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 2014  agosto 23 Sabato calendario

SEMPLICISMI ED ENORMITÀ LE CALDE GIORNATE DELL’ITALIA “DIBATTISTIZZATA”

La decapitazione di James Foley ha radici che affondano in Guantanamo e Abu Ghraib le cui radici a loro volta affondano nell’attentato alle Torri Gemelle le cui radici affondano a loro volta nell’imperialismo americano e qui si interrompe - ma soltanto per ragioni di spazio - la suggestiva dissertazione storica del deputato grillino Alessandro Di Battista. Ma potrebbe proseguire, lo dice lui stesso nella nota consegnata a Facebook. Potrebbe andare indietro fino a Mosè passando per Benjamin Franklin, Pipino il Breve, Maometto e Cecilia Metella. E proseguirebbe secondo un criterio di studio piuttosto sbrigativo ma efficace, e anche affascinante, e che con un piccolo passaggio ulteriore conduce nella metastoria, una specialità a Cinque Stelle secondo cui l’11 settembre fu opera dei petrolieri, Neil Armstrong non sbarcò mai sulla Luna e John Kennedy venne ucciso dall’Uomo Ragno.
Ai piccoli storici sono sempre venute facili le grandi dottrine, spesso discusse nelle migliori barberie, ma la novità - adeguata ai tempi dell’inadeguatezza al potere - è che ora siedono in Parlamento e partecipano alla discussione sui destini del mondo. Di Battista - che in altri tempi tentò l’ingresso ad Amici di Maria De Filippi e cercò di sfondare la porta di una commissione col busto di Giovanni Giolitti - aveva già contribuito al dibattito sostenendo che coi terroristi bisogna dialogare perché «se a bombardare il mio villaggio è un aereo telecomandato a distanza io ho una sola strada per difendermi a parte le tecniche non violente che sono le migliori: caricarmi di esplosivo e farmi saltare in aria in una metropolitana».
Di Battista usa un criterio che vien buono per tutto: si diventò nazisti causa trattato di Versailles e stalinisti causa zar. C’è sempre un motivo. Ma, soprattutto, a Di Battista è oggi arrivata una risposta dall’ambasciatore iracheno a Roma, Saywan Barzani. Una risposta di un’ovvietà imbarazzante: «Se l’onorevole ha la possibilità di entrare in contatto con i terroristi e vuole intavolare con loro una discussione, sappia che il suo visto di ingresso in Iraq è pronto». Dopo di che l’ambasciatore ha espresso tutti i suoi dubbi sulle possibilità di indurre all’ecumenismo chi crocifigge i cristiani, seppellisce vivi i bambini e sgozza chi capita.
Ci voleva, perché la discussione era stata fin lì piuttosto surreale, con gli avversari di Di Battista capaci di eguagliare Di Battista medesimo, per esempio accusandolo di intelligenza (parola anche impegnativa) col nemico. Un falso grossolano: basta leggere il testo di Di Battista nel quale egli scrive e riscrive di non giustificare nessuno e di ritenere la non violenza l’unica soluzione. Ma tanto ormai va così: ogni balordaggine ha diritto di cittadinanza e infatti la disputa si è mantenuta anche ieri alle altezze conosciute: il senatore forzista Riccardo Mazzoni ha chiesto a Di Battista di dimettersi e arruolarsi nell’Isis, brillante teoria bipartisan avanzata anche dal democratico Salvatore Tomaselli con toni più confidenziali: «Il grillino imbecille perché non si arruola e rinuncia al comodo scranno?».
Il resto della discussione si è svolto su concetti suggeriti dalla berlusconiana Lara Comi («l’atteggiamento di Di Battista nei confronti della situazione irachena è disgustoso e antidemocratico»), dal piddino Dario Ginefra («disgustosi esercizi di antidemocrazia»), dall’alfaniano Fabrizio Cicchitto (che si è sentito di spendere un parallelo con Palmiro Togliatti), e soprattutto da Licia Ronzulli, sacerdotessa del berlusconismo la cui analisi ha spazzato via tutto il resto: «Di Battista è un fanatico esaltato con la sindrome del pene piccolo».
Altro che Di Battista, è il panorama che si è dibattistizzato (si segnala Paolo Becchi, ideologo dei Cinque Stelle, con questo capolavoro di logica e congiuntivo: «Armi ai curdi, poi però non lamentiamoci se alle due italiane venga tagliata la gola»), e l’unico a rendersene conto sembra essere Andrea Mazziotti, capogruppo di Scelta civica alla Camera, e titolare della più approfondita riflessione di giornata: «Faccio appello a tutti: smettiamola di rispondere scandalizzati alle stupidaggini storico-geopolitiche di Di Battista come se fossero cose serie».
Mattia Feltri, La Stampa 23/8/2014