Emiliano Liuzzi, Il Fatto Quotidiano 21/8/2014, 21 agosto 2014
SE IL VERO NEMICO È LA SPENDING REVIEW
Il paradosso risiede anche nel pensare all’acquisto degli F35. Nel senso che è vero, servirebbero, i Tornado sono apparecchi molto vecchi e concepiti una quarantina di anni fa. Ma bisogna poter addestrare i piloti. E con i tempi che corrono sarebbe già quella un’impresa. Sarà l’inchiesta a svelare (molto parzialmente, come sempre in questi casi) il mistero. L’epilogo potrebbe riguardare una archiviazione dell’accaduto come “errore umano”. Anche perché la torre di controllo non ha ricevuto segnalazione di emergenze, dunque il volo d’esercitazione si stava svolgendo in maniera regolare e i resti degli aerei non permetteranno ricostruzioni esatte. Un aereo attrezzato come si deve forse avrebbe evitato l’impatto. Forse, perché il radar c’è anche sul Tornado. Ma l’età è quella. L’Italia ha iniziato ad acquistarli nel 1982, ma erano già pronti, e con la tecnologia disponibile allora, dieci anni prima. Due anni fa un incidente simile è avvenuto in Gran Bretagna, in condizioni meteo diverse, c’era molta nebbia e i piloti non si videro. Avrebbe dovuto fare il proprio lavoro la tecnologia che sui Tornado non c’è.
Ma, come scrive l’Espresso, la commissione d’inchiesta su quell’incidente arrivò a una conclusione: erano necessari una serie di aggiornamenti sugli equipaggiamenti di bordo. Questo, diranno i favorevoli all’acquisto degli F35 (pochi), giustifica l’ordine fatto dall’Italia. No, perché la stessa commissione d’inchiesta sottolineò come dovesse essere curata di più la preparazione del personale e l’attenzione sulle condizioni psicofisiche dei piloti e dei navigatori.
QUESTO AVVENIVA in Inghilterra, figuriamoci in Italia dove l’Aeronautica vive in un clima di tagli da molto prima che bussasse alla porta la crisi economica. Meno ore di addestramento, meno piloti e, di conseguenza ore di volo, carburante ridotto. Una grande macchina il Tornado, dicono i piloti, ma che richiede una grande preparazione. Anche perché può volare a quote basse (addirittura trecento metri di altezza) e superare due volte la velocità del suono, ma per questo è necessario una esercitazione continua. E il carburante necessario ogni volta che un aereo del genere si alza fa sballare tutti i bilanci. Che l’Aeronatutica militare italiana sappia addestrare i propri piloti meglio di tutti gli altri è un dato di fatto e riconosciuto a livello europeo. Ma quando mancano i quattrini perché il governo taglia e paga in ritardo, aumentano i rischi. E forse l’incidente di Ascoli deve essere un campanello d’allarme.