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 2014  agosto 11 Lunedì calendario

DONNE, SOLDI, TRUFFE: E SIAMO SOLO NELL’800

Una medaglietta scintillante fu il battesimo aureo dei privilegi parlamentari. Era il tempo dell’Italia appena unita e liberale e in cui alle prime elezioni del nuovo Regno del 1861 votò il 57 per cento di 419.938 aventi diritto su 22 milioni di abitanti, neanche il due per cento della popolazione. Nei collegi uninominali, per essere eletti, erano sufficienti un paio di centinaia di preferenze. “Giuseppe Spadini, ricco industriale che da qualche tempo aveva dato un addio agli affari, faceva pure lui l’occhio di triglia alla medaglietta da deputato, ed era deciso a qualunque sacrificio pur di addiventare onorevole”. Su una faccia della medaglietta era scolpito il profilo del sovrano sabaudo, Vittorio Emanuele II, sull’altra cognome e nome dell’onorevole, il numero della legislatura, la dicitura “Camera dei deputati”. Spadini è una semplice comparsa di un noto reportage parlamentare dell’epoca, I misteri di Montecitorio, oggi riportato alla luce dalle edizioni di Studio Garamond. Lo vergò Ettore Socci nell’ultimo decennio del 1800. Fervente mazziniano, cioè repubblicano, Socci lo pubblicò dapprima a puntate su La Democrazia, giornale che aveva fondato, e poi in volume. Lo stesso Socci fu deputato nel 1892. La storia è ambientata nel biennio 1874-1876 e ha come protagonista il giovane Alfredo Guidi, personaggio inventato che diventa onorevole sconfiggendo nel suo collegio il già citato Spadini e il marchese di Altaforte. “I biglietti da cento e da mille non furono risparmiati da una parte e dall’altra: si offrirono i voti al migliore offerente; i principii non erano più in circolazione su quel mercato di interessi”.
IN GALERA PER AVER FAVORITO UNO SCIOPERO
Alfredo Guidi è un politico onesto. Avvocato benestante viene eletto mentre è in galera. Arrestato perché ha favorito uno sciopero di minatori nel suo paesino. È un democratico, un idealista dell’Estrema Sinistra, secondo la collocazione parlamentare. La spinta rivoluzionaria del Risorgimento è minoritaria. Mazziniani e garibaldini sono una sparuta pattuglia. Destra e sinistra liberali, quelle definite storiche, hanno una vocazione ministeriale. Spesso si dividono in maggioranza e opposizione, talvolta sono inclini al connubio, l’avo dell’inciucio. La Destra è cavouriana. Nella Sinistra moderata spiccano il trasformista Agostino Depretis e l’autoritario Francesco Cri-spi, nonché Giovanni Giolitti. Guidi arriva a Roma ed è risucchiato subito dai vizi atavici del nostro Paese, che assestano un colpo mortale al patriottismo della classe dirigente.
RETROSCENA E PETTEGOLI
La politica è “accademia di cinismo”, “si vive a furia di favoritismi” e “la legge è fatta per i minchioni”, “gli appaltatori” corruttori formano un cordone asfissiante attorno alla Camera. Non solo. A Montecitorio sono di moda il retroscena e il pettegolezzo parlamentare e una campagna acquisti permanente. Quest’ultima è catalogata alla voce “extra-vaganti”. “Si chiamano gli extra-vaganti, e costituiscono una vera schiera di soldati di ventura. La loro proclamata indipendenza è il più bel sistema per sgranare ogni giorno qualche cosellina. Fanno tutte le moine possibili ai radicali e, nel tempo stesso, sono tutti i giorni nell’anticamera dei ministri a sollecitare affari. La loro esistenza è quasi sempre avvolta nel più profondo mistero”. Nel 1876 la Destra storica, al governo con Marco Minghetti, cade sulla nazionalizzazione, “l’esercizio governativo”, delle ferrovie. In questo affare, per tutelare le grandi società private, Guidi viene irretito da un collega faccendiere, Civetti, che lo vuole tenere lontano dall’aula al momento decisivo. La figura chiave è Adelina, titolare del salotto più famoso e trasversale della capitale. “L’Adelina era una di quelle ragazze diabolicamente graziose che piantano quartiere d’inverno nelle città capitali, speculando sulle loro bellezze, che mettono all’incanto sul mercato della pubblica vanità. Quanti, mercè la potente intercessione di questa donna, che il popolano accennava con disprezzo alle proprie figliuole, avevano ottenuto impieghi, sussidi e appoggi”.
