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 2014  agosto 08 Venerdì calendario

DI CHI SONO I GEMELLI? [2

pezzi] –

LA SCIENZA È CHIARA LA GENETICA CONTA MOLTO DI PIÙ –
Di chi sono e di chi saranno i gemelli dell’ospedale Pertini di Roma. Dei genitori naturali o dei genitori che sono capitati per sbaglio in questa situazione? Diciamo subito che di cose del genere ne sono sempre accadute, in condizioni molto più normali, e non si capisce perché in questo caso si sia creata una questione così grossa. Forse perché così si vuole colpevolizzare certa medicina e più in generale la scienza. Sono decenni che si discute su quanto c’è di genetico e quanto di ambientale in un individuo, e sono stati raccolti dati e informazioni che tutti dovrebbero conoscere. Ma il nostro è un Paese che disconosce la realtà e preferisce occuparsi di supposizioni, promesse e dicerie. Andando da un estremo all’altro. Per il magistero della Chiesa chi possiede i geni di un essere umano è già un essere umano. Secondo alcuni articoli che si sono letti in questo periodo, invece, la componente genetica di un individuo ammonterebbe a uno scarso 1%! Solo l’ignoranza e la protervia che dominano nel Paese possono portare a dichiarazioni così aberranti. Tra l’altro, ammesso che il patrimonio genetico incida per l’1%, non si rendono conto costoro che un nucleotide piuttosto che un altro su un totale di tre miliardi, come dire meno di un centomilionesimo di quell’1%, può portare dalla vita alla morte o dalla salute a una sopravvivenza di qualche anno di patimenti e di stenti? Quello che scrivo da diversi anni è che non si deve disprezzare la componente genetica degli individui, perché anche se, per ipotesi, la componente genetica fosse proprio solo l’1% è sui prodotti genici di quell’1% che esercitano la loro funzione l’ambiente e lo stile di vita. Qual è allora la verità? Premesso che l’importanza della componente genetica, come di quella ambientale, varia da caratteristica biologica a caratteristica biologica, una valutazione media porta ad associare a un adulto un 30-40% ai geni e un 30-40% alle vicende della vita. I numeri sono ovviamente diversi e molto più a favore della componente genetica se parliamo di un bambino piccolo o di un neonato. Sono almeno 30 o 40 anni però che ci si è resi conto del fatto che accanto alla componente genetica e a quella ambientale c’è una terza componente: quella casuale. Possiamo chiamare casuale tutto ciò che in un individuo non si spiega né con l’azione diretta dei geni né con l’influenza dell’ambiente. Queste differenze riguardano anche il cervello, così che ci dobbiamo aspettare anche marcate differenze mentali e psicologiche fra un soggetto e un altro. In tutto ciò è riconoscibile l’operato del puro caso. Dubito che molti lo sappiano, o perché non lo sanno proprio o perché fanno finta di non saperlo. Nella definizione dei tratti generali e dei dettagli di un organismo in crescita il caso gioca un ruolo fondamentale, che ci piaccia o meno. Tutto questo ha ora anche un nome ufficiale: genetica dello sviluppo ed epigenetica. All’uomo, si sa, non piace l’idea di caso, senza pensare che se non ci fosse non ci sarebbe nemmeno la libertà. Nella strutturazione di un adulto intervengono molti microeventi che portano all’attivazione o all’inattivazione di questo o quel gene. E un gene inattivo è come se fosse assente. Solo un gene attivo fa sentire la sua voce, positiva o negativa. È per questo motivo che anche i figli degli stessi genitori possono essere così diversi. Che cosa concludere? Al momento i due gemelli sono prevalentemente figli dei loro genitori naturali, come lo saranno alla nascita. Fra 30 o 40 anni saranno parimenti figli dei loro genitori naturali e degli eventuali genitori «adottivi». Questo dice la scienza, cioè la ragione, ma poi c’è il cuore e quello, si sa, ha le sue ragioni. Sarebbe meglio non commettere errori, ma può anche essere che tutto questo produca un gruppo di persone più felici di quanto sarebbero state se niente fosse accaduto. Non si può non sperare, e magari smettere di polemizzare.
Edoardo Boncinelli


