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 2014  agosto 21 Giovedì calendario

TRIPLICATI I VOLONTARI EUROPEI DELLA JIHAD, ALLARME PER I RIENTRI

Sono migliaia i combattenti stranieri che in questi anni hanno raggiunto la Siria sul fronte anti Assad. Alcune stime parlano di circa 12mila uomini, il venti per cento dei quali si sarebbero arruolati nelle formazioni qaediste e terroristiche di Jabhat al-Nusra e dell’Isis. Di questi, circa un migliaio sarebbero europei. Sotto la bandiera nera del Califfato Islamico ci sarebbero addirittura brigate interamente composte da francesi e belgi. La stragrande maggioranza di loro è di origine araba, africana o asiatica, ma ci sono anche diversi convertiti. Non immigrati provenienti da paesi terzi e poi residenti in Europa, ma cittadini europei con tanto di passaporto.
Il problema per le cancellerie occidentali non riguarda tanto fatto che queste persone stiano combattendo in Siria o Iraq, ma un loro possibile rientro in Europa. Un allarme che preoccupa tutto il Vecchio Continente: persone ben addestrate, provenienti da 14 paesi, con un picco di francesi, inglesi, tedeschi, belgi, e olandesi. Ma piccoli contingenti arrivano in pratica da quasi tutti i Paesi Ue. Un fenomeno, questo della chiamata alle armi di musulmani europei, che da aprile a dicembre 2013 è triplicato passando da un arco di 135-590 persone a quello di 396-1937.

I siriani residenti in Italia, rientrati nella loro patria a combattere, sono nell’ordine di alcune decine, forse cinquanta persone, secondo le fonti di intelligence. Un piccolo numero se paragonato ad altri Stati. Il pericolo che questi combattenti una volta rientrati costituiscano un problema però è molto sentito da chi si occupa di sicurezza non solo in Italia, ma anche a livello europeo, perché alla luce delle esperienze vissute dalla guerra in Afghanistan e precedentemente dal conflitto in Bosnia, rientrano nei rispettivi Paesi di appartenenza elementi che sono fortemente motivati dall’impegno militare, divenuti esperti nella fabbricazione di esplosivi, uso di armi e tecniche di guerriglia. Tipico è il caso di Haisam S., 41 anni, elettricista, residente nella provincia di Milano dal 1998. Quando il 5 settembre scorso il video di una mattanza di soldati governativi è stato diffuso sui media mondiali, nessuno ha notato che nel plotone degli esecutori c’era anche lui. Haisam S. non è partito da solo. Insieme a lui, a fine aprile 2012, dalla provincia di Milano partono altri due uomini: A.B., 34 anni, rivenditore di auto usate, e A.C., 26 anni. C’è chi compie crimini o entra in gruppi estremisti e chi invece si arruola nell’Esercito di Liberazione Siriano. Ma l’entrata in gioco di Jabhat al-Nusra prima, e dell’Isis poi, ha deviato il flusso di volontari stranieri verso queste due ultime organizzazioni.

Dalla costituzione del Califfato in Iraq poi, c’è stato un boom con 400 nuovi arrivi solo nell’Isis. Molti combattenti provengono anche dall’Europa dell’Est, dai Balcani e dalle regioni Caucasiche. Una mobilitazione che non si è mai vista in nessun altro conflitto: neanche la jihad antisovietica chiamò così tanti stranieri. Secondo l’intelligence di Londra, sarebbero oltre cinquecento i britannici partiti per la Siria per combattere a fianco dello Stato Islamico contro il regime di Bashar al-Assad, ma c’è chi non esclude che alcuni siano arrivati anche in Iraq, dove è in corso l’avanzata dei miliziani del califfo Abu Bakr al-Baghdadi. Molti sono giovani, alcuni giovanissimi, spesso immigrati di seconda generazione, perfettamente integrati nella società, con un lavoro e degli affetti. Come Muhammad Hamidur Rahman, 25 anni, di Portsmouth, supervisore di una catena di negozi di vestiti, arruolatosi nelle fila dell’Isis e ucciso in combattimento pochi mesi fa. Sarebbe il secondo britannico deceduto in Siria. E in parallelo alla chiamata alle armi di giovani e giovanissimi cittadini europei di fede musulmana in Siria e Iraq, c’è anche il fenomeno ben più contenuto di ragazze che decidono di partire per offrirsi come spose agli jihadisti. Casi sono stati segnalati in Francia, Belgio, Svezia, Serbia e Regno Unito. Come quello delle due gemelle 16enni di origini somale Salma e Zahra Halane, partite da Manchester abbandonando la loro casa nel cuore della notte e giunte in Siria per unirsi al fratello maggiore che si era arruolato nell’Isis. E forse, già promesse a qualche combattente.