Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  agosto 08 Venerdì calendario

DAL BAR MARIO ALLE VIGNE IL LAMBRUSCO ROCK DI LIGABUE


Ragioniere, metalmeccanico, custode di pellicce, dee jay, cantante. E presto produttore di vino. Luciano Ligabue, un passato dai mille mestieri, ha già trasformato le note della sua
canzone «Lambrusco & pop corn» in reali bollicine rosate. Un Lambrusco rock. Ora sta cercando terre e vigne vicino alla sua Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Una luce nuova per il vino che ha sofferto un passato ultra pop, tra damigiane, lattine ed eccessi commerciali.
Per ora Ligabue sta promuovendo il Lambrusco di La Collina, azienda sociale e biodinamica che a Codemondo accoglie ragazzi tossicodipendenti. Ha coinvolto anche Oscar Farinetti. Il cantante ha anche creato una propria etichetta di Lambrusco con l’azienda Lini di Correggio, una delle protagoniste del rilancio di questo vino. Su 1.600 etichette ha scritto «Luna di febbraio». Un omaggio al nonno, che ogni anno preparava proprio a febbraio 1.600 bottiglie di Lambrusco. «Da lì è partita l’idea di produrre vino» racconta un amico del cantante, Filippo Polidori, che si occupa di comunicazione per la Tenuta San Guido (Sassicaia). «Ne abbiamo parlato a una cena con Farinetti. Ora si tratta di trovare l’occasione giusta. Luciano vuole acquistare un po’ di terra nella zona del Lambrusco».
Quando ci sarà la cantina l’anima rock del Lambrusco sgorgherà dalle bottiglie del cantante come nei testi delle sue canzoni. Il vino è il compagno ricorrente degli anti eroi di Ligabue. Anche quando non viene citato: che altro si può bere in «Certe notti», «fra cosce e zanzare e nebbia e locali a cui dai del tu»? Al «Bar Mario» si aprono bottiglie nostrane. Sembra di sentirle stappare, mentre parte la chitarra in «Sono qui per l’amore / per la chiave scordata in cantina, / per il giro del sangue e per quello del vino». Bottiglie per quelle notti in cui «fai un po’ di cagnara, che sentano che non cambierai più», o bottiglie aperte in solitudine, scrivendo una lettera («Caro il mio Francesco»): «Sarà che anche qui, le quattro del mattino / sarà che anche qui l’angoscia e un po’ di vino».
Il vino cantato da Ligabue è un compaesano, un vicino di casa. Così vicino da dedicargli, nel 1991, il titolo del suo secondo album, «Lambrusco coltelli rose & pop corn», pieno di fughe in cui si «galleggia a due dita dal fondo» con un bicchiere di Lambrusco «e un vassoio di mais già scoppiato».
È dal 1987 che il rocker di Correggio sale sul palco con la voce «baritonale, semplice e scura» (così la definì il sociologo Edmondo Berselli), scrive romanzi, dirige film. È arrivato il momento di recuperare lo spirito contadino della madre e del riscatto dei giorni in cui anche lui, prima del successo, lavorò nei campi. Il percorso si è intrecciato con i consigli di Giuseppe Palmieri, sommelier all’Osteria Francescana, il locale modenese di Massimo Bottura. Palmieri parla del Lambrusco in modo ispirato, citando Einstein. Alla Francescana, uno dei migliori ristoranti d’Europa, si dedica a questo vino «per il dovere di sostenerlo e per il diritto a sfatare l’immagine di prodotto povero e a buon mercato, destinato a container e autogrill». Guida una società di consulenza, ma lavora gratis se si parla di bollicine emiliane. Come quando gli si è presentato Giancarlo Aneri, appassionato personaggio del Prosecco e dell’Amarone. Palmieri ha accompagnato la nascita del Lambrusco Aneri, 15 mila bottiglie diventate vino di bordo per Air Dolomiti, con un posto sulle tavole milanesi di Carlo Cracco, mone-
gasche di Flavio Briatore, sarde del Forte Village. Le regole di ingaggio sono cambiate: invece di pensare a rifornire trattorie e supermercati, Aneri ha puntato sui locali migliori, proponendo il Lambrusco come il vino del nuovo lusso low cost. «Ha funzionato
— spiega Palmieri — servono persone che vengono da fuori, libere dai freni della tradizione, per capire meglio le grandi potenzialità delle nostro vino».
Cosa propone Palmieri alla Francescana? «Il Lambrusco di Alberto Paltrinieri e quello di Christian Belli di Cantina della Volta: romantici, raccontano poesie attraverso i loro vini. Come Anselmo e Mauro Chiarli: una famiglia che si dedica dal 1860 al miglioramento del Lambrusco. I piccoli? Consiglio il Falistra, un Lambrusco di Sorbara di Poderi Il Saliceto, creato dai vignaioli naturali Gian Paolo Isabella e Marcello Righi». In attesa che arrivi anche alla Francescana il Lambrusco rock di Ligabue.