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 2014  agosto 11 Lunedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - LA BOCCIATURA DI MOODY’S


REPUBBLICA.IT
MILANO - Moody’s taglia le stime sulla crescita dell’Italia. L’Ocse, invece, vede una fase positiva. E così se l’agenzia di rating mette pressione a Renzi, l’organizzazione internazionale restituisce fiato all’azione di governo. Certo per Moody’s nel 2014 il Paese vedrà il proprio Prodotto interno lordo non salire del previsto 0,5%, ma scendere dello 0,1%. E la recessione peserà sulla politica fiscale e sul clima politico. Peggio, in un report dedicato al nostro paese dopo il dato sul Pil del secondo trimestre, Moody’s scrive che la lentezza delle riforme e le lacune nella performance di bilancio probabilmente aumenteranno le tensioni con i partner europei, soprattutto con la Germania.
A prova del ritardo e della lentezza italiana nel processo di riforme, però, Moody’s riporta anche un indice proprio dell’Ocse sulla "reattività alle riforme". L’Italia è ultima tra i paesi periferici della zona euro, assieme all’Irlanda, con un indice pari a 0,6. Al "top" la Grecia che sfiora l’1,6, quasi il triplo rispetto alla penisola, davanti alla Spagna che è attorno all’1,5 e al Portogallo che è sull’1,3 circa.
L’Ocse, stesso, però, non è dello stesso parere. Almeno a leggere il superindice pubblicato oggi secondo cui la situazione è in via di miglioramento e per l’Italia si sta delineando una fase "positiva". Secondo l’organizzazione internazionale, la crescita nell’Eurozona conferma "uno slancio stabile", ma
se in Germania continuano i segni di una "perdita di slancio", per l’Italia si delinea una fase "positiva". E così il superindice Ocse di giugno, che per l’Eurozona è stabile (-0,04%), per la Germania vede un calo dello 0,23% su base sequenziale e per l’Italia un aumento dello 0,1%.
Tornando alle stime di Moody’s, il rapporto deficit/Pil 2014 e 2015 è visto al 2,7%, con rischi significativi di ulteriori revisioni al rialzo. Per quanto riguarda il rapporto debito/Pil, Moody’s lo stima al 136,4% quest’anno e al 135,8% nel 2015. Il potenziale effetto del bonus di 80 euro, che, si legge nel documento, essendo entrato in vigore soltanto a giugno potrebbe avere un impatto nella seconda parte dell’anno. Il bonus di cui hanno beneficiato i dipendenti a basso reddito "è una misura importante", ma essendo entrata in vigore a giugno ha influito solo su uno dei tre mesi del secondo trimestre, rileva Moody’s. "I dati del secondo trimestre mostrano una debolezza dell’economia alquanto uniforme. Servizi, manifattura e agricoltura hanno dato un contributo negativo alla crescita, le esportazioni nette hanno frenato, mentre la domanda domestica è stata neutrale", ricapitola l’agenzia nel rilevare che "l’italia sta usando la politica fiscale per stimolare l’economia, una strategia che finora non ha tenuto il paese fuori dalla recessione".
La scorsa settimana era stato l’Istituto di Statistica (Istat) a rivedere le proprie previsioni per l’anno in corso, annunciando il secondo trimestre negativo del Pil italiano e l’ingresso del Paese di nuovo in recessione. Nei tre mesi finiti a giugno, il Pil è calato dello 0,2% rispetto ai primi tre mesi dell’anno, quando l’economia aveva registrato una contrazione dello 0,1%.

11 ago 2014 15:11
DOPO I CEFFONI DI ISTAT E DRAGHI, ARRIVA PER RENZI LO SGANASSONE DI MOODY’S: L’ITALIA CHIUDERA’ IL 2014 CON UN PIL A -0,1% CONTRO IL +0,5% STIMATO IN PRECEDENZA - L’AGENZIA DI RATING: “LA CRESCITA DEBOLE RENDE PIU’ COMPLICATE LE RIFORME” - - -
L’Italia chiuderà il 2014 con un Pil in contrazione dello 0,1% contro il +0,5% stimato in precedenza, e mancherà entrambi gli obiettivi governativi di deficit/Pil collocandosi al 2,7% quest’anno e il prossimo, con "rischi significativi" di sforare ulteriormente…

1 - MOODY’S,PIL ITALIA 2014 -0,1%, A RISCHIO STIME DEFICIT

MOODYS MOODYS

(ANSA) - L’Italia chiuderà il 2014 con un Pil in contrazione dello 0,1% contro il +0,5% stimato in precedenza, e mancherà entrambi gli obiettivi governativi di deficit/Pil collocandosi al 2,7% quest’anno e il prossimo, con "rischi significativi" di sforare ulteriormente. Lo scrive Moody’s dopo il ritorno della Penisola in recessione.



