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 2014  agosto 23 Sabato calendario

L’ULTIMA EMAIL DELL’ISIS AI GENITORI DI FOLEY: «ABBIAMO SETE DI SANGUE»

Una settimana prima della diffusione del video che mostra la decapitazione di James Foley, i suoi genitori erano stati informati via email dai jihadisti che il reporter sarebbe stato il primo di molti americani a morire «come diretta conseguenza delle vostre colpe verso di noi». Il Global Post , il sito di informazione per cui lavorava il giornalista, ha pubblicato ieri per intero il testo di quello che l’Isis ha intitolato «un messaggio al governo americano e ai suoi cittadini-pecore».
«Vi abbiamo dato molte possibilità di negoziare il rilascio della vostra gente attraverso il pagamento di denaro, che altri governi hanno accettato, e abbiamo anche offerto uno scambio con prigionieri musulmani come la nostra sorella Afia Siddiqui, ma voi avete dimostrato molto rapidamente che NON siete interessati», dice la mail, piena di frasi in maiuscolo, di punti esclamativi e di errori di grammatica. L’autore potrebbe essere «John», il jihadista con accento londinese sospettato dell’omicidio di Foley, che ieri il quotidiano britannico The Sun avrebbe identificato in un «ex dj» di cui ha pubblicato in prima pagina la foto.
La famiglia afferma che ci sono anche errori fattuali: i Foley avevano ricevuto, in effetti, quasi un anno fa, la richiesta di un riscatto di 100 milioni di euro e della liberazione di prigionieri musulmani (dai nomi non precisati), ma poi era seguito un lungo silenzio. Fino al 12 agosto e a quell’ultimo messaggio che non lasciava spazio alla possibilità di negoziare.
È dalla scomparsa del giornalista nel giorno del Ringraziamento di due anni fa che il Global Post tentava di localizzarlo: aveva pagato milioni a contractors che, nel settembre 2013, sarebbero riusciti a individuare dove si trovava e avevano tentato di seguire gli spostamenti del prigioniero. Poi, nel novembre 2013, la famiglia è stata contattata per la prima volta via email per la richiesta di riscatto. Allora i genitori, per avere prova che il figlio fosse vivo, hanno inviato delle domande che soltanto lui poteva decifrare. Le risposte sono arrivate in breve sempre via email: tutte esatte. Convinti dunque che il figlio fosse in vita — e nonostante l’Fbi li avesse scoraggiati, dato che il governo Usa considera illegale il pagamento di riscatti ai terroristi — i familiari stavano cercando di raccogliere del denaro, per arrivare almeno ad una cifra di 5 milioni di dollari. Ma non hanno più avuto notizie dai sequestratori, fino al 12 agosto.
L’ultima email dell’Isis ai Foley, che la famiglia ha deciso di pubblicare al fine di «far capire le motivazioni e le tattiche dei jihadisti», è piena di rabbia per i raid aerei ordinati in Iraq. E’ una ostilità diretta all’amministrazione Obama: «Tornate a bombardare i musulmani in Iraq, e stavolta con attacchi aerei ed eserciti per procura, evitando in modo codardo un confronto faccia a faccia». Ma il sentimento si estende anche ai civili. «Oggi abbiamo sguainato le nostre spade contro di voi, GOVERNI E CITTADINI. E NON CI FERMEREMO FINO A CHE NON VERRÀ SAZIATA LA NOSTRA SETE DI SANGUE!».
Alcuni giornalisti europei, che sono stati compagni di prigionia di Foley prima del rilascio, hanno raccontato che i sequestratori lo picchiavano più spesso degli altri, perché avevano scoperto nel suo computer che il fratello è nell’aviazione Usa. Dopo l’email del 12 agosto, la famiglia ha inviato una replica in cui implorava i sequestratori: «Risparmiate la vita di nostro figlio». Nessuna risposta.
Viviana Mazza