QUELLO CHE SUCCEDE IN GRAVIDANZA INFLUISCE SUL BIMBO –
Il dilemma etico che contrappone due coppie di coniugi, entrambe legittimate, da punti di vista differenti, a considerarsi genitori dei gemelli che nasceranno, non ha precedenti in quanto è la conseguenza di tecnologie procreative innovative, che solo recentemente hanno trovato ampia diffusione. Da una parte si fa appello al patrimonio genetico, dall’altra all’esperienza condivisa della gravidanza e del parto. In ogni caso si è infranta la continuità tra la catena biologica della specie e la storia dell’individuo. Interrogato in proposito, re Salomone non avrebbe dubbi: un figlio per ogni mamma. Ma oggi siamo troppo consapevoli dei rapporti profondi che intercorrono tra gemelli per condividere quella sommaria giustizia distributiva. In un mondo dove le scelte diventano sempre più frequenti, gravi e complesse, spesso non resta che scegliere il male minore. In questo caso, pur consapevole del dolore che qualsiasi decisione infligge alla coppia perdente, mi sembra da privilegiare l’interesse dei bambini che nasceranno. Bambini che al momento del parto hanno alle spalle una storia rilevante, quella della gravidanza. Già Freud osservava che, tra le due esperienze, vi è molta più continuità di quanto si creda e, di fatto, gli studi psicoanalitici sullo sviluppo infantile non hanno fatto che risalire all’indietro, sino ad anticipare, anche grazie all’integrazione con le neuroscienze, la nascita della psiche all’ultimo periodo della vita prenatale. La mente umana, come sostiene il recente libro di Massimo Ammaniti (psicoanalista) e Vittorio Gallese (neuropsichiatra) La nascita dell’intersoggettività , è sempre, sin dall’inizio, relazionale. Tanto che i primi scambi tra genitori e figli risultano, all’osservazione analiticamente controllata, già predisposti dal periodo prenatale, quando il feto costituisce, richiamando il famoso racconto di Conrad, una sorta di «compagno segreto». I miei studi sul femminile (I l bambino della notte. Diventare donna Diventare madre ) mi hanno condotto ancor più indietro, alle sorgenti della maternità, quando l’istinto agisce nei giochi e nei sogni delle bambine, attraverso le fantasie del figlio che nascerà. Quelle prefigurazioni sono destinate a riattivarsi nel corso della gravidanza, dando senso e scopo a un processo che è al tempo stesso organico e psichico. Franco Fornari lo ha efficacemente analizzato nei sogni con cui le gestanti si preparano al «lieto evento», il parto. Una esperienza che i padri ormai condividono sin dall’annuncio dell’ospite più atteso. Che, ancor prima della nascita scorra, tra madre e feto, una corrente di interazioni somatiche e psichiche è ulteriormente confermato dalle ricerche dello psicoanalista e neuropsichiatra Mauro Mancia, il quale è riuscito a provare l’esistenza di stati mentali condivisi attraverso la rilevazione di fasi congiunte di sonno Rem. In quel periodo della vita le esperienze, in quanto precedono il completo funzionamento dell’apparato psichico, vengono registrate come memorie implicite. Memorie senza ricordi eppure capaci di orientare le condotte future attraverso canali emozionali. I legami di attaccamento che si stabiliscono tra il nuovo nato e la madre hanno quindi una preistoria che non possiamo ignorare e che, in caso di conflitto, ci induce a favorire il loro rapporto. Se è vero, come sostiene Winnicott, che «quando nasce un bambino nasce una madre» è anche vero il contrario, che «la madre fa di un bambino un figlio».
Silvia Vegetti Finzi