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 2014  agosto 10 Domenica calendario

LOTTA AL VIRUS EBOLA: «UN VACCINO ENTRO IL 2015»

Ha scritto una lettera a un giornale Kent Brantly, uno dei due medici statunitensi colpiti dal virus Ebola che da giorni si trova in isolamento nell’ospedale della Emory University di Atlanta (il suo collega si chiama Nancy Writebol). Il medico contagiato in Liberia si sta curando con un farmaco mai sperimentato prima sull’uomo (ZMapp) prodotto da una piccola società di biotecnologia di San Diego. Nella lettera conferma che le sue condizioni migliorano: «Divento più forte ogni giorno». Tuttavia, nonostante le buone notizie, il suo caso sta mobilitando la comunità scientifica internazionale e suscitando qualche polemica. Il dilemma è se sia il caso oppure no di usare farmaci sperimentali per combattere l’epidemia.
L’Oms (Organizzazione mondiale della sanità) non esclude che il contagio possa travalicare le frontiere africane e assicura che entro il 2015 sarà messo a punto un vaccino. «Il nostro obiettivo è di iniziare i test a settembre — ha spiegato il direttore del dipartimento immunizzazione Jean-Marie Okwo Be’le’ alla radio francese Rfi — prima negli Usa e poi in un Paese africano, visto che è lì che abbiamo i casi. Verso fine anno potremmo avere i risultati e trattandosi di un’urgenza si può pensare a procedure accelerate per averlo a disposizione nel corso del 2015». I test partirebbero su una formula messa a punto dalla multinazionale britannica Gsk. E già domani l’Oms riunirà un comitato di esperti di bioetica e medicina per affrontare la questione, più etica che scientifica, se sia lecito far fronte con un farmaco sperimentale all’emergenza di una malattia con un livello molto alto di mortalità. Lo ZMapp, che starebbe dando buoni risultati sui due medici infettati, è un serio prodotto a base di anticorpi creati nel sangue dei topi di cui non si conosce l’effettiva efficacia. Il problema però è un altro. Come dice Stefano Vella, direttore del dipartimento del farmaco dell’Istituto superiore della sanità, «anche se questi anticorpi dovessero confermare di essere in grado di contrastare l’emergenza dell’epidemia si porrebbe il problema della quantità. Non ce ne sarebbe abbastanza». Ebola, spiega Vella, non è come l’Aids. «Si sa ancora poco perché la ricerca non è stata sviluppata abbastanza, per via dei costi e perché è un tipo di epidemia confinata in alcune zone del pianeta. Per sperimentare un vaccino e per mettere a punto un farmaco serve molto tempo. Al momento c’è solo la terapia degli anticorpi monoclonali, quella sperimentata sui due medici, che si usano anche per malattie di tipo reumatico e per alcune tipologie di cancro». In attesa del vaccino Vella suggerisce un uso «compassionevole» del farmaco. «La mortalità di questa epidemia è talmente alta che non c’è bisogno di fare la sperimentazione». Spinge per l’uso del farmaco sperimentale anche l’organizzazione Samaritan’s Pursue, per la quale lavorano i due medici contagiati. Che però individua, come Vella, il problema dei tempi: «Ci saranno voluti due mesi per produrre un paio di grammi del siero utilizzato su queste due persone, se abbiamo bisogno di mille dosi potrebbero volerci sei mesi o un anno».
Intanto cresce l’allerta a livello internazionale. Per evitare la diffusione del virus, l’India ha mobilitato l’attenzione nei porti e areoporti. In Nigeria il presidente Goodluck Jonathan ha dichiarato lo stato di emergenza, mentre la Guinea ha annunciato la chiusura delle frontiere con la Sierra Leone e la Liberia.