Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 10 Domenica calendario

BELLI, TRILUSSA E IL ROMANESCO “CATTIVO”


I PERSONAGGI
Giuseppe Francesco Antonio Maria Gioachino Raimondo Belli (1791 - 1863) e Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, più noto come Trilussa che è l’anagramma del cognome (1871 - 1950), sono, forse con Cesare Pascarella (1858 - 1940), i campioni della poesia in romanesco: hanno elevato quasi a una lingua un dialetto vernacolare; hanno raccolto la voce del popolo; i loro componimenti sono spesso fulminanti. Per ricordare quanto Carducci diceva di uno di loro, in questo caso Pascarella, sollevano «di botto con pugno fermo il dialetto alle altezze epiche». Entrambi hanno una piazza a Trastevere intitolata al loro nome. Belli, davanti a Ponte Garibaldi; Trilussa davanti a Ponte Sisto: ognuna con un monumento dedicato all’autore; quello di Belli è anche una fontana, del 1913; quello di Trilussa riporta due quartine, intitolate «All’ombra». Se Belli irrideva la Roma dei papi, Trilussa ha commentato mezzo secolo di vita, dai primi del Novecento, al fascismo, al dopoguerra: corruzioni, gerarchi ed intrallazzi. Fu il sesto senatore a vita nominato dal presidente Luigi Einaudi: sostituì Arturo Toscanini, che si era dimesso, il 1 dicembre 1950. Da tempo era malato, gli restavano ancora venti giorni appena; e, con il suo solito humour, commentò: «Mi hanno nominato senatore a morte».
SONETTI “SCANDALO”
E’ il massimo poeta dialettale dell’Ottocento. Scrive 2.279 sonetti, 32 mila versi: più del doppio della Commedia di Dante; e, nonostante le difficoltà idiomatiche, sono stati anche tradotti in inglese: 73 sonetti a tema biblico, dallo scrittore Antony Burgess. Ma ne esistono pure versioni in francese. Belli, impiegato pontificio, considerava i versi composti troppo scandalosi: li affidò a un prete, Vincenzo Tizzani, incaricandolo di bruciarli alla sua morte; ma per fortuna, non lo fece. Scriveva in endecasillabi; nella sua Introduzione ai sonetti, spiega: «Ho deliberato di lasciare un monumento a quello che oggi è la plebe di Roma. In lei sta un certo tipo di originalità». E detta parecchie regole per la traslitterazione di una lingua verace. «Non casta, non pia talvolta, sebbene devota e superstiziosa, apparirà la materia e la forma»; «i popolani non hanno arte alcuna. Tutto esce spontaneo dalla natura loro». E’ al Verano.
LE FAMIGLIE
Se Belli era figlio di una famiglia benestante, Trilussa di un cameriere di Albano e una sarta bolognese. Esordisce ad appena 16 anni: presenta un componimento a Gigi Zanazzo e gli chiede di pubblicarlo sul Rugantino, rivista dialettale fondata nel 1848. Si chiamava L’invenzione della stampa: «Mo ce so’ tante porcherie/ de libri e de giornali che pe ’n sordo/ dicono un frego de minchionerie». Raccoglie le prime poesie in volume nel 1887, la sua produzione è stata assai intensa e doviziosa, una quarantina di libri. Anche Claudio Baglioni ha adottato la sua Ninna nanna della guerra; colti compositori come Alfredo Casella ne hanno musicato le rime; una, recitata in udienza da Giovanni Paolo I; è stato anche padrino di battesimo di Sandro Ciotti, famosa voce (roca) della radio e tv; perfino Jovanotti, Lorenzo Cherubini, ha evocato la sua celebre poesia sui polli: «Me spiego: da li conti che se fanno/ seconno le statistiche d’adesso/ risurta che te tocca un pollo all’anno:/ e, se nun rientra nelle spese tue/ entra ne la statistica lo stesso/ perché c’è un artro che ne magna due».
Nel Medioevo il romanesco ha subito una toscanizzazione: il volgare che si parlava a Roma, lo dimostrano antichi testi, era assai più vicino al napoletano, e agli altri dialetti laziali, da cui è sensibilmente diverso. La toscanizzazione avvenne, ovviamente, a partire dai ceti alti: dai banchieri fiorentini dei papi. Per questo il dialetto è più simile di quelli della regione all’italiano. I più antichi esempi si trovano nella catacomba di Santa Commodilla (IX secolo), su alcuni dipinti nella basilica di San Clemente, del 1100, e in due anonimi, del XIII secolo e 1358, dedicato alla Vita di Cola di Rienzo. Scontati i dibattiti sul suo purismo: anche Trilussa finì sotto accusa: per Filippo Chiappini, suo grande amico, aveva dirazzato.