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 2014  agosto 21 Giovedì calendario

QUANDO TUTTA ITALIA
NON CAPIVA MA
SI ADEGUAVA AD ARBORE


«Quelli della notte» rivoluzionò la tv italiana e durò due mesi, esattamente dal 29 aprile al 14 giugno 1985. In tutto, 35 puntate, trasmesse su Raidue, quando capostruttura era Giovanni Minoli. La Rai aveva bisogno di rinforzarsi sulla seconda serata dove scorrazzavano indisturbati i canali concorrenti: e così, mentre Enzo Biagi conduceva Linea diretta su Raiuno, Renzo Arbore irruppe nelle case con la forza dell’improvvisazione. Chi non è nativo digitale, e quindi già c’era, ricorda quella tarda primavera come un momento magico, destinato a prolungarsi, a dilatarsi, a regalare al tempo un’altra dimensione. Ascolti da fantascienza, per i giorni nostri: 800 mila spettatori di media la prima settimana, un milione e 700 mila la seconda, poi 2 milioni, e nelle ultime due settimane, 3 milioni a puntata, share fino al 51 per cento. E a proposito di ascolti, Arbore disse: «Io non condanno l’Auditel, e sono anche convinto che il campione sia significativo. E’ che la Rai dovrebbe accettare che un programma vada in onda senza ascolti stratosferici. Quelli della notte non ebbe ascolti mirabolanti, ma ebbe una risonanza tale…». 

In effetti. La cara patria fu invasa dai tormentoni: «I premi in paglia», «Non capisco ma mi adeguo», «Non è bello ciò che è bello, ma che bello che bello che bello», l’«edonismo reaganiano» «il brodo primordiale», il «fidanzato Scrapizza». Un effetto dirompente, una valanga, parlavamo tutti così, citavamo. Quanti, a bruciapelo, direbbero che il programma non durò nemmeno due mesi? Però, davvero, segnò la storia della televisione. Già terremotata, nel 1974, dall’arrivo del telecomando. L’oggetto cambiò le abitudini, divenne un totem, uno strumento di potere familiare. Tanto che proprio lo squisito showman, in La vita è tutto un quiz, il brano-sigla di Indietro tutta, altro programma-cardine, dicembre 1987-marzo 1988, cantava: «Il padre al figlio dice: senti un po’, solo un consiglio è quello che ti dò. Tu nella vita conti fino a quando, hai stretto in pugno il tuo telecomando».
Arbore fu grande innovatore inventando per il video il cosiddetto «cazzeggio». Soltanto che, senza il suo ferreo e colto controllo, senza i maestri dell’improvvisazione da lui coinvolti, il cazzeggio si trasformò in urlata chiacchiera. Dopo Quelli della notte e Indietro tutta, ha sempre resistito alle sirene della tv. Tranne che, nel 2005, per una trasmissione notturna, Speciale per me, sottotitolo Meno siamo meglio stiamo, visibile proprio troppo tardi, anche intorno alle 3 del mattino. E non fece più programmi per non ripetersi, per non emularsi, per non citarsi, per non smentirsi. 
Nato a Foggia, a Napoli si laurea in giurisprudenza e comincia a suonare in una band dixieland. Nel 1964 partecipa a un concorso Rai che vince e che gli vale la nomina a «maestro programmatore di musica leggera». La notte è una costante nella sua poetica. La notte, le goliardate, le scene surreali sostenute da una ferrea determinazione a scoprire talenti. E dunque quei temerari della banda Arbore occupavano lo schermo senza prove e senza copione. Ma sorretti dalla solidità della conoscenza artistica, letteraria, dalla cultura musicale, dall’improntitudine. C’erano, in ordine sparso, Nino Frassica, Maurizio Ferrini, Andy Luotto, Riccardo Pazzaglia, Marisa Laurito, Simona Marchini, Roberto D’Agostino, Giorgio Bracardi, Massimo Catalano, e poi i musicisti, Gegè Telesforo, Sal Genovese, Stefano Palatresi, Gianni Mazza, Antonio (Maiello) e Marcello (Cirillo). Tutti personaggi scelti frequentando locali, set, gallerie d’arte, case di amici. «Dovevano avere la battuta pronta, essere in grado di realizzare una sorta di jam session parlata. Oggi non lo sa fare più nessuno».
Ma come venne l’idea? Il modo è naturalmente bizzarro, connaturale al personaggio. L’inventore racconta che quello era un periodo difficile per lui, la madre malata, «io mi fermai parecchio a Foggia per starle accanto. Dovevo occuparmi anche della sua casa, delle vicende pratiche. Una bella sera, andai a una riunione di condominio. Che tutti destano, sì. Eppure, fu proprio dopo una di quelle riunioni, vivaci e animate nella loro dialettica, che mi venne l’idea del programma». In effetti, lo studio della trasmissione si ispirava al salotto di casa Arbore, parole in libertà e talento sopraffino. «La filosofia della trasmissione? Ridere per ridere. Però con amore». L’obbligo alla cattiveria che sarebbe venuto dopo, certo lui, signore meridionale d’antico stampo, aduso alle buone maniere, proprio non l’avrebbe tollerato. Una volta subì pure uno scherzo, in onda. Ideato da Minoli e realizzato da Paolo Guzzanti: una falsa telefonata dell’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini. Doveva essere una battuta, invece lo scherzo si prolungò. I burloni della notte.