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 2014  agosto 11 Lunedì calendario

FECONDAZIONE È UN ERRORE RINVIARE QUEL DECRETO


Il vuoto normativo non c’è: «I centri di fecondazione assistita autorizzati possono praticare già ora l’eterologa, purché rispettino tutti quei paletti che la legge 40 ha fissato per la procreazione medicalmente assistita in generale e tutti i meccanismi di controllo pubblico previsti e magari talvolta insufficienti». E l’unico vuoto normativo di un certo rilievo, il limite del numero delle donazioni, poteva essere definito tranquillamente con lo strumento delle linee guida, nella immediata disponibilità del ministero, e quindi senza pagare dazio a tempi parlamentari; ovvero con una norma primaria, magari contenuta in un decreto. Che poteva essere appunto quello che il ministro Lorenzin aveva apprestato.
Questo si deduce dalle dichiarazioni del neo presidente della Corte Costituzionale Giuseppe Tesauro; e indicazione più chiara di come il governo avrebbe dovuto muoversi non poteva esserci di quella contenuta nella sua intervista al Messaggero di ieri, essendo per altro Tesauro l’estensore della sentenza della Corte, attesa da dieci anni, che ha dato il via libera all’eterologa. Nonostante la difesa d’ufficio che il ministro Lorenzin ha dovuto fare della scelta del governo, cioè di Renzi, di ritenere, per motivi di rilievo etico, materia di ulteriore passaggio parlamentare l’attuazione della sentenza della Corte, aveva ragione la Lorenzin a seguire quanto meno la via dell’urgenza normativa sulla materia ricorrendo al decreto.
Posto che non non si era scelta, come pur si poteva e forse si doveva, la strada maestra delle linee guida. Al netto di qualsiasi obiezione sulla liceità morale della fecondazione eterologa (già in sé ad avviso di chi scrive poco sostenibile, essendoci da sempre una tecnologia sociale di riferimento collaudata cui poter guardare per i profili morali pur nuovi della fecondazione eterologa: l’adozione), da un riesame parlamentare della materia quale rilievo etico impediente un diritto riconosciuto dalla sentenza della Corte come diritto fondamentale di ogni cittadino poteva e potrebbe venirne? Chiaramente nessuno. Quindi il rimando alla Camere assume il sapore di una semplice manovra dilatoria per problemi di rapporti politici interni alla maggioranza del governo Renzi; maggioranza informalmente estesa chiaramente, anche in questo caso, a malpancismi di Forza Italia, oltre che a qualche resistenza identitaria interna a qualche forza di governo. Una dilazione di cui si poteva e si doveva tranquillamente fare a meno, perché la pronuncia della Corte non solo era da tempo nota, ma persino, per gli addetti ai lavori, prevedibile. E un ministero efficiente, trattandosi di materia delicata dove il fattore tempo può impedire a cittadini italiani, soprattutto meno abbienti, di non poter esigere, per le semplici leggi della biologia e dell’età, un diritto riconosciutogli dopo magari anni di attese e di speranze, avrebbe già dovuto avere nel cassetto le linee guida di attuazione di una sentenza prevedibile nei suoi effetti normativi, e un quadro chiaro della capacità dei centri pubblici e privati di darvi corso in sicurezza medica e giuridica.
Proponendo un decreto, la Lorenzin aveva dato mostra di esser consapevole che la politica era da tempo in ritardo sulla questione, tanto da essere stata ancora una volta surrogata da un tribunale, sia pure la Corte, e che era meglio non aggiungere ritardo a ritardo. Sarebbe stato meglio avesse tenuto il punto, e non avesse ceduto alle «ragioni politiche» (?) emerse in Consiglio dei ministri, che creeranno mesi di sofferenza in più a migliaia di coppie, e probabilmente, alla ripresa di settembre, qualche problema in più al governo, che linee guida e decreto gli avrebbero opportunamente evitato.