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 2014  agosto 11 Lunedì calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 11 AGOSTO 2014

La notizia della nascita dei due gemellini contesi è arrivata venerdì mattina mentre nell’aula 115 del Tribunale civile di Roma stava per iniziare l’udienza. La mamma biologica ha messo al mondo con un parto cesareo un maschietto e una femminuccia, anticipando di qualche giorno il parto previsto per il 12 agosto. Tutto questo mentre la coppia di genitori genetici, cioè a cui appartiene l’embrione fecondato, stavano provando a fermare l’iscrizione all’anagrafe [1].

Questa la storia: nel dicembre 2013 cinque coppie si sottopongono a un trattamento di fecondazione assistita omologa (ovvero seme del futuro padre e ovulo della futura madre). Il trattamento avviene all’Ospedale Sandro Pertini di Roma. Ma i medici, colpevolmente ingannati da due cognomi assonanti, impiantano gli ovuli fecondati della coppia A (chiamiamoli signori Bianchi) nell’utero della signora della coppia B (chiamiamoli signori Rossi). A luglio i genitori naturali, cioè i Bianchi, inviano tramite il loro legale una diffida a tutte le anagrafi d’Italia, perché non accettino la registrazione di quelle future nascite [2].

I bambini sono nati alle 8,58 di domenica 3 agosto, all’ospedale San Salvatore dell’Aquila, a due minuti di distanza uno dall’altro: lui pesa due chili e quattro, lei un chilo e nove. Sono stati registrati allo stato civile dell’Aquila con il cognome del marito della donna che ha partorito. Hanno nomi esotici perché i genitori sono appassionati di discipline orientali [3].

Venerdì scorso il giudice monocratico Silvia Albano ha stabilito che i gemelli devono crescere con la madre biologica e con il marito e non con i genitori genetici. Dopo aver sottolineato come esista un vuoto legislativo, scrive il giudice nel provvedimento: «La letteratura scientifica è unanime nell’indicare come sia proprio nell’utero che si crea il legame simbiotico tra il nascituro e la madre. D’altro canto, è solo la madre uterina che può provvedere all’allattamento al seno del bambino. Non può, pertanto, non ritenersi sussistente un interesse dei minori al mantenimento di tale legame, soprattutto alla luce del fatto che i bambini sono già nati e nei loro primi giorni di vita deve ritenersi abbiano già instaurato un significativo rapporto affettivo con entrambi i genitori e sono già inseriti in una famiglia» [2].

I genitori genetici, per il giudice, potranno solo chiedere un risarcimento all’ospedale Pertini e intanto dovranno pagare la propria parte di spese legali. La coppia ora potrà presentare reclamo al collegio del Tribunale contro il diniego del provvedimento d’urgenza richiesto al giudice Albano o passare direttamente alla causa civile, più lunga, nel merito [4].

La legge italiana risalente al 1939 afferma che «la madre è colei che partorisce». Per quanto riguarda il padre, secondo la normativa in vigore quello genetico non può chiedere il riconoscimento dei figli nel caso essi siano già stati registrati all’anagrafe [1].

Spiega il professor Lorenzo D’Avack, presidente vicario del comitato bioetico nazionale: «Per effetto dell’articolo 253 del Codice civile il padre biologico non può aggredire quello legale, non può rivalersi contro di lui. Nel senso che non è ammesso un riconoscimento in contrasto con lo stato di figlio legittimo. E i gemelli, se registrati all’anagrafe, sono appunto figli legittimi» [1].

Mentre la madre genetica non avrebbe avuto chance a chiedere il riconoscimento, poiché appunto non ha partorito i due bambini, il padre genetico avrebbe potuto avviare la pratica se un’ordinanza del giudice avesse vietato la registrazione all’anagrafe. Oggi noi sappiamo che così non è andata. S’impone quindi un altro quesito. Com’è possibile che il padre gestante non abbia avuto problemi ad essere riconosciuto come il legittimo padre? L’articolo 231 del Codice civile stabilisce: «Il marito è il padre del figlio concepito o nato durante il matrimonio» [1].