UN SOLO PASTO AL GIORNO
Adelina e Alfredo si conoscono e s’innamorano. Poi lei lo scarica e cede agli intrighi di Civetti. L’onorevole Guidi ritrova però lo spirito iniziale grazie a Salvatore, deputato garibaldino che Socci identifica col solo nome di battesimo. “Uscito dalle galere del Borbone, ove avea passato dieci anni di inenarrabili sofferenze, non avea, come tanti altri, liquidato il proprio patriottismo. Povero in canna, erasi trovato sbalestrato in una società corrotta fino nelle barbe, speculatrice fino nelle midolla delle ossa: e fu deriso, calunniato e perseguitato. I suoi concittadini lo vollero deputato”. Salvatore abita in una stamberga e mangia solo una volta al giorno, sovente caffè e latte solamente. La sua miseria è il lato opposto della casta e dei privilegi parlamentari. Il motivo per cui in seguito i deputati verranno pagati: “Fino a tanto che il rappresentante del Paese non sarà remunerato per l’opera che presta, esisteranno tali vittime ignorate, tali disperati combattenti colle esigenze quotidiane delle vita”.
UN CRONISTA DA DENTRO
Come Ettore Socci, anche Ferdinando Petruccelli della Gattina fu giornalista e deputato repubblicano. Raccontò, dall’interno, il primo Parlamento italiano, quello di Torino, per i lettori francesi della Presse. Lo fece con stile “naturalista” e scoppiettante, come Socci. I suoi articoli andarono a formare il notissimo I moribondi di Palazzo Carignano, arricchito da strepitosi ritratti delle varie fazioni e dei loro leader. Impressionante la somiglianza tra l’attuale premier Matteo Renzi e Pasquale Stanislao Mancini, ministro in quota “centro, il sito più prediletto dei deputati napoletani”, specialisti che vanno a caccia di tutte le “utilità” della politica: “Mancini non sa nulla, ma comprende tutto, e se non lo comprende, vi tiene persuaso che l’abbia compreso: ve ne parlerà per due ore. E’ (inteso come ei, cioè egli, ndr) non farà nulla ma niuno avrà tanto detto di fare, di voler fare, di poter fare, di saper fare, di avere a fare, e di tutte le combinazioni possibili che potete trovare a questo verbo magico, eccetto il preterito passato: ho fatto! Mancini, con un po’ di pratica, diventerà il tipo dei ministri parlamentari; vale a dire, dei ministri minchionatori. Il no, nella sua bocca, sarà una parola introvabile, impossibile a proferire”. Ma a Petruccelli della Gattina non sfuggono neanche le difficoltà della sua parte politica, la Sinistra, variegata e frammentata e sempre tentata dalla vocazione ministeriale. E la sua è una lezione di politica , che viene utile anche per spiegare i fallimenti della Seconda Repubblica, quando la sinistra postcomunista e la destra sdoganata da Berlusconi andranno al governo: “Questa è la storia di tutti i governi parlamentari: dir rosso quando si aspira, e bianco quando si è arrivati”. Con riferimento al suo gruppo democratico, Petruccelli della Gattina fa un’analisi che suggerisce un parallelo con il Movimento 5 Stelle: “Vi sarebbe ancora un’altra circostanza che potrebbe, non dico già riunire, ma ravvicinare tutti gli elementi della sinistra, e sarebbe la presenza del capo, vale a dire Garibaldi, il quale virtualmente primeggia tutti i partiti. Ma Garibaldi non è presente. Egli ha una capacità parlamentare molto discutibile”. Al di là dei dettagli diversi (in ogni caso, Garibaldi fu deputato) il punto è “la presenza del capo”. Grillo è garibaldino, a modo suo. Nella crisi di questo sistema ha rivoluzionato la politica con un movimento arrivato subito al venti per cento. Però il capo è fuori dal Parlamento (per motivi giudiziari) e questo incide, e parecchio anche.
