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 2014  agosto 23 Sabato calendario

A VOLTE VORREI UCCIDERE MA NON NE VALE LA PENA

Prima di morire devo uccidere qualcuno. Paolo Mieli, per esempio. Perché tutte le volte, poche, che sono stato a cena con lui solo alla fine mi sono reso conto che mi aveva insultato per tutto il tempo. È abilissimo. Avvolgente, suadente, subdolo. Ma non ne varrebbe la pena. Gli darei una fama immeritata, sminuendo la mia.
Berlusconi, allora? Potevo farlo. Ero in Tribuna d’Onore per un Milan-Torino (1-1). Avevo dei posti omaggio, né troppo in alto né troppo in basso, che mi aveva dato il vicesindaco democristiano, Zoia, anche lui tifoso del Toro. Io stavo nel sedile più esterno, rasente la scaletta di pietra che divide i Vip dai Super-Vip. Berlusconi arrivò all’ultimo momento salendo gli scalini a quattro a quattro con fare un po’ scimmiesco. Mi sfiorò, salutandomi (perché è cortese ed è uno dei suoi vantaggi su quegli spocchiosi della sinistra). Con la pistola – in Tribuna d’Onore, nonostante ci sia il più alto concentrato di mascalzoni, non si fanno controlli – avrei potuto seccarlo tranquillamente. Ma non volevo passare alla cronaca, se non alla Storia, per aver ucciso Silvio Berlusconi. Almeno Erostrato incendiò il Tempio di Artemide a Efeso.
Altri politici maschi (si fa per dire, in quest’età femminea i maschi non esistono più, belano, hanno ceduto il cazzo alle donne) degni della mia attenzione non ne vedo. Una donna? Sarebbe più intrigante. Una vendetta postuma contro mia madre russa e zarista. Daniela Santanchè? La Santanchè dice delle stronzate inaudite ma personalmente è molto simpatica. Quando la invitai a presentare il mio Di(zion)ario erotico, al posto di una cretina dal nome altisonante che mi aveva dato buca, fu molto sportiva, perché sapeva di essere una riserva in panchina, divertente e spiritosa. Poiché alla voce “Scarpe” avevo scritto che le donne che portano i tacchi a spillo sono delle “oche giulive” lei esibì orgogliosamente i suoi. In un’altra occasione, a un dibattito, eravamo seduti a fianco mentre parlava Grillini dell’Arcigay. E noi sotto il banco, come dei liceali, ci scambiavamo dei bigliettini feroci sui finocchi (pardon, non si può più dire, come “negro”, “vu’ cumprà”, “forza Vesuvio”, si rischia la galera). No, la Santanchè no. Oltretutto ha già la sua condanna in terra: sta con Sallusti.
Le altre parlamentari mi ispirano sentimenti neutri. Per la verità una che mi piace c’è, dei 5stelle, ma non la strangolerei, la costringerei alle più umilianti prestazioni, la farei arrampicare nuda sul lampadario, giochetti che un tempo mi riuscivano abbastanza agevolmente, soprattutto con le femministe, le masochiste per eccellenza.
Imbragardsi da kamikaze alla Di Battista e distruggere un monumento famoso, come fece Erostrato? Il Colosseo dopo che Obama l’ha declassato a campo da baseball ha perso ogni appeal.
Ma qualcosa che farei saltare volentieri in aria c’è. Il grattacielo a banana costruito davanti alle finestre di casa mia.
Lo minerei e lo farei implodere su se stesso come fan gli americani. “Ma, mi raccomando, di notte quando dentro non c’è nessuno” mi ha detto il sempre prudente Padellaro. “No – ho risposto – un posto del genere non può essere abitato che da stronzi. Se li fai saltare in aria tutti sei sicuro di non sbagliare un colpo”.