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 2014  agosto 12 Martedì calendario

PUPI AVATI ESCLUSO DA VENEZIA: BOCCIATA ANCHE LA MIA SHARON

[Intervista a Pupi Avati] –

ROMA — Per la seconda volta in pochi anni, Pupi Avati ha un film pronto per la Mostra di Venezia: Un ragazzo d’oro . È stato proposto, non è stato preso.
«Non conosco i selezionatori, ignoro le loro ragioni. Il film c’è, esiste, non possiamo negarlo. E andremo il 27 agosto al Festival di Montréal», risponde il regista.
Delusione?
«Sono diventato una persona saggia che non vuole fare polemiche. Ho metabolizzato le ferite veneziane, quando ho commentato un recente Leone d’oro, perché mi è parso che ci sono sezioni per i corti e altri generi, non mi ha giovato».
Potevano metterla fuori gara...
«Questa gloria ancora non me la merito, ne godranno i miei figli, la vedranno postuma. Mi spiace perché è stato un investimento non da poco, mi riferisco a Sharon Stone».
Com’è andata con la diva americana?
«Con i suoi agenti ci siamo scambiati sei mesi di mail, potrei scrivere un pamphlet su come si fa ad avere Sharon Stone per il suo primo film italiano. I dettagli, le diffidenze, la visione del cinema italiano e della nostra credibilità. Abbiamo dovuto mandarle tutti i nostri film, ci ha sottoposti a degli esami pazzeschi. L’ho voluta per il suo carisma».
Qual è il suo ruolo?
«Agli occhi di Riccardo Scamarcio, che è l’altro protagonista, appare come un Ufo. Lei impersona un’editrice canadese che va a Roma al funerale del padre di Scamarcio, uno sceneggiatore di serie B che non è riuscito a scrivere la storia della sua vita, una sorta di gossip sul sottobosco dello spettacolo. Il padre si è suicidato e nessuno sa perché. Si scopre che il padre era innamorato di lei, il libro era una scusa per starle vicino. Il figlio, Scamarcio, decide di scrivere quell’autobiografia incompiuta, e anche lui se ne invaghisce»....
E sul set?
«Sharon Stone è la classica attrice che prende il copione come un atto notarile, non una virgola dev’essere cambiata. È stato un rapporto estremamente professionale: in genere ai miei film divento il confessore, il papà, lo psichiatra dei miei attori, con lei non siamo diventati amici. Alla fine però ho apprezzato che abbia seguito il mio suggerimento di ammorbidire il personaggio, è difficile innamorarsi di una donna troppo grintosa. Mi ha raccontato di un rapporto molto negativo avuto con la madre. È una donna pratica, concreta, vive proiettata nel futuro».
Scusi, Pupi, ma della famosa scena di «Basic Istinct» non le ha mai parlato?
«E come no, un giorno le ho chiesto: ma se non avessi accavallato le gambe, come sarebbe cambiata la tua vita? Lei rideva, rideva, non la finiva più».
E Scamarcio?
«Non lo conoscevo, sapevo che doveva il successo al suo aspetto, ma poi ha dovuto dimostrare di essere bravo, come succede ancora di più per quelli belli. Ho scoperto un grande attore: il suo personaggio è tutt’altro che tranquillo. A un certo punto diventa suo padre, si veste e si pettina come lui, che aveva rifiutato e invece si accorge che si sbagliava».
La fidanzata di Scamarcio è Cristiana Capotondi. Giovanna Ralli impersona la madre di Riccardo.
«Nel 1973 ero senza lavoro e Giovanna mi portò da Carlo Ponti che mi offrì 60 milioni di lire e due commediole. Rinunciai, benché pieno di debiti. Ma quel gesto me lo sono ricordato tutta la vita».
Lei è regista da 45 anni, da sempre si dice che il cinema sia in crisi.
«La situazione è peggiorata. Nel mio passato remoto ho venduto cravatte e auto usate e cercavo di convincere la gente al buio, così come accade a un film: devi persuadere gente a spendere e a credere in te. Una volta la qualità gratificava esattamente come il botteghino, oggi sono rimasti solo gli aridi incassi, il cinema è un mondo di somme e sottrazioni, siamo tutti capaci di fare numeri».
E i premi ai festival non aiutano?
«Non servono a nulla. I premi devono essere occasioni di prestigio, oggi invece chiunque lavori ai festival vuole visibilità. Quando Carlo Delle Piane vinse come migliore attore per il mio Regalo di Natale , il film riuscì nelle sale e vinse il biglietto d’oro. Io ho avuto Massimo Boldi in quel film, Festival , che racconta la Mostra di Venezia. La vera storia di Walter Chiari, che era nel momento della sua massima caduta e, poveretto, fu illuso d’aver vinto la Coppa Volpi che invece andò a Delle Piane. Mi sembrò paradigmatico del nostro mondo. Quando si scende dal vaporetto, si diventa più cattivi, si spera nel fallimento altrui».
Addirittura...
«Succede a tutti, anche a me. Sono stato nove volte a Venezia, e per nove volte sviluppai una energia negativa straordinaria».