Il giudice Albano si è rifiutato anche di rimettere la questione alla Corte Costituzionale, ritenuta l’unica alternativa per i genitori genetici. Non è d’accordo Amedeo Santosuosso, docente di Diritto, scienza e nuove tecnologie all’Università di Pavia: «È fondamentale che intervenga la Consulta per eliminare dal nostro ordinamento la presunzione assoluta che la partoriente sia l’unica madre possibile. Nel diritto italiano c’è una contraddizione, perché la discendenza per via materna è fatta di due elementi: l’ascendenza genetica e la gravidanza. Fino al 1978 questi due elementi coincidevano, ma poi è nata Louise Brown, la prima bambina concepita in vitro. Da allora è stata possibile la scissione tra madre genetica e gestante» [5].

C’è poi un’altra alternativa. I gemelli potrebbero procedere con una causa di disconoscimento di paternità, ma soltanto una volta cresciuti e divenuti maggiorenni, oppure a 16 anni, grazie a un tutore giudiziario. Prima è impossibile, secondo l’articolo 264 del Codice civile «colui che è stato riconosciuto non può, durante la minore età, impugnare il riconoscimento» [1].

Sono 72 mila le coppie che nel 2012 si sono sotto poste alla fecondazione assistita in Italia (ultimi dati disponibili). Il tasso di successo è del 21%, ovvero 15.760 gravidanze. Le strutture autorizzate a effettuare la fecondazione assistita sono 355 in 19 Regioni [6].

Chiara Saraceno: «A qualsiasi coppia il giudice avesse deciso di assegnare la titolarità genitoriale rispetto ai gemellini frutto di uno scambio di embrioni non si sarebbe trattato di una sentenza giusta. Perché questi bambini sono stati generati e portati alla vita dal fortissimo desiderio di quattro persone e dalla collaborazione fisica, corporea, di tre: i due genitori genetici e la madre gestante. Non è detto che se gli embrioni fossero stati impiantati nella donna, nella madre, “giusta” avrebbero trovato l’ambiente favorevole al proprio sviluppo e avrebbero potuto evolvere in feti e poi bambini» [7].

Uno dei temi centrali in questo caso è: quanto c’è di genetico e quanto di ambientale in un individuo? Il genetista Edoardo Boncinelli: «Una valutazione media porta ad associare a un adulto un 30-40% ai geni e un 30-40% alle vicende della vita. I numeri sono ovviamente diversi e molto più a favore della componente genetica se parliamo di un bambino piccolo o di un neonato. Sono almeno 30 o 40 anni però che ci si è resi conto del fatto che accanto alla componente genetica e a quella ambientale c’è una terza componente: quella casuale. Possiamo chiamare casuale tutto ciò che in un individuo non si spiega né con l’azione diretta dei geni né con l’influenza dell’ambiente […] Tutto questo ha ora anche un nome ufficiale: genetica dello sviluppo ed epigenetica. All’uomo, si sa, non piace l’idea di caso, senza pensare che se non ci fosse non ci sarebbe nemmeno la libertà» [8].

Secondo il filosofo Giovanni Reale «la contesa dei bambini è l’effetto collaterale della volontà perseguita dall’uomo di oggi di violare le leggi della natura. Credo che l’uomo sia drammaticamente conquistato da un eccesso di tecnica. E dalla certezza che la scienza può tutto. Mentre si è dimenticato, oltre la giusta misura, il rendersi conto che si sta negando la naturalità. Questo è uno di quei casi in cui l’uomo cancella la realtà ontologica. Da qui, la necessità di legare scienza, tecnica ed etica. E religione, non ideologia» [9].

A rendere ancor più complessa la faccenda, nello stesso giorno della sentenza sul caso dei gemellini, il governo ha deciso di bloccare il decreto sulla fecondazione eterologa che il ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva già preparato con tanto di bollinature degli uffici legislativi. «Troppe controversie, troppe divisioni col mondo cattolico. Non è materia da intervento del governo, deve pensarci il Parlamento», è la posizione di Matteo Renzi [10].