SENZA OPPOSIZIONE
La mancanza di un’opposizione vera è un altro dei mali antichi del nostro Paese. Petruccelli della Gattina lo rileva e dà anche i numeri del primo Parlamento con sede a Torino, a Palazzo Carignano: la maggioranza ministeriale ha 350 deputati su 443. La medaglietta ha il suo peso: “Voi viaggiate gratuitamente. Voi non pagate spese di posta. La vostra medaglia in oro è un passapertutto, generalmente rispettato. Voi non potete essere giudicati per tutto il tempo che dura la sessione. Voi potete fare dei debiti, si fa credito a un deputato!”. Ma come è fatta la casta dell’unità d’Italia? “Il Parlamento italiano componesi di 443 membri. La Camera ha validate 438 elezioni. Si è in via di rifare le altre. Su questi 438 deputati vi sono: 2 principi; 3 duchi; 29 conti; 23 marchesi; 26 baroni; 50 commendatori o gran croci; 117 cavalieri, di cui 3 della Legion d’onore; 135 avvocati; 25 medici; 10 preti; 21 ingegneri; 4 ammiragli; 23 generali; un prelato; 13 magistrati; 52 professori; ex-professori, o dantisi come tali; 8 commercianti o industriali; 13 colonnelli; 19 ex-ministri; 5 consiglieri di Stato; 4 letterati; un bey dell’Impero ottomano, il signor Paternostro; 2 prodittatori; 2 dittatori; 7 dimissionari; 6 o 7 milionari; 5 morti che non contano più, ben inteso; 69 impiegati; 5 banchieri; 6 maggiori; 25 nobili senza specifica di titolo; altri senza alcuna disegnativa di professione; e Verdi! il maestro Verdi. Vi è di tutto, il popolo eccetto”.
GLI ANTENATI DI SCILIPOTI E RAZZI
L’Onorevole Qualunquo Qualunqui è stato il progenitore degli odierni Razzi & Scilipoti, i Responsabili che salvarono Berlusconi nel 2010 traslocando da Di Pietro al Cavaliere. L’ambizioso peone Qualunqui è la creatura del socialista fiorentino Luigi Bertelli in arte Vamba, passato alla storia come il papà di Gian Burrasca. Vamba scriveva dell’onorevole Qualunqui per L’O di Giotto, giornale che fondò nel 1898 a Firenze. “L’Onorevole Qualunquo Qualunqui rappresenta al Parlamento italiano il secondo collegio di Dovunque dalla quindicesima legislatura, e fino agli ultimi tempi ha fedelmente combattuto nel partito dei Purchessisti, propugnando il programma Qualsivoglia e appoggiando costantemente il gabinetto Qualsisia”. Il tradimento e il trasformismo, a scopo governativo, sono purtroppo nel Dna parlamentare italiano. Scrive Qualunqui alla moglie Elena, che invece lo tradisce in altro senso: “Io sarò ministeriale col Crispi, come fui col Giolitti, come fui col Rudinì, come fui ancora col Crispi e, prima, col Depretis; e con questo credo di esser logico. Perché sono fedele al Giolitti a traverso il Crispi, come ero fedele al Rudinì a traverso il Giolitti, allo stesso modo che mantenevo fede ancora al Crispi a traverso il Rudinì e al compianto Depretis ancora a traverso il Crispi”. Siamo negli anni novanta dell’Ottocento, lo stesso periodo dell’avventura sfortunata a Roma di Alfredo Guidi, il personaggio di Socci. Vamba parla testualmente di questione morale (la corruzione parte dalle urne: “Votano persino gli assenti e i morti”) ed esalta la leggendaria figura di Felice Cavallotti, che si appellò agli onesti, fondò il Partito radicale italiano e morì in un duello, ucciso da un giornalista conservatore.
BANCHE E COSTRUTTORI
Tra speculazioni bancarie ed edilizie nel periodo crispino della Sinistra storica, l’onorevole Qualunqui per fare carriera interpella in una seduta spiritica l’anima di Niccolò Machiavelli. Qualunqui vuole diventare ministro della Giustizia e il filosofo gli dà questo consiglio: “Hannovi due modi di essere capo della giustizia in uno Stato; o facendo servire la giustizia allo interesse e alle vedute di colui che ti ha innalzato a quel posto, e in allora ti basta aver cognoscenza di quello interesse e di quelle vedute e aver l’arte di indovinare uno comandamento in una parola o in un cenno; oppure facendo servire il suo interesse e le sue vedute alla giustizia e in allora ti occorre che egli sia uomo rispettoso delle leggi che ti ha chiamato a custodire”. Quale dei due casi è il ritratto di Silvio Berlusconi alias il Condannato? Troppo facile indovinare. Nell’alba unitaria spuntò come il sole un’altra tragica inclinazione italiota: l’insabbiamento delle inchieste per i potenti oppure le leggi ad personam per salvarli. Vamba descrive anche una seduta parlamentare in cui viene negata l’autorizzazione a procedere proprio contro l’onorevole Qualunqui. E chiosa: “La questione morale è sempre là sul tappeto”. Non era ancora il Novecento e dopo un secolo e cinque lustri nessuno l’ha rimossa dal tappeto.
Fabrizio d’Esposito, il Fatto Quotidiano 11/8/2014