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 2014  agosto 23 Sabato calendario

Occidentali e jihadisti - Martedì l’Isis diffonde un video intitolato “Messaggio all’America”: sullo sfondo un deserto luminoso, in primo piano il giornalista James Foley, con una tuta arancione, in ginocchio; gli sta accanto in piedi un uomo dal volto coperto, tutto vestito di nero

Occidentali e jihadisti - Martedì l’Isis diffonde un video intitolato “Messaggio all’America”: sullo sfondo un deserto luminoso, in primo piano il giornalista James Foley, con una tuta arancione, in ginocchio; gli sta accanto in piedi un uomo dal volto coperto, tutto vestito di nero. Ha nella mano sinistra un coltello: ci sgozza l’americano. Annuncia: «Ogni tuo tentativo, Obama, di negare ai musulmani il loro diritto di vivere sicuri sotto il Califfato, avrà come conseguenza lo spargimento del sangue della tua gente». Mostra la prossima vittima se i raid americani non cesseranno: Steven Joel Sotloff, 31 anni, collaboratore di Time, rapito in Siria un anno fa. Fine. Video di quattro minuti e mezzo, di ottima fattura, diffuso sul social network Diaspora, fondato da quattro studenti della New York University. Studiando l’accento dell’uomo in nero il linguista Paul Kerswill dice che è il tipico «multicultural London English», l’inglese della Londra multiculturale. [1] Secondo quanto riferito da un ex ostaggio, detenuto alla base di Raqqa per un anno, l’estremista che si fa chiamare “John” opera con altri due terroristi di origine britannica. Nel campo erano conosciuti come “i Beatles”. L’ex ostaggio ha raccontato che il “John” è intelligente, istruito ed è stato indottrinato in una scuola di islamisti radicali. [1] Alcuni di quelli che, secondo i servizi segreti inglesi, potrebbero essere “John” o conoscerlo bene: Abdel Majed Abdel Bary, ex rapper di 23 anni della zona occidentale di Londra. L’anno scorso era andato in Siria e poco dopo aveva pubblicato via Twitter una foto mentre teneva in mano una testa decapitata (il messaggio: “Vado a zonzo col mio amico, o con quel che di lui rimane”); Aine Davis, ex spacciatore di Hammersmith, parte occidentale di Londra, che aveva abbandonato la vita delle gang e si era convertito all’Islam, prima di andare in Siria; Shajul Islam, medico londinese di 28 anni che fino al 2012 lavorava al St. Bart Hospital. Incriminato per il rapimento del giornalista britannico John Cantlie, insieme al suo complice Jubayer Chowdhury, era riuscito ad evitare la condanna: aveva ammesso di essere andato in Siria, ma solo per curare le vittime. Suo fratello minore Razul, 21 anni, è in Siria e “John” potrebbe essere lui. [2] L’Isis dispone di un esercito di «foreign fighters», i combattenti stranieri. Nei rapporti delle intelligence occidentali, le stime parlano di «oltre quattromila uomini». Gli italiani non raggiungerebbero i cinquanta. [3] Ritratto del jihadista della porta accanto: maschio (ma le femmine sono il 16%), fra 16 e 28 anni d’età, musulmano (ma si arruolano anche cattolici), spesso convertito, mosso da un ardente idealismo o da un profondo malessere esistenziale. [4] I terroristi reclutano in Francia più che altrove: almeno 700, indottrinati su Internet dai predicatori dell’Islam jihadista. «Giovani poco integrati, molti della seconda o terza generazione di immigrati, finiscono accalappiati dai sulfurei messaggi di emiri intenti a diffondere la “buona novella” del combattimento e della “morte santa”. Sono almeno 400 in Gran Bretagna e in Turchia, più di 250 in Germania e Belgio, oltre un centinaio in Olanda e Danimarca, quasi la stessa cifra in America, e tutti quanti, sommati ai combattenti stranieri affluiti nel Vicino Oriente dai quattro capi del mondo (da 83 Paesi in totale) costituiscono qualcosa come un terzo dell’esercito jihadista addestrato alla violenza estrema». [4] E tuttavia questi numeri sono parziali. Ad esempio: in aprile di quest’anno Gilles de Kerchove, coordinatore dell’antiterrorismo Ue, ha stimato che almeno 2.000 combattenti si siano recati in Siria dai 28 Stati Ue: una cifra quadrupla rispetto ai 500 dell’anno precedente. E ancora: i servizi americani calcolano ben oltre 7.000 jihadisti in partenza, cifra che fa impallidire gli 800-1.000 di appena un anno fa. [4] Nel panorama del mondo musulmano italiano, che nel nostro Paese conta circa 1,5 milioni di fedeli, i convertiti sono almeno 50mila. Tra questi il 10% sceglie la via del fondamentalismo, che in alcuni casi li porta a combattere nei teatri di guerra Mediorientali. [5] «Secondo fonti intelligence buona parte degli italiani che scelgono la via della conversione hanno una provenienza ideologica estremista, sia di destra che di sinistra, e tendono a sostituire i vecchi dogmi delle rispettive matrici con il credo dell’Islam fondamentalista, quasi sempre sunnita». [5] I servizi sanno molto di questi occidentali che si arruolano, anche perché non si nascondono. Per esempio Junaid Hussain, 19 anni, uno dei soldati di “John”, hacker che ha violato la