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 2014  agosto 12 Martedì calendario

GRIMALDI, ORO E FATICA “LE MIE BRACCIATE DA BOLOGNA A RIO”

[Intervista a Martina Grimaldi] –
BERLINO
Le acque calme del Regattastrecke Grünau, termometro sui 20 gradi. Nell’800 ci sventolavano le vele per le regate, ai Giochi del 1936 i remi del canottaggio. Iniziano da questo bacino a sud-est di Berlino gli Europei di nuoto, domani la 10 chilometri femminile e la 5 maschile. L’Italia che nuota riparte dal fondo (e dal sincro), poi dalla prossima settimana i tuffi di Tania Cagnotto e le bracciate di Federica Pellegrini. In mezzo, tanto altro. All’inizio, Martina Grimaldi. Bolognese, 25 anni, bronzo alle Olimpiadi di Londra 2012 (10 km), oro ai mondiali di Barcellona 2013 (25 km) al fotofinish, la informarono i giornalisti del successo. Legge Stefano Benni e ascolta Vasco Rossi, ha comprato casa vicino alla Basilica di San Luca a Bologna.
Radicata nella sua città, l’altra Federica.
«Macché, la Pellegrini è una campionessa, ha fatto molto più di me, io devo ancora macinare molto in uno sport che è tutt’altra cosa dalla piscina».
Diverso come?
«Meno fotogenico, più marginale, non così glamour. E bellissimo ».
Perché lo ha scelto?
«È lui che ha scelto me. Sono scesa in acqua che non andavo ancora alle elementari, non ne sono più uscita. Anche grazie al mio tecnico da sempre, Fabio Cuzzani, che mi ha allevata e motivata. Quando nuoti per ore devi avere un obiettivo, sennò affoghi nella solitudine».
Non per la stanchezza?
«Faccio due allenamenti al giorno da due ore e mezza, più le sedute in palestra. Mi sveglio alle sei del mattino. Il problema non è resistere».
Qual è?
«Rimanere concentrati, non perdere mai il controllo, sentire gli avversari e reagire alle loro mosse. È una questione di tattica e di fiuto. Sotto la superficie succede tutto. A volte penso che si nasconda lì, nel sommerso, la vera realtà».
È diventata filosofa?
«Ma no, è che devi conoscere il senso di quello che fai. Solo così puoi restare a galla. Sono andata a vivere da sola, ho comprato una casa. È bello e anche strano, a volte mi mancano certe abitudini, la mamma che mi fa trovare la cena pronta quando torno distrutta dopo una giornata in acqua. Perdere fa parte del crescere, solo così aumentano le scoperte. Per il resto, sono sempre la solita ragazza che ama Bologna, adora i tortellini e sognerebbe d’andare a un concerto di Vasco. Ma non ho preso i biglietti, con tutte le gare che ho da fare rischio di doverli buttare».
E accontentarsi di un buon risultato.
«Qui a Berlino punto alla 10 km, è l’unica competizione che va alle Olimpiadi. Non ci sono le brasiliane e le americane, ma ungheresi, inglesi e tedesche vanno forte. La concorrenza c’è anche in squadra, per fortuna. Possiamo dire la nostra. È l’appuntamento clou dell’anno, è tutta la stagione che lo preparo. Devo ancora perfezionare alcune cose, ma quel che è fatto è fatto».
L’oro a Barcellona è stato un altro nuovo inizio.
«Dopo la sorpresa iniziale del fotofinish, ero confusa. Così piena di rammarico per aver sbagliato nella 10 km, che nei 25 ho nuotato come fosse l’ultima volta. Poche ore dopo ho realizzato. Felicissima, senza tempo per festeggiare. Sono tornata a casa, poi subito via per altre gare. Dopo gli Europei staccherò un po’ la spina, per ripartire a testa bassa verso Rio 2016».
A Londra il suo bronzo salvò la spedizione azzurra.
«Nello sport come in tutto ci sono cicli. Splendori e tramonti. La cosa importante è saper azzerare e ripartire».
Non solo il nuoto, ma anche il calcio e molte altre nazionali soffrono.
«È il paese che soffre, ma non bisogna cedere alla rassegnazione. Faccio il tifo per l’Italia e una grande in bocca al lupo alla politica che saprà farci tornare a essere quello che siamo: un grande paese. Quando gareggi con la maglia azzurra lo capisci bene l’orgoglio e la responsabilità, ti dà la voglia per andare avanti».
Alessandra Retico, la Repubblica 12/8/2014