Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 23 Sabato calendario

WEITZMAN, IL SIGNORE DELLE SCARPE: «LE DONNE NON DEVONO SOFFRIRE»

«Se una donna ha sofferto, non tornerà mai più da te». Non si parla si sentimenti, ma di argomenti più terreni: scarpe. La chiacchierata, dentro un albergo di Piccadilly, l’Ham Yard Hotel, è una piccola lezione di senso pratico: «Non si compera una scarpa se non è bella, ma non si compera una seconda volta se non è comoda».
Stuart Weitzman, il signore delle scarpe, è nato a Long Island 72 anni fa, cresciuto a New York, parla un avvincente italiano, vive per 5 mesi all’anno in Spagna, ad Alicante, dove produce tutta la sua linea (a Elda). La compostezza dei suoi ritratti ufficiali, tutti in bianco e nero, è smentita da una camicia caprese a righe grandi e colorate. «Amo molto l’Italia, credo che il nostro miglior sindaco sia stato un italiano (Rudy Giuliani, ndr ) e ho imparato per puro piacere la vostra lingua. Tra qualche settimana aprirò il mio secondo negozio in Italia, stavolta a Roma, come quello di Milano progettato da Zaha Hadid».
Cosa ci si aspetta dall’uomo che incarna il «sogno da calzare» di ogni donna? La trasgressione vera è scoprire una vita normale. «Ho passato l’infanzia lavorando con mio padre Seymour nella sua azienda di calzature in Massachussets e se non fosse mancato troppo presto, forse, avrei fatto qualcosa di buono a Wall Street. Sono sposato da 30 anni con la stessa donna e ho due figlie, Elizabeth, critica cinematografica al Daily News , e Rachel, che di mestiere fa la cantante. E sa una cosa? Ho capito che la cosa più difficile del mondo è farsi dire da un figlio “daddy, you are so cool!”. Quando Rachel entra in showroom e le piacciono almeno sei modelli, so di aver centrato la nuova collezione».
In 25 anni ha creato oltre 400 modelli, dalla 44 alla 34, il nuovo numero più richiesto. «Ci siamo adeguati alle richieste del mercato asiatico». Ma non si è piegato alle leggi dell’estetica. «Se 40 anni fa abbiamo eliminato il corsetto, mi chiedo, perché dobbiamo ancora continuare a far soffrire le donne con scarpe scomode»?. La differenza passa tutta tra disegnare oppure progettare una scarpa. «La pelle deve essere morbida, i cinturini non devono comprimere le nervature del piede». Poi c’è una regola segreta: lasciare sempre un “gioco” di 10 millimetri per le dita dei piedi, che non siano mai troppo attaccate alla scarpa. «La donna deve sorridere soprattutto di sera, dopo che è stata tutto il giorno dentro alle sue scarpe».
Cenerentola, Gisele e (le due) Kate
«Ogni ragazza a 16 anni ha già la testa piena di scarpe, l’ossessione si comincia a coltivare da bambine, con Cenerentola». Le sue ammiratrici forse non sognano il Principe Azzurro, ma di sicuro farebbero follie per un paio di sandali Nudist, la scarpa più indossata nei red carpet. L’archivio è pieno di modelli che hanno fatto storia, come i 50/50 Boots, gli stivali alti in pelle o in camoscio con tacco e plateau per slanciare le gambe, amati da Angelina Jolie, Olivia Palermo, Miranda Kerr e quasi una seconda pelle per Kate Moss, testimonial di Weitzman fino alla scorsa stagione. Da quest’anno si cambia: ambasciatrice del marchio sarà la top model brasiliana Gisele Bundchen, una donna «con i piedi per terra». «Gisele è una moglie, una mamma, un’imprenditrice. Vogliamo comunicare anche con questo tipo di donne, Kate rappresenta solo una parte delle nostre potenziali clienti e comunque ha avuto la capacità di attrarre il pubblico giovane».
La campagna, come di consueto, sarà firmata da Mario Testino. «Non so immaginare uno migliore di lui. Gli bastano 3 scatti per fare il capolavoro». Il fotografo peruviano è anche il ritrattista di Kate Middleton (era ancora la «fidanzata di» quando Kate si è pagata un corso di fotografia diretto da lui): oggi la duchessa è diventata la vera ambasciatrice del marchio Weitzman. Le Cork Wedges, le zeppe con il sughero, sono state indossate e fotografate in moltissime occasioni ufficiali. «Lei ama il nostro stile, ma ovviamente ha smesso di condurre un’esistenza comune: non può più acquistare nei nostri negozi, tutto le viene recapitato a Palazzo». Dall’alto del suo quasi metro e ottanta, Kate è l’incarnazione della cliente tipo di Stuart Weitzman. «Anche se è molto alta, ama le linee slanciate, che però la facciano resistere sui tacchi per una giornata intera». Ma sono sempre di più le donne, anche non-stangone, che si stanno convertendo al tacco basso. «Il 75 % del nostro successo commerciale oggi è dato dal tacco da due centimetri e mezzo. È una questione di confidenza in se stesse, di sicurezze. Audrey Hepburn era sempre in ballerine e non ha mai dubitato di piacere». Molte ragazze si regalano la prima Stuart Weitzman per un’occasione speciale, magari per il matrimonio, e magari flat. «Mi sono davvero sorpreso a vedere una foto di un gruppo di damigelle, durante un matrimonio in spiaggia, tutte con le Jelly (le flat trasparenti, ndr )».
Inviatemi un curriculum. Ma solo se...
Oggi Stuart Weitzman ha 44 negozi monomarca negli Stati Uniti, 62 negozi e 14 shop-in-shop in tutto il mondo, e un sito e-commerce che opera negli Stati Uniti, Canada, Europa e Hong Kong. Il marchio, valutato circa 800 milioni di dollari, dallo scorso aprile è detenuto in maggioranza dal fondo Sycamore. Ora negli ambienti della finanza gira voce che il fondo abbia dato mandato a Goldman Sachs per esplorare potenziali acquirenti: la notizia è liquidata da Weitzman con un asciutto no-comment, anche se qualcuno crede che il «Mr X» interessato alla maggioranza sia lo stesso stilista. «Per noi lavorano 700 persone, anche se mi spiace dire che il nostro sistema di reclutamento, in un paese come l’Italia, non funzionerebbe. Una persona in Italia, una volta assunta, spesso si sente già in pensione: smette di motivarsi, di fare le cose con passione, che per me è il motore di ogni processo creativo. So che è un discorso spinoso, ma in Italia vedo tanta burocrazia». Non c’è da scoraggiarsi: chi vuole lavorare con Weitzman, troverà le porte aperte. «Basta inviarmi un curriculum, mi entusiasma dare possibilità. Ma se non avete un serbatoio pieno di passione, meglio non farlo. Come si dice, astenersi perditempo».
Michela Proietti