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 2014  agosto 21 Giovedì calendario

L’ULTIMA SFIDA
 DEL VETERANO 
DELLE TRAVERSATE


Nel Paese delle campionesse e dei campioni di nuoto e nei giorni in cui sorge l’astro di Martina Grimaldi, la ragazza di Bologna che ha vinto la gara dei 25 chilometri ai campionati europei di Berlino, Giovanni Brancato, il recordman delle lunghe traversate, parte oggi per la sua ultima sfida. 
Alle sei di stamane si è tuffato a Le Porquerolles, la maggiore delle isole dell’arcipelago d’Hyeres, davanti alla Costa Azzurra, diretto a Stintino, in Sardegna. Distanza: 140 miglia. Tempo previsto: nove giorni, dicasi 9 giorni, fatti di 12 ore di bracciate consecutive al ritmo di 52-54 colpi al minuto, e tanta, tanta fatica, tra onde in mare aperto che cercano di ricacciarti indietro, visitatori curiosi ma non sempre ospitali come gli squali, navi di linea che attraversano la rotta di questo nuotatore solitario che non ha altra protezione dei giudici di gara, dei medici sportivi e di quel paio di amici, un po’ matti come lui, che lo accompagnano quando decide di sfidare se stesso.
Giovanni giura: «Questa è l’ultima!». E aggiunge, con un pizzico di civetteria e il sorriso di chi sa di essere perfettamente in forma e sembrare molto più giovane di quel che è: «Compio sessant’anni, faccio questo genere di traversate da quasi quaranta. Sento che è ora di smettere». 
Naturalmente, nessuno gli crede, a cominciare dal gruppo di amici e super pescatori subacquei che lo accompagnano nei suoi allenamenti, alle Eolie, e godono delle cernie e delle ricciole che il campione si diletta a infilzare, tra una prova di resistenza e l’altra. Brancato è un medico nutrizionista che ha sperimentato su se stesso gli effetti di un’alimentazione corretta e di una vita sana e sportiva, e quando non è in acqua o in studio a occuparsi dei suoi pazienti, va in giro per convegni a illustrare i risultati delle sue ricerche e a raccontare le sue avventure.
Da quella prima volta, a nove anni, in cui volle cimentarsi, accompagnato da un pescatore che lo seguiva a remi, nella Stromboli-Strombolicchio, dove il traguardo era rappresentato dallo scoglio che dista mezzo miglio dalla spiaggia nera di Scari, sull’isola del vulcano che in questi giorni sta versando a mare una colata eccezionale di lava. Suo padre commentò: «Questo bambino vuol diventare un Cola Pesce», rifacendosi al mito dell’eroe che sott’acqua terrebbe la Sicilia appoggiata sulla spalla. Non si sbagliava.
Ma quando, era già adulto, disse che voleva nuotare da Lipari a Salina, per più di quattro miglia, lo presero per pazzo, eppure ci riuscì. Era il 1979. Nella lista dei record, seguirono la Alicudi-Filicudi e la Filicudi-Salina, per completare il periplo delle isole da lui tanto amate e da cui tutto è partito. E trent’anni dopo, stufo di nuotare nel mare amico di tutta la sua vita, ha cominciato la sfida dei lunghi percorsi. 
Dal 2008 a oggi è andato dalla Corsica ad Alassio (86 miglia), dalla Tunisia alla Sardegna (118), da Olbia ad Ostia (140), ha rifatto in unica soluzione il periplo delle Eolie (70). E adesso, dopo il Nord, il Sud e l’Est, punta a Ovest.
Nei giorni delle traversate Giovanni diventa una specie di automa, un motore umano super concentrato sull’obiettivo da raggiungere e completamente affidato al team che lo gestisce, i giudici Franco Lo Cascio e Roberto De Bartolomeis, i medici Marina Liberatori e Stefano Scovazzi, due subacquei che sono come fratelli, Giovanni Zito e Nino Lucchesi: a quest’ultimo, toccò gettarsi in mare dopo aver avvistato in prossimità di Giovanni, che nuotava come in trance, la pinna di un pescecane. Riuscì, non si sa come, ad allontanarlo.
Cosa passi per la testa del recordman delle traversate, e se davvero, mentre va, al ritmo di un diesel sotto sforzo, gli resti tempo per pensare, nessuno lo sa. Lui dice: «Certo che penso, anche se a volte non mi ricordo. Nelle prime ore mi dico “Forza, forza!”, cerco di farmi coraggio, almeno fino a che non arrivo a metà della giornata, quando il mare comincia a sembrarmi in discesa. Poi prego, prego molto, perché sento che lassù c’è qualcuno che mi aiuta».
Questa parte mistica della sfida, Brancato la tratteggia appena, non vorrebbe parlarne perchè teme di esibirla. Di sicuro c’è una grande devozione per San Bartolo, il protettore delle Eolie. 
L’anno scorso, mentre era al largo di Alicudi, in un mare profondo più di mille metri, Giovanni fu preso da un dolore lancinante a una spalla. Temeva di doversi fermare, e forse rinunciare. Tirando la testa fuori dall’acqua, si accorse di trovarsi sotto la chiesa del Santo, lo chiamò in soccorso, il dolore scomparve. Miracolosamente, è il caso di dire, la prova potè essere portata a termine.
Forse è anche per questo che le rotte delle nuotate del recordman Brancato, quando anche l’ultima tappa sarà compiuta, formeranno una croce. «Non sono un bigotto, sono un normale fedele, ma se l’ho fatto è perchè qualcosa mi si è mosso dentro - spiega -. Ne parlerò più approfonditamente quando avrò smesso di nuotare e andrò in giro a portare la mia testimonianza».
Test scientifico di resistenza umana, esperienza mistica, grande prova sportiva: c’è tutto questo nella storia straordinaria del medico nutrizionista divenuto quasi un pesce, per il numero di ore trascorse in acqua. Ma c’è anche di più: «Un pizzico, non tanto un pizzico, di incazzatura - conclude Giovanni - perchè in questo Paese nessuno ti aiuta. Gli sponsor devi andarteli a cercare e non sempre li trovi. Una parte dei soldi devi metterli di tasca tua. Se ne accorgerà presto anche Martina Grimaldi. I primi 25 chilometri li fai sul velluto. Ma il resto è tutto in salita».