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 2014  agosto 10 Domenica calendario

KALASHNIKOV E SOLDI DAL GOLFO: COSÌ AL BAGHDADI GESTISCE L’IMPERO CHE SUPERA BIN LADEN

Ben armati, ben preparati e ben motivati. Sono i miliziani dello Stato islamico, la più giovane e forse più feroce internazionale del terrorismo islamico, guidata dal Abu Bakr al Baghdadi.
Lo scrittore egiziano Sayyid Qutb, considerato il padre della Jihad contemporanea, sosteneva la necessita della violenza politica per sostenere la causa islamica. A lui si ispirava Bin Laden e ora Ayman al Zawahiri e a lui si ispira anche Al Baghdadi. La differenza è che i primi credono nella creazione del califfato per adesione, l’altro crede nella sua imposizione. Questa la differenza filosofica alla base della divisione tra vecchia e nuova generazione di qaedisti. Ma è nel 2010 quando arria sulla scena al-Baghdadi che si ha un’accelerazione: pubblica la «Dichiarazione di nascita dello stato islamico», o Isi.
Lo Stato islamico in Iraq agisce con attentati negli anni del ritiro americano, tenendo gli occhi puntati sulla vicina Siria dove nel frattempo scoppia la sanguinosa primavera. La sete di ribellione dall’altra parte del confine porta alcune falangi a combattere contro Damasco, insinuandosi tra le pieghe di una opposizione armata dalle tante sfaccettature. Una di queste è Al Nusra, rappresentazione ufficiale di al Qaeda in Siria, al cui fianco combatte dapprima Al Baghdadi, approfittando dei ricchi foraggiamenti che arrivano da Arabia Saudita e Qatar, denaro e armi, oltre a qualche volontario fatto uscire dalle patrie galere di Riad e Doha. Riempiti i forzieri e le polveriere, Isi decide di mettersi in proprio e opera un restyling come «Stato islamico di Iraq e Siria». Lo strappo non piace ad Al Zawahiri che richiama il suo ex discepolo, lui risponde: «Scelgo di seguire i comandamenti di Dio non chi li contraddice».
La Siria si trasforma in un pantano e Isis guarda con interesse al suo Iraq dove il malcontento contro il governo sciita esplode in proteste nella provincia di Anbar. Dal valico di Al-Qoms gli jihadisti penetrano a centinaia e trovano nelle tribù sunnite, negli ex baathisti, e in alcuni membri delle Forze armate degli alleati per lanciare la propria propaganda e l’offensiva militare. All’inizio del 2014 conquistano posizioni arrivando sino a Falluja, fanno pensare a un’offensiva verso la capitale. Si fermano, consolidano le posizioni e fanno affari, controllano il commercio, hanno il racket del pizzo e investono in armi. A giugno riprende l’offensiva ma questa volta a nord, conquistano Mosul, la seconda città irachena, per costruire un corridoio tra Siria e Iraq. I miliziani sono presenti su un territorio esteso quanto il Belgio a cavallo di Siria e Iraq. Il 29 giugno al Baghdadi proclama la rinascita del Califfato. Nasce lo Stato islamico, gli elementi di rottura col passato sono la territorialità – Al Qaeda non controllava territori sovrani – e l’eliminazione degli sciiti che porta il Califfo a prendere le distanze da Hamas per le simpatie con Iran e Hezbollah.
Lo Stato islamico tra Siria e Iraq conta oggi più di 20mila mila uomini, inquadrati in battaglioni da circa 2 o 3mila membri, persone assai preparate, spesso anche tecnici come dimostra la capacità di gestire le dighe occupate nel corso delle battaglie e trasformate in bombe d’acqua. Jihadisti da tutto il mondo, nord-africani, afghani, pachistani, ceceni americani, australiani, ed europei. Affiliati all’Isis sono stati arrestati di recente in Francia e Spagna, mentre l’attentatore della sinagoga in Belgio era un seguace di Al Baghdadi. I finanziamenti arrivano da facoltosi uomini specie della Penisola arabica. Già forte di armi leggere, lanciagranate e mezzi blindati, nella fulminante offensiva del 10-14 giugno scorso, che l’ha portato a spezzare la resistenza di un esercito da 270mila uomini, si sono impadroniti di artiglieria da 122 e 130 mm, mortai, oltre 200 veicoli, tra cui Humvee, e alcuni elicotteri.
Come tutti le creature dell’era digitale anche il Califfato è preparatissimo sulla comunicazione, basti guardare il sito «Aletisam» dove c’è un’infografica della violenza da far invidia agli osservatori demoscopici. O gli annunci su Twitter o YouTube. Il sermone di al Baghdadi nella principale moschea di Mosul è un chiaro gesto di propaganda, come l’annuncio di «liberare Istanbul» perché la diga Ataturk ha ridotto il flusso dell’Eufrate. Per Richard Barrett, ex operativo Mi5 ed esperto di Soufan Group, «anche l’attacco americano è un punto a favore del Califfo che ha dimostrato di non essere un «provinciale» come diceva Al Qaeda, consacrando così la nuova generazione jihadista.