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 2014  agosto 11 Lunedì calendario

I GENITORI ANAGRAFICI DEI GEMELLI CONTESI “PRONTI AL DIALOGO”

ROMA.
Un varco, un dialogo, un incontro forse. Lontani dalle aule dei tribunali. Facendo prevalere l’umanità sulla “guerra”, e il bene dei bambini al di sopra di tutto. Un incontro privato, senza altri occhi, tra quattro persone la cui vita è stata sconvolta dallo stesso (madornale) scambio di provette avvenuto all’ospedale Pertini di Roma. «Nessuno può essere escluso dalla vita dei gemelli», avevano detto ieri in un’intervista a Repubblica Paolo ed Elisa, i genitori “genetici” dei due piccoli nati il 3 agosto scorso all’ospedale dell’Aquila. Un’intervista in cui ribadivano ancora il loro desiderio di incontrare l’altra coppia. Anna e Luca cioè, madre e padre oggi di due figli sani e belli che non hanno però il loro Dna. Le parole di Paolo ed Elisa hanno lasciato un segno. Perché a sorpresa dall’avvocato Michele Ambrosini, legale di Anna e Luca (tutti i nomi sono di fantasia) arrivano adesso segnali di apertura. Anzi, qualcosa di più. «Facciamo calmare le acque, con il tempo ci sarà modo di organizzare degli incontri e dialogare. Il tutto, mi auguro, nel rispetto dei bimbi e il più lontano possibile dalle aule di un tribunale». Dunque in questa dolorosissima vicenda, si potrebbero profilare delle soluzioni extragiudiziare? Una specie di famiglia allargata cioè, in cui nessuno viene escluso appunto dalla vita dei gemelli?
È davvero presto per dirlo. Ma è evidente che forse questa è l’unica strada. Per due motivi. Il primo è che per la legge i due bambini sono a tutti gli effetti figli di Anna e Luca, che infatti li hanno già registrati all’anagrafe. Per nove lunghi mesi Anna ha portato in grembo i gemelli, li ha nutriti e fatti crescere dentro di sé, e poi una settimana fa li ha partoriti. Per la legge e per lo Stato questo basta: quei bimbi sono “suoi”, per diritto Anna ne è la legittima madre. E dopo la bocciatura del ricorso d’urgenza decisa nei giorni scorsi dal tribunale civile di Roma (in cui la coppia genetica chiedeva che i piccoli non fossero registrati all’anagrafe e che comunque fossero affidati a loro) si capisce che la via giudiziaria potrebbe essere durissima e dolorosa.
Il secondo motivo è che sia Paolo ed Elisa, che Anna e Luca sanno bene che la situazione è assai più complicata: perché i bambini partoriti da Anna hanno il Dna di Paolo ed Elisa. Un dato con cui tutti, e in particolare i bambini, dovranno fare i conti per la vita intera. C’è un enorme dolore in entrambe le coppie. Ma l’avvocato Michele Ambrosini ci tiene a sottolineare però che anche Anna, la sua assistita, oggi diventata madre, è stata vittima della stessa “perdita” che affligge la vita di Elisa. «Anche lei ha perso i suoi embrioni, perché nessuno ne parla? Le parole che ho letto su Repubblica — continua l’avvocato Ambrosini — arrivano a poche ore dalla decisione del giudice, che ha respinto quella che definisco una sorta di aggressione giudiziaria. Ricordiamoci che era stato chiesto di bloccare l’iscrizione all’anagrafe e di affidare i bambini ad un istituto subito dopo la nascita». Proprio per questo, per placare gli animi e l’emotività, Ambrosini spera che la situazione si tranquillizzi. Una tregua utile a tutti. «Sono certo che in futuro si troverà una soluzione, con l’avvio di un dialogo tra le coppie».
Ieri Paolo ed Elisa, i genitori genetici, avevano rotto il silenzio. Raccontando giorni di dolore e solitudine. «Ci sentiamo ignorati. Nessuno considera i nostri diritti, nessuno riconosce il nostro ruolo fondamentale in questa vicenda. L’affettività, che è il tema ricorrente nella sentenza, viene attribuita solo a loro, ma anche noi amiamo questi bambini. E il legame che ci unirà a loro non dura 9 mesi, ma tutta una vita». E poi, ancora, con le parole di Elisa. «Chiediamo scusa se il nostro ruolo è “scomodo”, e se, per la legislazione italiana, non esistiamo. Ma di una cosa sono sicura: renderci invisibili non è fare il bene dei bambini. Quale colpa dobbiamo ancora pagare per essere stati oggetto di un paradossale scambio di ciò che era nostro, e che per errore è diventato altrui? Quanto ancora dobbiamo soffrire?».
Maria Novella Del Luca e Fabio Tonacci, la Repubblica 11/8/2014