ora in avanti, avrà una sua organizzazione di combattimento, modellata sul-l’esempio della Narodnaja Volja, da opporre all’analoga organizzazione zarista, l’Okrana, la polizia politica, che infiltrerà i gruppi rivoluzionari e ne sarà infiltrata, che imiterà i sistemi dei rivoluzionari e ne sarà imitata, in una vertigine di doppi e tripli giochi.
Mentre ci si scontra tra slavofili e occidentalisti, tra chi intende sviluppare le forme tradizionali della società russa e chi vuole spazzarle via per sostituirle con istituzioni ricalcate sui modelli occidentali, il sottosuolo terroristico guarda altrove, dove nessuno ha mai guardato prima. Sono altre e più radicali le sue riflessioni. Immagina che la clandestinità possa essere una forma e forse la forma della politica. In Russia si può incidere sulle istituzioni e dare voce alle legittime aspirazioni del popolo soltanto ricorrendo alla violenza? Facciamo di necessità virtù, pensa con fatale astuzia il sottosuolo. Che il terrore diventi un nuovo modello di civiltà e così sia.
Diego Gabutti, ItaliaOggi 23/8/2014