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 2014  agosto 11 Lunedì calendario

“ASILI PIÙ CARI E SUPER-IMU COSÌ HO SALVATO ALESSANDRIA DAL DISASTRO ECONOMICO MA ORA TUTTI MI DETESTANO”

ALESSANDRIA.
Un pozzo profondo 46 milioni, quasi impossibile da risalire per un Comune che ogni anno riesce a incassarne solo 90. Come si esce dalla voragine, signor sindaco?: «Con tanta fatica, tanti sacrifici e una buona dose di impopolarità ». Dice così Rita Rossa, maglia nera nel gradimento dei primi cittadini italiani: «Sono finita in fondo alla classifica nazionale ma non mi stupisce». Impopolare come la Merkel.
Alessandria è uno dei pochi Comuni italiani che fino ad oggi ha fatto fallimento. Nei prossimi mesi, dicono le statistiche, molte altre amministrazioni italiane seguiranno la stessa strada. Rita Rossa si è insediata nel giugno 2012 ereditando una situazione disastrosa. Il predecessore, Piercarlo Fabbio (Forza Italia), aveva dato una buona mano a scavare il pozzo. Anche con iniziative discutibili per un Comune sull’orlo della bancarotta. Come l’idea di acquistare 500 mila euro di rose in Moldavia per abbellire le aiuole cittadine. O la trovata di inserire nei bilanci di previsione entrate per 7 milioni di euro dalla vendita dei loculi al cimitero: solo un’epidemia avrebbe potuto garantire tanti funerali. Ma Fabbio non è stato l’unico a scavare il pozzo. I suoi predecessori di centrodestra e centrosinistra hanno fornito ciascuno il proprio contributo. Se il deficit corrente era di 46 milioni alla fine del 2011, il pregresso era di 216 milioni.
Come avete aggredito il debito? «Una delle prime decisioni — dice Rita Rossa — è stata quella di chiudere sette società partecipate dalla nostra amministrazione. Erano dei pesi che non riuscivamo più a sopportare». Ironia della sorte, per ridurre i debiti sono state chiuse le società create per incassare: quella per la riscossione dei tributi comunali e ben due società di cartolarizzazione che avevano inglobato immobili dismessi dal Comune e rimasti invenduti. Cartolarizzare con il mercato immobiliare ai minimi storici non era stata una grande idea. La chiusura delle sette società ha portato risparmi per 14 milioni, circa metà dei tagli sulle uscite. Il secondo capitolo doloroso è stato quello delle spese del personale: «Abbiamo ridotto i dipendenti dell’amministrazione da 711 a 676. E soprattutto abbiamo dovuto bloccare tutti i contratti a termine a collaborazione, una decisione non facile», spiega Rossa. Agevolata da qualche stratagemma. Come quello di trasferire 20 dipendenti comunali all’amministrazione delle dogane del vicino interporto logistico di Ronco Scrivia. Anche chi è rimasto in organico ha dovuto accettare sacrifici. Per due anni, da metà 2012 a metà 2014, i dipendenti del Comune non hanno potuto avere i buoni pasto. Tagliando sul cibo, l’amministrazione ha risparmiato un milione di euro. «Ora — garantisce il sindaco — i buoni torneranno, anche se saranno di valore ridotto: da 7 euro a 5,16». In totale i risparmi sui costi dei dipendenti hanno fruttato 5 milioni di euro.
Dalla scure non si sono salvati nemmeno i fornitori di beni e servizi. L’amministrazione ha ridotto di uno-due gradi la temperatura negli uffici e nelle scuole durante l’inverno e da due estati ha bloccato l’aria condizionata. Mettendosi un maglione più pesante d’inverno e sudando a luglio e agosto, il Comune ha risparmiato un altro milione di euro. Nella crisi si risparmia su tutto: un milione e mezzo è arrivato lasciando crescere l’erba nelle aiuole, altro che rose moldave. «Siamo passati da 5 a 2 tagli», spiega il sindaco. Un altro milione e mezzo è arrivato dalla fine dei concertini di fine anno scolastico. Lo scorso anno si poteva leggere nelle bacheche delle scuole: «Dato il deficit del Comune di Alessandria, la rassegna dei cori giovanili scolastici nel 2013 non ci sarà». «Chi mi ha preceduto — dice con una punta polemica Rita Rossa — aveva speso 70.000 euro per organizzare un concerto di Giusy Ferreri».
Un capitolo importante è quello che oggi va di moda chiamare riduzione dei costi della politica. Il sindaco si è ridotto lo stipendio da 3.500 a 1.900 euro, gli assessori portano a casa 800-1.000 euro al mese. Le spese di consulenza sono state ridotte da 500.000 euro a 13.000. I membri dei Consigli di amministrazione delle società partecipate si presentano in riunione senza ricevere compensi. L’azienda del gas e dell’acqua potabile ha pesantemente ridotto gli emolumenti per i vertici. Con le vacche grasse il vecchio presidente, che era anche amministratore delegato, veniva pagato 350 mila euro all’anno. Oggi presidente e ad vengono pagati complessivamente 58 mila euro. Abolite le spese di rappresentanza del municipio: «Quando vado a Roma in veste ufficiale — dice il sindaco — mi pago il viaggio».
Non sono queste, naturalmente, le misure che hanno reso impopolare Rossa agli occhi dei suoi concittadini. Ben più pesante è stato l’effetto dell’aumento delle tasse: «Abbiamo dovuto applicare l’aliquota massima sui tributi», ammette il sindaco. Risultato, una stangata da 11 milioni di euro. Il monte tributi, che nel 2011 era di 63 milioni annui, è diventato di 74 nel 2013. Lacrime e sangue. L’aumento per le rette delle mense negli asili nido è stato di 2-300 euro annui per la fascia di reddito più alta. Una media di 200 euro in più all’anno per ogni cittadino anche per la tassa sui rifiuti. Aliquote stellari per Ici e Imu. Inevitabile? «Assolutamente inevitabile. Ora contiamo di ridurre. Dal 2015 la tassa sui rifiuti scenderà del 10 per cento». La somma dei tagli alle uscite e dell’aumento delle entrate sfiora i 40 milioni. Gran parte del pozzo è scalato. L’11 febbraio, anniversario dell’apparizione della madonna di Lourdes, dei patti Lateranensi e delle dimissioni di Benedetto XVI, ad Alessandria verrà ricordato come la data della lettera della Commissione del ministero dell’Economia che approva finalmente il bilancio dell’amministrazione. Tornano le vacche grasse? «Nemmeno per sogno », risponde il sindaco. C’è ancora da aggredire gran parte del debito del passato, i famosi 216 milioni da restituire ai creditori. Se ne occupano i commissari incaricati di gestire il fallimento. Ma una parte del lavoro sta dando i suoi frutti. Tanto che il Comune può permettersi di mettere mano al portafoglio: «Abbiamo cominciato a ricoprire le buche nelle strade », confessa il sindaco. E lo dice quasi sottovoce: come se si trattasse di una spesa voluttuaria.
Paolo Griseri, la Repubblica 11/8/2014