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 2014  agosto 11 Lunedì calendario

“NON È CANDIDABILE PERCHÉ CONDANNATO” RISPUNTA IL CAVILLO

Magari sarà una questione di cavilli, che sono poi la versione giuridica della buccia di banana. «Guardi che Carlo Tavecchio non è eleggibile», dice con voce pacata Luigi Ragno, 74 anni, ex sottotenente dei carabinieri («ma solo nei venti mesi di leva»), ex direttore di banca, e per trent’anni in Federcalcio. «Basta leggere l’articolo 29 del nuovo statuto della Figc: la riabilitazione è espressamente richiamata in riferimento a provvedimenti disciplinari sportivi, e non quando si parla di condanne penali, dove invece non è indicata. Poi però non ho idea di come andrà, perché ne ho viste di tutti i colori». Specialmente tra il 1999 e il 2000, quando da vice presidente della Lega Nazionale Dilettanti Ragno si trovò proprio al fianco di Tavecchio, al suo primo mandato: il numero uno aveva fatto alcune operazione bancarie «con gravi irregolarità», secondo Ragno, che aveva presentato immediate dimissioni. «Era il 24 ottobre 2000 - ricorda oggi l’ex vice presidente - e scrissi una lettera a diversi organi federali, anche per tutelare la mia persona: con i precedenti che all’epoca aveva Tavecchio, e che tutti conoscevano, non si potevano lasciare venti miliardi di lire in un conto di private banking, e con una sola persona con potere di firma, lui». Non successe nulla. «L’unico risultato fu che il collegio dei revisori minacciò di querelarmi per diffamazione: bene, risposi, almeno chiariremo tutto davanti a un tribunale. Ho sempre tenuto tutti i documenti. La denuncia non arrivò mai».
Quindici anni più tardi, tutto può ruotare ancora attorno alle precedenti condanne di Tavecchio (totale, 1 anno e tre mesi) nonostante furono pene sospese e con non menzione sul certificato penale. Su questo tema si erano innescate interpellanze parlamentati, ma Tavecchio aveva alzato lo scudo: un parere sulla sua candidabilità richiesto alla Corte Federale nel 1999, e la riabilitazione ottenuta in base all’articolo 178 del codice penale. Tutto vero, ma discutibile, almeno secondo alcune fonti vicine alla giustizia sportiva della Federcalcio. «Ricordo che emettemmo un parere - dice il professor Andrea Manzella, illustre costituzionalista ed ex presidente della Corte - e molto ben motivato. Certo, era il 1999, e tenemmo conto della normativa sportiva e penale dell’epoca». Nel frattempo, lo statuto della Figc è cambiato quattro volte, l’ultima il 30 luglio scorso, con decreto del commissario ad acta, il professor Giulio Napolitano.
Il punto è l’articolo 29, dove l’inciso «salva riabilitazione», è indicato solo nella frase dei provvedimenti sportivi, non nel periodo seguente, quando si parla di «condanne penali passate in giudicato per reati non colposi» con pene detentive superiori a un anno. Interpretazione letterale: se l’estensore avesse voluto prevedere la riabilitazione anche per le condanne penali, l’avrebbe specificamente indicato. «Forse è la sorpresa di Malagò», sorrideva ieri un giurista. Dopo di che c’è pure la lettura favorevole a Tavecchio, ovvero in linea con i principi giuridici generali: in fondo la riabilitazione, tra le altre cose, serve proprio per evitare gli effetti deteriori che una condanna produce sotto il profilo sociale e lavorativo. Se ne può discutere, insomma: come potrebbe poi decidere di fare il Coni, come organo di sorveglianza, tenuto a ratificare i risultati dell’assemblea.
Massimiliano Nerozzi, La Stampa 11/8/2014