privacy di Tony Blair e della sua fondazione, identificato e seguito, è riuscito lo stesso a partire: ora si firma Abu Abdullah al Britain. Oppure Reyaad Khan che a 20 anni ha mollato Cardiff per imbracciare il kalashnikov, imitato dai fratelli Aseel e Nasser Muthana, 17 e 20 anni, studenti. Hamidur Rahman, 25 anni, di Portsmouth, supervisore di una catena di negozi di vestiti, arruolatosi nelle fila dell’Isis e ucciso in combattimento pochi mesi fa. Le sedicenti «spose della guerra santa», le gemelle sedicenni di Manchester, Salma e Zahra Halane, eccetera. [6] Sono stati sottovalutati i segnali di queso pericolo? «Nel marzo scorso è esploso a Birmingham lo scandalo del “Cavallo di Troia”. Si è scoperto che Tahir Alam, responsabile di un trust di sei scuole della città, aveva inviato al Muslim Council of Britain un lungo documento che sollecitava l’islamizzazione delle scuole pubbliche inglesi, alle prese con mille problemi di carattere economico e non più in grado di garantire una qualità di insegnamento decente. Approfittando di questo vuoto, gli insegnanti di origine islamica avrebbero dovuto conquistare la direzione delle scuole e cambiare i programmi di insegnamento. L’indagine condotta per conto del ministero dall’ex capo dell’antiterrorismo della polizia metropolitana, Peter Clarke, ha messo alla luce una realtà inquietante. In molte scuole pubbliche inglesi, non solo a Birmingham, ma anche alla periferia di Londra, le uniche lingue straniere insegnate erano diventate l’arabo e l’urdu, erano state vietate le immagini che mostravano intimità fra uomo e donna, impediti gli accenni al controllo delle nascite, proibiti l’insegnamento di strumenti musicali e le rappresentazioni teatrali, vietate immagini “immonde” come quelle dei quadri di Gustav Klimt. Sulle pareti dei corridoi manifesti invitavano a pregare per evitare la punizione dell’inferno». [7] I terroristi della porta accanto comunicano attraverso i social media, si fanno vanto su Twitter della loro appartenenza all’Isis, postano foto con kalashnikov e altre armi. Spesso usano i forum per chiedere consigli su come raggiungere l’Iraq o la Siria. «Gli esperti parlano di “jihad-cool”, una sotto-cultura che sta prendendo piede tra i giovani cittadini, spesso figli di immigrati, a rischio di radicalizzazione». [8] Facebook e Twitter sono i grandi reclutatori. E a dividersi i neofiti stranieri sono Ahrar al-Sham, Jabhat al-Nusra, e più di tutti l’Isis. «“Sei soddisfatto della tua vita?”, sorride un americano con la figlioletta in braccio nei video di arruolamento dell’Is. “Qui troverai amore, fratellanza, giustizia, sharia”. Immagini confezionate apposta a suggerire fratellanza, solidarietà, benessere, con un sottinteso senso di eroismo e d’avventura». [4] Il caso di Khadijah Dare, 22 anni, la «piccola califfa dell’Isis», londinese scappata a Raqqa, fotografa il figlioletto di quattro anni sorridente con il kalashnikov in mano e dopo la decapitazione di Foley sogna su Twitter di diventare «da 1st uk women 2 kill a uk or us terrorist», la prima a uccidere un occidentale. Si fa riprendere mentre va a fare la spesa a bordo di un suv, col mitra sul sedile accanto, o quando accoglie il marito stanco dopo una giornata di combattimenti. Ha convinto un’amica a seguirla. Nella sua vita da londinese non era religiosa, era «affettuosa e dolce», le piaceva il calcio e il cibo cinese. Dice: «Ho studiato al liceo e mi sono iscritta alla facoltà di comunicazione e media». L’infatuazione è cominciata (dicono le sue compagne dell’epoca) spulciando i siti Internet dell’estremismo islamico. Quando si è messa in velo le gridavano di tornarsene al suo paese: «Rispondevo: sono nata dietro l’angolo». Ogni tanto scrive che le manca il junk food e la mamma. [9] Le organizzazioni terroristiche accolgono a braccia aperte questi giovani occidentali, cui offrono in cambio l’illusione di essere importanti: efficaci nel proselitismo (fa già letteratura l’olandese Yilmaz, animatore di una “posta jihadista” via Kik, Tumblr e ask.fm) ma, soprattutto, potenziali pedine del progetto terrorista internazionale. «Rappresentano cellule attivabili di ritorno nei Paesi d’origine. Sono i “returnees”, la minaccia globale». [4] La forza attrattiva dell’Isis può fermarsi con i raid? Risponde l’esperto Aymenn Jawad al-Tamimi «Per sradicarli servono forze a terra. Nessuno vuole impegnarle. Passeranno molti, molti anni». [4] Intanto schiere crescenti di giovani occidentali partono. E molti già ritornano. I servizi di sicurezza hanno stimato che 500 inglesi hanno preso la via della Siria e dell’Iraq. Ma altri 250 sono rientrati. Per fare cosa? [6] [1] Caterina Soffici, Il Fatto Quotidiano 22/8; [2] pao. mas., La Stampa 23/8; [3] Guido Ruotolo, La Stampa 22/8; [4] Alberto Custodero e Alix Van Buren, la Repubblica 22/8; [5] Francesca Musacchio, Il Tempo 22/8; [6] Fabio Cavalera, Corriere della Sera 22/8; [7] Vittorio Sabadin, La Stampa 23/8; [8] Alessandra Rizzo, La Stampa 22/8; [9] Alessandra Baduel, la Repubblica 23/8)