Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 08 Venerdì calendario

VELENI, ACCUSE, FAVORI GUERRA A ‘LA SAPIENZA’ PER LA SUCCESSIONE

Luigi Frati è furente. La bomba Schettino è esplosa nel momento più delicato del lungo regno del Magnifico alla guida de La Sapienza: il passaggio di testimone, dopo 6 anni di dominio incontrastato; di inchieste, parentopoli e veleni, e di un lungo risanamento ottenuto a suon di tagli.
La figuraccia dell’ex comandante della Costa Concordia invitato come ospite d’onore a un master organizzato dal primo ateneo di Roma brucia doppiamente al rettore plurindagato, perché covata nel ventre di “casa sua”: la facoltà di medicina. Dove moglie e figli di Frati hanno avuto tutti una travolgente carriera alle spalle. Quella del figlio Giacomo, ricercatore a 28 anni, professore associato a 31, titolare di cattedra a 36, ordinario di medicina nella facoltà diretta dal padre dove hanno trovato posto anche la moglie di Frati, Luciana Rita Angeletti laureata in lettere e docente di storia della medicina, e l’altra figlia Paola, laureata in legge ma assunta come docente di medicina legale. Nessun rilievo penale, ha chiarito la magistratura.
UNA MACCHINA GIGANTESCA OLTRE DIECIMILA DIPENDENTI
L’ultimo inciampo si aggiunge all’intricata contesa a sei per la sua successione, mettendo a rischio una certa continuità di gestione auspicata dai vertici all’ombra della Minerva.
“Schettino è la punta di un iceberg: è un sistema che non regge più. Mancano i fondi, i docenti si fanno la guerra e cercano di farsi pubblicità in ogni modo per trovare risorse”, raccontano nei corridoi della facoltà. Medicina è il cuore pulsante di un macchina amministrativa gigantesca. Il più grande ateneo d’Europa – 102mila studenti – vanta numeri impressionanti: muove un volume di risorse che supera il miliardo di euro; tra docenti e personale amministrativo conta più di diecimila unità (512 milioni, la spesa) e ogni anno riceve dallo Stato oltre 500 milioni di euro (577 nel 2013), che si sommano ai 124 milioni di “entrate proprie”, cioè le tasse e i contributi pagati dagli studenti. Da solo, docenti e ricercatori pesano per 319 milioni di euro di spese. La riforma Gelmini (di cui Frati è stato un grande sponsor) ha concentrato poteri e funzioni nelle mani di rettori e consigli di amministrazioni, trasformando le università in feudi. A La Sapienza, gli scandali non si contano più: l’ultimo riguarda un concorso di endocrinologia del settembre scorso, dove i nomi dei vincitori si conoscevano in anticipo, con tanto di autista di uno dei docenti finito tra i selezionati. Dallo scorso aprile, poi, Frati è indagato dalla Procura di Roma per abuso d’ufficio e falso ideologico, in merito ad un concorso per professore ordinario di anestesiologia e primario di anestesia all’Umberto I, il cui vertice è nominato dal Rettore.
SFIDA A SEI, FRATI SPERA IN UN PASSAGGIO SENZA STRAPPI
Frati preferirebbe un passaggio di consegne senza strappi. La partita è tra Andrea Lenzi, endocrinologo e presidente del Cun, Tiziana Catarci, docente nella facoltà di ingegneria informatica, Eugenio Gaudio, preside della facoltà di medicina, Renato Masiani, di architettura, Roberto Nicolai, alla guida di lettere e filosofia, e il prorettore Giancarlo Ruocco, ex capo dipartimento di Fisica. Ogni corrente cerca di spaccare il fronte avversario.
Dal canto suo, il Magnifico lascia in eredità il ritorno dei conti in segno positivo dopo anni di chiusure in deficit (70 milioni nel solo 2010) e una gestione verticistica che in tanti vorrebbero sovvertire. “Finora è mancata la trasparenza, soprattutto nell’assegnazione delle risorse. E questo ha favorito un sistema di potere consolidato”, spiega al Fatto Nicolai. Ruocco, invece, ha accusato apertamente il rettore di “influenzare le elezioni”. Il riferimento è alle procedure di assegnazione dei punti organico (le risorse per assumere docenti e ricercatori) che – secondo Rucco – starebbe favorendo i dipartimenti che appoggiano i candidati graditi al rettore. Nelle scorse settimane il senato accademico ha dato mandato al cda – presieduto da Frati – di assegnare anche quelli per gli ordinari. “Senza un semestre bianco – spiega Ruocco – le elezioni subiscono inevitabilmente l’influenza del rettore ”. Non è un mistero che le candidature di Gaudio e soprattutto di Catarci – prima candidata donna in 700 anni di storia dell’ateneo capitolino – siano ben viste dal rettore. La facoltà di medicina – guidata dal primo – conta da sola un terzo dei 3800 docenti dell’università: sulla carta ci sarebbero i numeri per passare già al primo turno. A complicare i piani è stato Lenzi, che vanta un curriculum prestigioso e per questo rischia di sottrarre i voti decisivi per far passare il preside di medicina senza inciampi. I giochi, quindi, sono ancora aperti. E così gli sgambetti si ripetono. Nessuno dei candidati è immune dai veleni. Ruocco è accusato di una gestione dispotica del dipartimento di fisica, e di aver avallato tutte le scelte di Frati, che lo ha nominato prorettore dopo il finanziamento di 20 milioni ottenuto dall’Istituto italiano di tecnologia di Genova, un carrozzone guidato da Roberto Cingolani ordinario di Fisica con ottime entrature politiche: è stato consulente di Raffaele Fitto alla Regione Puglia. Chi si è dimessa da prorettrice è Tiziana Catarci, conservando però la guida di Infostud, il gigantesco sistema informatico de La Sapienza (che gestirà le operazioni di voto) e il posto nel cda del consorzio Cineca. Lo stesso Lenzi è invece finito al centro delle polemiche per un concorso da ricercatrice vinto dalla figlia, risultata alla fine l’unica candidata.
La partita è apertissima.
Carlo Di Foggia, il Fatto Quotidiano 8/8/2014