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 2014  agosto 12 Martedì calendario

IGNAZIO MARINO È SEMPRE MEGLIO DELLA GAUCHE CAVIAR ALLA MADIA

Ignazio Marino, come sindaco di Roma, non gode di buona stampa. La città è talmente mal messa che, per chi la frequenta, è perfino difficile considerarla la capitale di una grande economia del pianeta con un piede millenario nella storia. Roma è molto più degradata e mal funzionante di una qualsiasi grande città europea. Marino, però, è sindaco da poco più di un anno e ha ereditato una situazione disastrosa coprodotta, difficile dire con quale incidenza percentuale, in precedenza da cinque anni di gestione Alemanno e da tanti lustri di governo a trazione Ds/Pds/Pd. Roma governata dai partiti ha prodotto il peggio di sé: una montagna di debiti, una fiscalità assurda, una macchina amministrativa terzomondista, delle società municipalizzate ancora considerate tante piccole Iri dove piazzare amici e parenti da parte dei ras politici locali.
La vittoria di Marino è arrivata proprio al termine del ciclo della politica. Viene eletto dai romani qualche settimana dopo che il M5S di Beppe Grillo diviene il partito più votato alla camera e con il Pd di Bersani alla deriva. Cronologia che è sempre bene tenere a mente. Il sindaco chirurgo divenne una sorta di candidatura «ultima spiaggia» da parte di un Pd romano che Grillo aveva sderenato. Poi Marino ha vinto bene le elezioni, anche superando candidati di buona qualità, e ha deciso di fare il sindaco di testa sua, senza prendere ordini dalle segreterie politiche o dalla solita Cgil. Se avesse avuto uno staff e una squadra di qualità, da tempo si sarebbe già sbarazzato della zavorra politica. Invece vuole fare tutto da solo e tende a strafare, perché finisce con non scegliere bene i pochi obiettivi sui quali concentrare le energie. Ma, pur con tutti i difetti che Marino ha evidenziato, è mille volte meglio lui di uno dei soliti volti della nomenclatura politica romana. A dispetto degli affiliati alla gauche caviar capitolina, una sottomarca low cost di quella parigina, lui un lavoro e una professione prima e oltre la politica l’aveva. Non deve pagare cambiali a gruppi di potere, cooperative rosse o rosa, sindacati e non deve neppure sistemare truppe cammellate di protetti nelle solite Atac, Ama e Acea. Molto meglio, quindi, lasciar lavorare Marino e incalzarlo sulle cose da fare che ritrovarsi di nuovo un sindaco partitico a tutto tondo e manovrato dai soliti capetti politici territoriali. Se poi fossero veri gli spifferi romani, che narrano di una candidatura Marianna Madia al Campidoglio in caso di crisi di Marino, allora tenersi il sindaco chirurgo è un must. Anche perché, se viene lasciato lavorare e non si perde dietro il suo narcisismo, la probabilità che Marino tra quattro anni consegni ai romani una città migliorata è tutt’altro che bassa.
Edoardo Narduzzi, ItaliaOggi 12/8/2014