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 2014  agosto 23 Sabato calendario

PAROLA CHIAVE: TREDICENNE NEL COMPUTER DI BOSSETTI LE RICERCHE SUI SITI PEDOFILI

BERGAMO.
Computer acceso in casa di Massimo Giuseppe Bossetti. Sul motore di ricerca viene digitata la parola “tredicenni”, seguita da caratteristiche e dettagli porno. Computer di nuovo acceso in casa Bossetti, di nuovo si scaricano immagini dal contenuto pedopornografico.
Stanno iniziando a parlare i supporti informatici che, per ordine della procura bergamasca, vennero sequestrati a giugno nella casa gialla del muratore, il quale da due mesi e cinque giorni si trova in carcere, cella d’isolamento. L’ultimo accesso pedoporno in casa Bossetti risale appena allo scorso maggio, un mese prima del clamoroso fermo del capofamiglia, scattato quando il laboratorio di genetica forense di Pavia accertò che il Dna di Massimo, 44 anni, padre di tre figli, coincide alla perfezione con quello di “Ignoto uno”, e cioè con il presunto assassino della tredicenne Yara Gambirasio.
Ricapitoliamo il punto di vista dell’accusa. Il Dna di Bossetti, misto con il Dna di Yara, è molto probabilmente sangue. Questa mistura, analizzata dal Ris e da quattro laboratori, è stata trovata in «buona quantità» non su una manica del giubbotto, ma sugli slip (parte interna) e sui leggins di Yara. Una sentenza della Cassazione, del 2004, che riguardava uno straccio con tracce di sangue misto, parla esplicitamente «della natura di prova delle riquentava sultanze genetiche sul Dna, allo stesso modo in cui in tempi ormai non più recenti, venne riconosciuto il valore probatorio delle “impronte digitali”».
Il Dna, dunque, è ritenuto prova. Non solo: quel Dna corrisponde a uno che di mestiere fa il muratore e, come si ricorderà, nei polmoni della tredicenne, e sui suoi resti, c’era polvere di cantiere. Non solo: Bossetti fre- le vie di Brembate di Sopra dove Yara andava a prendere il bus e andava dal dentista. Non solo: il furgone Iveco di Bossetti è inquadrato dal benzinaio davanti alla palestra frequentata da Yara. Non solo: dai computer – la perizia non è finita, trapela che gli accessi siano per ora cinque e non tutti databili – emerge un interesse sessuale per le tredicenni. Ed è, come si comprende, una svolta clamorosa, nell’inchiesta che il sostituto procuratore Letizia Ruggeri conduce da tre anni e mezzo, senza mai mollare, con carabinieri e polizia.
Perché, a meno di non ipotizzare l’uso del computer da parte di moglie, suocera o figli piccoli, è l’uomo accusato dell’omicidio di Yara a cercare, attraverso Internet, scene di sesso con protagoniste giovanissime. È lui, che sinora ha offerto di sé un’immagine casa e famiglia, tanto da negare persino di farsi le lampade abbronzanti, a inoltrarsi nelle morbosità dei siti.
Marita Comi, moglie di Bossetti, su consiglio dei legali s’era avvalsa della facoltà di non rispondere proprio sul delicato tema dei computer. E, affidando la difesa del marito a un settimanale, scriveva: «So che non è lui, io gli credo. La banalità felice della nostra esistenza è il nostro alibi, la mia sicurezza». Proprio mentre il rotocalco andava in stampa, gli inquirenti consultavano i tabulati sul traffico telefonico della famiglia, trovando numerosi contatti tra la moglie di Massimo Bossetti e due uomini. In periodi diversi. Uno prima l’omicidio di Yara (26 novembre 2010), uno più recente. «Nessuna relazione fuori del matrimonio», s’indigna lei. Ma i due, convocati in caserma, hanno messo la firma sotto un verbale d’interrogatorio in antitesi con la “banalità felice” dei coniugi.
La difesa di Bossetti, con Silvia Gazzetti e Claudio Salvagni, ha annunciato ricorsi e richieste di libertà, ma non li ha presentati. Ha nominato come consulenti due note genetiste torinesi. Attende la fine degli esami tecnici su auto e attrezzi di Bossetti in corso nei laboratori del Reparto investigazioni scientifiche di Parma. Sostiene che «Bossetti ribadisce con forza la sua innocenza». E come sarebbe finita quella sequenza di macchie di Bossetti su Yara? Frequenti perdite di sangue dal naso e attrezzi rubati, su questo insiste Bossetti: sembra insomma puntare sul sofisticato complotto ordito da un carpentieremostro. Gli investigatori, dopo i controlli, scuotono la testa.
Paolo Berizzi e Piero Colaprico, la Repubblica 23/8/2014