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 2014  agosto 23 Sabato calendario

IL FUNERALE DELLA TRANS. VESTITA DA UOMO DALLA FAMIGLIA

Si era fatta chiamare Nicole, era il nome che aveva scelto per rivendicare la sua indole femminile, ma era nata con le fattezze di un uomo e con i vestiti di un uomo è stata sepolta. È accaduto ad Avenza, nei pressi di Massa Carrara. Nicole è morta a trentasei anni dopo una lunga malattia, da vent’anni era transessuale, eppure i genitori non hanno resistito al desiderio di ricondurla nell’immagine che conservavano in cuore, quella di un bambino, il figlio che hanno amato senza mai riuscire ad accettare le sue scelte di adulto. Una debolezza comprensibile — nella vita vera i costumi sociali cambiano meno rapidamente che nelle fiction televisive — ma certo è stato un duro colpo per le amiche e gli amici di Nicole vederla nella bara in giacca e cravatta, privata della sua identità, questa volta sì travestita. E sarebbe stato ancora più duro per Nicole, che da ragazza avrà lottato come tutti i transessuali per affermare se stessa, trovarsi addosso, e per sempre, i panni di un uomo. Come se il suo fosse stato uno sbaglio e quello di adesso un ravvedimento estremo. Ma Nicole era ciò che aveva deciso di essere, perché al di là delle apparenze non è la natura a stabilire chi siamo: è il nostro percorso sulla terra, il nostro modo di stare in mezzo agli altri, la nostra vocazione. Come ogni altro essere umano, anch’io ho una conformazione anatomica e dei tratti somatici dettati dalla genetica, ma non sono mai solo il mio corpo, io sono essenzialmente i miei atti, le mie parole, i miei gesti, i miei comportamenti, le mie maschere, tutto ciò che produco nel contesto sociale, ovvero ciò attraverso cui gli altri mi riconoscono. Se ha un senso l’esortazione di Nietzsche «Diventa ciò che sei» ce l’ha nel senso che già le dava Pindaro: «Diventa ciò che hai appreso di essere». A differenza degli altri animali, la persona non trova già determinata la propria identità, ma la scopre nella relazione col mondo, facendone esperienza — un’esperienza intima quanto più condivisa — e al contempo affermandola. Non si possono certo biasimare le madri e i padri che affrontano il dolore idealizzando l’album dei ricordi, ma il loro amore sarà davvero compiuto quando accetteranno la separazione, l’autonomia, le volontà di chi hanno cresciuto.