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 2014  agosto 11 Lunedì calendario

LE DENUNCE: OLTRE 30 MILA L’ANNO

Sono oltre 30 mila i sinistri medici denunciati ogni anno. Incidenti, non sempre ascrivibili a malasanità, che costano allo Stato circa due miliardi l’anno secondo una stima riportata dall’Ania (l’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici). E che hanno favorito l’espandersi del fenomeno della «medicina difensiva» e i relativi costi: circa 13 miliardi l’anno. Insomma, da qualsiasi punto di vista si analizzi, il problema degli errori nelle strutture mediche avrebbe bisogno di un piano di emergenza per uscire da un grande caos nel quale ora entrano anche i liberi professionisti (medici, veterinari, psicologi e tutte le professioni sanitarie) considerando che per loro manca tutta la disciplina attuativa dell’obbligo assicurativo (si veda altro articolo a pagina 3). Ma andiamo con ordine.
La fotografia. La stima dei sinistri denunciati alle imprese di assicurazione italiane nel 2012 è risultata pari a 31.200 (di cui 19.500 relativi a polizze stipulate dalle strutture sanitarie), con una lieve riduzione (0,7%) rispetto all’anno precedente. Il rapporto tra sinistri e premi (loss ratio) per le varie generazioni di sinistri si attesta al 173 per cento. Per ogni 100 euro di premi incassati, cioè, le compagnie ne hanno pagati (o stimano di pagarne) 173 sotto forma di risarcimenti. Tuttavia, mentre fino al 2005 il disavanzo tecnico aveva assunto valori particolarmente elevati, con un rapporto tra sinistri e premi giunto a superare il 310%, negli ultimi anni lo squilibrio è risultato più contenuto. A fine 2012 la stima dei premi nelle coperture assicurative di ospedali e strutture sanitarie per la prima volta ha mostrato un decremento (-4,3% a 288 milioni) nonostante i presumibili significativi aumenti tariffari resi necessari per fronteggiare le continue perdite del ramo. Includendo anche le polizze sottoscritte direttamente dai medici (255 milioni, +14%) nel 2012 sono stati incassati premi per complessivi 543 milioni (+3,6% rispetto all’anno precedente). La fotografia è contenuta nel rapporto «Malpractice, il grande caos», da poco pubblicato dall’Ania.
La medicina difensiva. L’aumento delle denunce nel tempo (erano appena poco più di 9.500 l’anno nel 1994) ha portato ad un sempre più diffuso ricorso alla medicina difensiva da parte dei sanitari al fine di limitare i rischi legali connessi alle richieste di risarcimento. Secondo la principale ricerca condotta in materia, e che risale al 2010, la medicina difensiva pesa per circa l’11,8% nella spesa sanitaria complessiva. Un onere (per lo più a carico dei pazienti) di circa 13 miliardi che potrebbe essere significativamente ridimensionato affrontando le cause che hanno dilatato il fenomeno della malpractice medica. Spaventati dalla possibilità di commettere un errore, infatti, i medici prescrivono una serie di analisi e controlli ai pazienti proprio per evitare di sbagliare. Come a dire, se i medici avessero più garanzie e fossero introdotte misure per ridurre la rischiosità, avrebbero meno paura di sbagliare e non prescriverebbero così tante analisi.
Il danno per l’erario. Le lungaggini processuali per arrivare a sentenza definitiva rendono complicato stimare il costo sociale ed economico della malpractice che secondo alcuni centri di ricerca potrebbe giungere a circa 2 miliardi l’anno, sommando i premi assicurativi pagati dalle amministrazioni degli ospedali al risarcimento diretto dei sinistri che rimangono a loro carico per le franchigie contenute nelle polizze o per le scelte di autoassicurazione. Potrebbe sembrare financo un problema marginale, una goccia nel mare magnum della spesa sanitaria (109,2 miliardi nel 2013). Ma non è così perché associato alla malasanità vi è il fenomeno della medicina difensiva, cioè dei trattamenti prescritti in eccesso dai medici ai loro pazienti allo scopo di evitare futuri rischi legali. Ebbene questa voce di spesa, secondo i diversi studi sul tema (anche in questo caso discordanti tra loro) pesa tra i 10 e i 13 miliardi l’anno sulle spalle dei contribuenti.»
Le possibili soluzioni. Oltre il 50% degli «eventi avversi» in sanità, secondo l’Ania, potrebbero essere evitati con appropriate misure di risk management. Ad oggi mancano, infatti, regole chiare per le regioni che sempre più spesso decidono di coprire per proprio conto il rischio di malasanità. E tutto ciò espone gli enti locali, a causa del lungo iter dei sinistri prima di venire risarciti, al rischio di accumulare nel tempo impegni ingenti di ammontare pari se non superiore a quelli che negli anni passati hanno messo a soqquadro i bilanci regionali che hanno fatto ricorso a prodotti finanziari derivati. «Gli assicuratori italiani», dichiara il presidente Ania, Aldo Minucci, «intendono tornare a svolgere pienamente il proprio ruolo nella copertura dei rischi medici dando certezze ai pazienti vittime di “eventi avversi” e ai medici che svolgono la loro attività. Per far questo però occorre rimuovere le cause di fondo che hanno reso ingovernabile il fenomeno della malpractice. In particolare è necessario intervenire per: circoscrivere la responsabilità dei medici e delle strutture sanitarie; attuare idonee misure di gestione del rischio attraverso la nomina di un risk manager in tutti gli ospedali; porre un tetto ai danni non patrimoniali con l’approvazione delle tabelle di risarcimento dei danni biologici; definire linee guida mediche validate anche per contrastare il fenomeno della medicina difensiva che pesa per oltre l’11% sulla spesa sanitaria».
Ignazio Marino, ItaliaOggi 11/8/2014