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 2014  agosto 23 Sabato calendario

L’ULTIMA RIVOLUZIONE DEI ROBOT SARANNO TUTTI EROS, CASA E UFFICIO

Chi, a metà luglio, non si fosse ancora stufato di calcio e del mondiale vinto dalla Germania poteva sempre riempirsi gli occhi con un altro evento in corso, nuovamente in Brasile: la World Robocup. Robot contro robot, due porte e un pallone. Ha vinto il team australiano, battendo in finale (per una volta) gli automi tedeschi. Ma la partita più istruttiva è un’altra, quella che, come tradizione, oppone robot e umani. O, meglio, il gol (la partita l’hanno vinta, come sempre gli umani) segnato in contropiede dai robot, in questo caso olandesi. Così la racconta la stampa presente: «Tutt’altro che fortuna cieca. Il difensore della Tech United Eindhoven fa un passaggio, l’attaccante guarda a rete, vede la linea di tiro ostruita da un difensore, allarga la palla all’ala accorsa a sostegno, che insacca con facilità nell’angolino». Come spettacolo, la Robocup è una noia mortale, ma, come passerella tecnologica, la scena è avvincente. I robot sono lenti, goffi, ma autonomi, indipendenti, in grado di decidere da soli se restare in difesa o andare all’attacco. È uno squarcio sul futuro prossimo, ma, dal punto di vista della robotica, non è l’unico. Ce n’è un altro, probabilmente più vicino. E se, a muovere il primo c’è il pallone, ad indirizzare il secondo c’è un’altra passione inestinguibile: il sesso.
Scordatevi, però, Rachael, la diafana, languida, burrosa androide di cui si innamora perdutamente Harrison Ford in “Blade Runner”. Siamo ancora molto lontani. Per ora, ad un centinaio di dollari on-line, c’è Autoblow2. Realizzato grazie ad una forma modernissima ed elegante di finanziamento via web, come il crowdfunding, Autoblow2 è, al contrario, un po’ rudimentale: un cilindro, variamente accessoriato, in cui un uomo infila la parte anatomica appropriata, ottenendone, con gran rumore di ferraglia, l’equivalente meccanico del sesso orale. Roba ancora da seconda rivoluzione industriale. Per approdare alla terza, bisogna spostarsi nell’universo femminile: blue-Motion, con una forma che assomiglia molto vagamente ad un plantare anatomico, è un vibratore esterno. Si infila discretamente negli slip. La sua particolarità è che viene attivato, via Bluetooth o wi-fi, da una apposita app su uno smartphone, lontano anche centinaia di chilometri. Così, il partner, anche da un altra città, può regalare alla portatrice del blueMotion, magari a sorpresa, ondate di sensazioni, a intensità regolabile (dallo smartphone). E non è solo questione di intensità delle vibrazioni: variando il touch, lo slide e anche l’inclinazione del telefonino si possono variare anche ritmo e qualità delle vibrazioni.
Questo, per chi pensava che l’Internet of things, l’Internet delle cose (aggeggi e apparecchi vari che si possono gestire, in remoto, via web) fosse una cosa che riguarda frigoriferi e lavatrici. Al contrario, blueMotion illustra bene anche qualcosa di più: diversamente dai robot-Messi, nel vibratore, software e potenza informatica sono ridotte al minimo. Il cervello è nella app del telefonino. Questo consente di ridurre al minimo la complessità dell’apparecchio (si tratti di un vibratore, di un drone o di un robot), tagliandone drasticamente i costi e la necessità di aggiornamento: l’upgrade di una app costa assai meno della sostituzione di un modello di apparecchio.
La via di una direzione esterna, remota e quella di un comportamento autonomo rispondono a problemi diversi e sono, probabilmente, destinate a coesistere a lungo. Ciò che conta, ora, è che la nuova frontiera dell’automazione coincide con il suo ingresso in territori nuovi: la casa e l’ufficio, piuttosto che la fabbrica. Chi pensa che il futuro dell’automazione sia nell’industria, infatti, sbaglia: quello è il passato.
Oggi, si parla molto di robot e automazione perché, dove la crisi è finita, come negli Stati Uniti, si è visto che i nuovi posti di lavoro nell’industria sono meno del previsto, perché molti sono occupati dai robot. Ma l’automazione è nelle fabbriche da almeno vent’anni. Il classico robot industriale, fermo alla catena di montaggio, spesso capace solo di una funzione è, anche se noi ce ne accorgiamo solo adesso, paradossalmente quasi obsoleto. O, meglio, non è più il traino di un progresso tecnologico. A livello mondiale, la robotica industriale è un settore importante, un mercato da oltre 10 miliardi di dollari. In termini economici, tuttavia, è un settore maturo. Nel 2013 sono stati consegnati circa 180 mila robot. Nel 2019, dicono le previsioni, saranno 228 mila. In termini di fatturato, invece, il settore nei prossimi cinque anni crescerà, complessivamente, poco più del 10 per cento, meno dei robot consegnati. In altre parole, il prezzo medio di un robot industriale è in discesa: 60 mila dollari nel 2013, che diventeranno 50 mila nel 2019. Eppure, allargando il quadro la Federazione internazionale di robotica, che rappresenta gli industriali prevede un allargamento del mercato a 17 miliardi di dollari nel giro di un paio d’anni. Qual è la novità? Le aziende prevedono un boom non dei robot di fabbrica, ma dei servizi: magazzini, logistica, sicurezza. Attenzione, però, i compiti e i percorsi di un robot magazziniere sono facilmente standardizzabili, solo leggermente più complessi di quelli di un robot di fabbrica. La fetta di mercato dove il progresso tecnologico dell’automazione è più sostenuto è più piccola, ma il tasso di sviluppo molto più veloce. Un rapporto di Business Insider valuta a 673 milioni di dollari il mercato per i robot da casa e da ufficio, che però si triplicherà a 1,5 miliardi di dollari entro il 2019.
È qui, fra casa e ufficio, lontano dalla fabbrica, che la capacità di un robot di riconoscere l’ambiente circostante e di adeguarvisi diventa cruciale. E, se il robot che scenda in giardino a giocare a pallone con il piccolo di casa ancora non c’è, c’è però quello che elimina dai compiti casalinghi la polvere. Anzi, ce ne sono 10 milioni. Tanti sono i Roomba, una sorta di disco, in grado di muoversi fra divani e poltrone per pulire i pavimenti, che la casa produttrice, iRobot ha distribuito nel mondo dal 2002.
Adesso, nel settore sono entrati in forze giganti come Samsung, Electrolux, Lg, Hoover. Secondo Business Insider è già una realtà diffusa. Il 13 per cento degli aspirapolvere, negli Usa, il 18 per cento in Europa sono robot. I prossimi passi sono già in catalogo. A guardare quello di iRobot, ecco Scooba per lavare il pavimento, dopo che Roomba ha tolto la polvere, e poi Braava per passare il panno, con tanto di gps che mappa la stanza per evitare di passare due volte nello stesso punto. Neanche per le colf il futuro è sgombro da nubi.
Maurizio Ricci, la Repubblica 23/8/2014