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 2014  agosto 08 Venerdì calendario

“DEVASTANO LE CHIESE E VOGLIONO ANNIENTARCI IL MONDO CI AIUTI”

[Intervista al monsignor Saad Syroub] –
«Posso dirle una cosa? Ma da quanti giorni, quante settimane vi stiamo dicendo che qui c’è una persecuzione violenta e spietata? È una vergogna: non c’è stata nessuna reazione dal mondo, nessuna vera reazione. Non è solo una persecuzione di cristiani: tutti noi iracheni siamo nel mirino di questa violenza cieca e senza fine, guardi adesso cosa succede agli yazidi. Quelli devastano case e chiese, fanno saltare in aria moschee, terrorizzano tutti; i cristiani fuggono appena possono, perché abbiamo capito tutti di cosa sono capaci questi dell’Is. Accade da settimane, peggiora da settimane e dal mondo nessuna vera risposta». Al telefono dal Kurdistan la voce del vescovo caldeo di Bagdad monsignor Saad Syroub arriva a tratti. La linea è ottima, il telefono funziona bene: è lui che esita, sussulta, si interrompe paralizzato dall’indignazione. «Quante telefonate mi ha fatto? Quanti appelli abbiamo lanciato? Adesso in una sola notte 60 mila cristiani sono dovuti fuggire da Karakosh: voi non sapete cosa è quella città, è come se fosse Assisi in Italia, è un luogo centenario della cristianità. Fuggono a piedi, fuggono rapinati e depredati, fuggono terrorizzati. E nessuno, nessuno fa nulla».
Monsignore, ci si era illusi che l’avanzata dell’Is si fosse fermata. I cristiani ormai sembravano al sicuro nelle aree in cui si erano rifugiati. Anche voi da Bagdad in buona parte vi siete rifugiati in Kurdistan.
«Ma non è più chiaro cosa sia sicuro e cosa no: se questi terroristi non trovano freno alle loro azioni loro continueranno ad andare avanti. Il governo del Kurdistan sta facendo di tutto, ma innanzitutto non possono essere soli a fronteggiare militarmente i terroristi, e poi hanno sulle spalle un fardello incredibile, quello delle migliaia di profughi cristiani e di altre religioni che sono stati scacciati dall’Is».
Come vi state organizzando per accogliere i vostri fratelli?
«La Chiesa sta facendo di tutto per accogliere i fratelli rifugiati. Sono centomila: non solo Karakosh che è stata svuotata, ma anche Telkayf, Tellesqof, Batnaia, Bartilla, Karamless e Alqoosh. Tutti villaggi svuotati completamente dai cristiani. Noi apriamo quello che abbiamo: case, scuole, conventi, ospedali, tutto viene fatto con loro. Dove c’erano 50 profughi adesso arrivano adesso 100 famiglie. Ma non basta: questa è chiaramente un crisi di portata internazionale, che continuerà ancora per molti mesi».
I miliziani dell’Is hanno davvero una forza militare ancora così inarrestabile?
«Io non so dare una valutazione di questo tipo, ma è chiaro che adesso appena minacciano, appena avvertono i cristiani di un villaggio, di una nuova città quelli non possono che scappar via di corsa. Tutti hanno visto gli omicidi che sono stati compiuti. Adesso è tutta la valle di Ninive ad essere stata svuotata. Era la culla del cristianesimo in Iraq, ma soprattutto è la casa di popoli che non sanno dove andare, che vagano terrorizzati».
Cosa bisogna fare?
«Quello che chiediamo da settimane: bisogna organizzare una reazione, un freno, anche con un’operazione internazionale, perché sia il governo del Kurdistan che quello sciita di Bagdad non sono in grado di riorganizzarsi: a Bagdad non riescono ancora a formare un nuovo governo, e quello che c’è è paralizzato. Non fanno nulla. Bisogna che il mondo intervenga, decidano le Nazioni come agire, ma agiscano!»
Vincenzo Nigro, la Repubblica 8/8/2014