Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 10 Domenica calendario

LA STAR SUO MALGRADO CHE RIMASE LOLITA PER SEMPRE

Lolita per sempre, e quindi condannata a non invecchiare, Brigitte Bardot, 80 anni il 28 settembre, è sparita dalle scene nel ’72, scegliendo un precoce viale del tramonto, illuminato solo dalla sconfinata passione per gli animali.
Al suo fianco, nella villa della «Mandrague», affacciata sul mare di Saint-Tropez, oppure, sempre più spesso, nella residenza «La Garrigue», in collina, c’è il quarto e più duraturo marito, Bernard d’Ormale, esponente della destra francese, legato al Front National di Marine Le Pen, pronto a proteggere l’inespugnabile desiderio di privacy della consorte. L’ultimo schiaffo al mondo che l’aveva idolatrata, ai fotografi che l’avevano perseguitata, agli intellettuali che l’avevano trasformata in icona di ribellione femminile, è stato sottrarsi per sempre agli sguardi e ai giudizi, lasciare campo libero alle rughe in piena dittatura del botox, subire la vecchiaia con lo stesso gusto sfrontato con cui, a suo tempo, aveva esibito la giovinezza: «Se mi sono ribellata alle regole l’ho fatto involontariamente. Non era il mio obiettivo».
Fin dall’inizio, fin dall’apparizione nella baia di Cannes, durante il Festival del ’53, paragonata dal primo marito Roger Vadim alla Venere botticelliana, Brigitte si era sempre data, senza parsimonia: «Lei era Eva prima che Dio perdesse la pazienza nel Giardino dell’Eden... La bocca innocente, sensuale, i perfetti occhi ovali, il naso delicato, le guance paffute come quelle di un bambino...». Ma Jean Cocteau la descrisse ancora meglio: «Forme perfette da piccola sfinge imbronciata». Un regalo meraviglioso che elettrizzò gli uomini, le cronache, il cinema di allora, ma che, in realtà, non venne mai ricambiato: «Quando un poeta si uccide - scrive Vadim, riferendosi al tentato suicidio dell’ex-moglie, al termine delle riprese del film di Clouzot La verità - si dice che era “stanco del mondo”. Anche Brigitte soffriva di questa stanchezza».
Una malattia difficile da attribuire alla divina interprete di E Dio creò la donna, alla ragazzina terribile che aveva conquistato le copertine dei settimanali più celebri (Playboy compreso), all’attrice voluta da Jean-Luc Godard per girare Il disprezzo, alla maestra di stile che lanciava mode senza volerlo, camminando scalza, indossando il bikini, ma ancora meglio il topless, posando per Andy Warhol, sposandosi (con Jacques Charrier) fasciata in un abitino a quadretti Vichy bianchi e rosa, firmato Esterel.
Figlia di un industriale facoltoso, cresciuta nel benessere, educata dalle suore, ballerina classica, poi modella e anche cantante, B.B. mostrava, nei confronti di se stessa e di tutta quella fama che l’aveva travolta poco più che bambina, un senso di serena strafottenza, un’incuria candida che taluni scambiarono per alterigia, per spirito contestatario, per leggerezza.
Farsi capire sul serio, per come era davvero, non fu la sua più grande preoccupazione. Prendeva gli uomini e li lasciava dando l’impressione che certe sviste, spesso, fossero solo colpa dell’attrazione fisica. Si avvicendarono, tra gli altri, Jean-Louis Trintignant, Gilbert Becaud, Sacha Distel, Samy Frey, Serge Gainsbourg, Gunther Sachs, Gigi Rizzi. L’unico figlio, Nicolas, nato dall’unione con Charrier, non era in cima ai suoi desideri: «E se il bambino non mi piace - chiedeva all’ormai solo confidente Vadim -? O se io non piaccio a lui?». Antitesi della madre mediterranea, estremamente femminile, ma anche un po’ maschiaccio, pura e insieme amorale, dominatrice e dominata, Bardot sentì presto che, per lei, l’unica possibilità di salvezza era fuggire dalla pazza folla: «Non me ne sono mai pentita - ha dichiarato -. Se non avessi fatto questa scelta, sarei finita come Marilyn Monroe o come Romy Schneider».
Il vuoto della sua seconda vita è pieno di animali di ogni tipo, cuccioli di foca in pericolo, cavalli destinati al macello, tori minacciati dalle corride, cani a rischio vivisezione. Attraverso la sua Fondazione, Bardot, la méprise, come recita il titolo del documentario di David Teboul andato in onda su Artè, si occupa, in fondo, di due cose che la riguardano da vicino, libertà e fragilità. Il cocktail esplosivo che creò la Bardot, ma non bastò a renderla felice.
F. C., La Stampa 10/8/2014