2 - MOODY’S, RIFORME ITALIA PIÙ COMPLICATE CON CRESCITA DEBOLE

(ANSA) - La crescita più debole del previsto "complica il passaggio e la realizzazione dell’agenda di riforme strutturali del governo Renzi". A dirlo è Moody’s, secondo cui "la lentezza nel procedere sulle riforme suggerisce che la popolarità del governo non si è ancora tradotta in spinta politica" a favore di "un insieme di riforme più ampio". Secondo l’agenzia di rating, con le sue affermazioni il Commissario alla spending review, Carlo Cottarelli, ha rivelato "le difficoltà dell’Italia nel rendere permanenti le riduzioni di spese di fronte alla pressione politica".

DAGOSPIA
Dicono i vecchi del Tesoro che la botta arrivata oggi da Moody’s fa ancora più male perché proviene da una struttura “moderata” e, in passato, giudicata quasi “governativa”. Eppure adesso i signori del rating a stelle e strisce scavalcano e anticipano in durezza i “cugini” di Standard & Poor’s non solo per rivedere al ribasso le stime della nostra economia, ma per dire senza mezzi termini che la “lentezza” delle nostre riforme alimenterà tensioni tra l’Italia e alcuni partner europei come la Germania.
Un fulmine a ciel sereno, per il governo Renzie, ma anche il segnale definitivo che la luna di miele globale è proprio finita, dopo che giovedì la Bce ci ha fissato l’agenda delle riforme economiche da portare a casa per uscire dalla recessione.
Con la ripresa delle tensioni sullo spread, per l’esecutivo guidato da Pittibimbo è suonata la campanella d’allarme e ora che Moody’s ha rotto il silenzio il clima non può che farsi sempre più difficile.
Nessuno lo confermerà mai, ma dietro al brusco “voltafaccia” dell’agenzia Usa c’è anche chi vede un messaggio degli stessi Stati Uniti, che non hanno gradito alcune mosse del governo. La prima, più datata, riguarda sempre la delicata partita degli F-35, dalla quale Renzie sogna di smarcarsi in qualche modo e sulla quale non vi sono stati passi concreti solo perché sul Colle c’è un garante degli accordi internazionali come Giorgio Napolitano.
La seconda mossa è dei giorni scorsi e riguarda il via libera dato da Roma ai cinesi in Cdp reti, che equivale ad aprire le porte a Pechino nel delicato settore delle reti energetiche e di telecomunicazioni. Dall’altra parte dell’Atlantico, la faccenda non è stata assolutamente presa bene.

L’INTERVISTA DI RENZI AL FINANCIAL TIMES
Il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha parlato con il Financial Times della situazione economica italiana – tornata di nuovo tecnicamente in recessione, per la terza volta dall’inizio della crisi – commentando anche l’esortazione di Mario Draghi, presidente della BCE, a fare le riforme che servono per invertire la tendenza.
«Sono d’accordo con Draghi quando dice che l’Italia deve fare le riforme, ma come le faremo è una cosa che deciderò io: non la troika, non la BCE, non la Commissione europea. Le deciderò io perché l’Italia non ha bisogno che qualcun’altro le spieghi cosa deve fare. [...] Tireremo questo paese fuori dalla crisi: l’Italia ha un grande futuro, le nostre finanze sono sotto controllo, continueremo ad abbassare le tasse e faremo cose rivoluzionarie. Nemmeno i dittatori facevano le cose velocemente come le stiamo facendo noi»
Nonostante il peggioramento della situazione del PIL, Renzi ha detto al Financial Times che non intende sforare il tetto del 3 per cento del rapporto tra deficit e PIL. Per non sforare il tetto serve tagliare il deficit (quindi una manovra) o crescere di più. Renzi pensa alla seconda ipotesi.
«Non ho alcuna intenzione di sforare il tetto del 3 per cento. Speriamo di avere migliori dati sulla crescita nella seconda metà dell’anno, così da portare il deficit al 2,9 per cento del PIL. Non sforeremo il 3 per cento: è una vecchia regola, e altri lo sforeranno, ma per l’Italia è una questione di credibilità e reputazione»
Renzi si è detto preoccupato per i rischi di deflazione nell’eurozona e per la forza dell’euro nei confronti del dollaro, che penalizza le esportazioni.
«Non sono un tipo che si spaventa… ma sarei felice di vedere l’euro un po’ meno forte nei confronti del dollaro e magari l’inflazione un po’ più alta»