Che cos’è la fecondazione eterologa? Giorgio Dell’Arti: «Significa che faccio mettere incinta mia moglie da un terzo, sconosciuto, che ci dona il suo seme. L’ovulo di mia moglie viene fecondato così in laboratorio. Potrebbe anche trattarsi dell’ovocita di un’altra donna, che fecondo io, sempre in laboratorio, con il mio seme. Mia moglie porterà poi a termine la gravidanza, perché le impianteranno l’ovulo fecondato. È anche possibile il caso estremo: seme di un altro, ovocita di un’altra. Queste pratiche modernissime erano vietate dalla legge 40, tuttora in vigore, che ammetteva il ricorso al laboratorio solo all’interno della coppia. Ma lo scorso 9 aprile la Corte costituzionale stabilì che vietare l’eterologa era incostituzionale, vi furono polemiche, attacchi della Chiesa e contrattacchi alla Chiesa» [11].
Il decreto preparato dal ministro Lorenzin prevedeva l’anonimato dei donatori, un registro nazionale per la tracciabilità del donatore, limiti di età (20-35 anni per le donne e 18-40 per gli uomini), un limite di dieci gravidanze per ogni donatore eccetera. A far discutere più di tutto è la possibilità per i figli nati dalla fecondazione, dai 25 anni in poi, di conoscere i genitori biologici. E ancora di più il divieto di selezionare le proprietà genetiche, incluso il colore della pelle. [12].

«Il buon senso? Non pervenuto. Sarebbe bene se il bambino concepito attraverso il seme di un donatore somigliasse il più possibile ai suoi genitori, al fine di facilitargli al massimo la vita, non facendolo sentire diverso da suo padre e sua madre, eventualmente dai suoi fratelli. Direbbe, perciò, il buon senso che meglio sarebbe se genitori di pelle scura potessero avere un bambino di pelle scura, genitori bianchi un bambino bianco. Questi dettami di buon senso non sono peraltro una trovata estemporanea, bensì stanno iscritti nei protocolli internazionali che regolano la fecondazione eterologa» (Isabella Bossi Fedrigotti) [13].

Filippo Facci: «Partiamo dal dato economico, dati i tempi: assistere 10mila coppie sterili costerebbe allo Stato quasi un miliardo, dove lo troviamo? E se anche lo trovassimo, come lo spiegheremmo ai malati che oggi sono costretti a pagarsi i farmaci salvavita? Per gli aspetti etici, poi, servirebbe un libro: è davvero una buona idea che i figli dell’eterologa, a 25 anni, possano conoscere i loro veri genitori biologici? E perché i veri genitori biologici, se lo vogliono, viceversa non possono conoscere i loro figli?» [14].

Lo scorso 6 agosto il bollettino ufficiale della Regione Toscana ha pubblicato una delibera che fissa le direttive e legittima a tutti gli effetti i 22 centri di procreazione assistita presenti nella regione, pronti ad applicarla. Paolo Russo: «Su questi temi, del resto, la libertà di manovra dei governatori è sempre stata ampia. Basti pensare che l’omologa non rientra nei Lea, i livelli essenziali di assistenza a carico dello Stato, ma quasi tutte l’hanno autorizzata nei Centri pubblici dietro pagamento di ticket che svariano dai 500 ai duemila euro. Insomma, senza legge anche sull’eterologa si rischia un fai da te regionale che creerebbe nuove discriminazioni tra i cittadini» [12].

Note: [1] Grazia Longo, La Stampa 8/8; [2] tutti i giornali del 9/8; [3] Nino Cirillo, Il Messaggero 8/8; [4] Marco Lillo, il Fatto Quotidiano 9/8; [5] Elena Tebano, Corriere della Sera 9/8; [6] Corriere della Sera 9/8; [7] Chiara Saraceno, la Repubblica 8/8; [8] Edoardo Boncinelli, Corriere della Sera 8/8; [9] Carla Massi, Il Messaggero 9/8; [10] Mario Pappagallo, Corriere della Sera 8/8; [11] Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 29/7; [12] Paolo Russo, La Stampa 8/8; [13] Isabella Bossi Fedrigotti, Corriere della Sera 8/8; [14] Filippo Facci, Libero 31/7.