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 2014  agosto 08 Venerdì calendario

E ADESSO NON CI RESTA CHE TREMARE SI RISCHIA UN DANNO DA 2,5 MILIARDI


Per il momento è una guerra commerciale a bassa intensità. Come tutto il resto del conflitto, peraltro. La Russia ha bloccato per un anno le importazioni di alcuni prodotti agroalimentari. È la risposta alle sanzioni decise da Usa, Europa, Canada e Australia dopo l’annessione della Crimea e la strana guerra con l’Ucraina: missili e proiettili fanno strage ma sembra che vengano sparati per autocombustione. Ieri il Cremlino ha diffuso l’elenco dei prodotti agricoli vietati. Si tratta di carne, pesce, frutta e ortaggi, latte, formaggi e derivati. Lo stop avrà ricadute evidenti sul made in Italy ma non ancora devastanti. Le nostre esportazioni di ortofrutta valgono 131 milioni, carni fresche e lavorate 78 milioni, latte e derivati 51 milioni. Un impatto che riguarda solo il 10,3% delle vendite delle specialità alimentari in Russia (circa un miliardo). Fortunatamente resta al momento fuori il grosso delle esportazioni rappresentato da vino e spumanti. Complessivamente valgono 260 milioni e sono in crescita rispettivamente del 12 e del 49%. Non è da escludere che questa specifica tutela abbia ragioni ben mirate: da una parte il fatto che proprio di recente la Gancia è stata acquistata da capitali russi; in secondo luogo il desiderio del Cremlino di non rompere con i produttori francesi di vino visto che, fino a questo momento il governo di Parigi è apparso assai poco disponibile a fare la faccia feroce. Tanto più che Hollande deve salvare la commessa per tre navi da battaglia ordinate dalla marina del Cremlino.
La decisione di Putin di limitare l’ampiezza del blocco non è dettato solo da ragioni di politica internazionale. Un occhio di rivguardo ha dovuto tenerlo anche per il mercato interno.
I supermercati russi dovranno trovare al più presto dei sostituti per riempire gli scaffali. L’agricoltura russa, nonostante molti campi siano coltivati non ha fatto molto bene dopo la fine dell’impero sovietico. I contadini hanno fatto fatica con la trasformazione in un sistema capitalistico e vista la fuga dei giovani russi nelle città le campagne sono state sottoposto ad un progressivo svuotamento. Le importazioni del Paese arrivano a coprire a metà del fabbisogno e la Russia assomiglia sempre di più ad un economia coloniale. La ricchezza è sostenuta soprattutto dalle esportazioni di materie prime: in questo caso il gas. Per il resto il Paese non produce molto. Soprattutto è debole sotto il profilo agricolo. Chissà come si rivolteranno nella tomba i vecchi capi comunisti vedendo il risultato dei loro faraonici piani quinquennali.
Per Putin, naturalmente, la necessità di non esagerare con le asprezze del blocco. Proprio per questo, alla fine, il costo maggiore per lo stop finirà per ricadere sulle realtà più piccole che producono in Italia. I gruppi maggiori, come per esempio Cremonini, non ha problemi essendo già da tempo insediato nella ex Unione Sovietica con un proprio stabilimento.
Certo nessuno può stare tranquillo. Come in tutti i conflitti c’è sempre il pericolo dell’escalation. E quindi uno scontro a bassa intensità potrebbe trasformarsi in una guerra. Non parliamo naturalmente di cannonate ma delle ritorsioni commerciali. In questo caso il danno per l’Italia potrebbe arrivare fino a 2,5 miliardi. Sarebbe la conseguenza dell’inasprimento del confronto militare legato all’intervento di truppe russe in territorio ucraino. L’invasione, seppur temporanea, comporterebbe l’inasprimento delle sanzioni da parte di Stati Uniti ed Europa. L’attività economica russa registrerebbe una brusca frenata (-2,2% nel 2014 e -4,5% nel 2015) a causa del drastico calo degli investimenti e dei consumi legati al forte deprezzamento del rublo. In questo scenario il rallentamento dell’export italiano sarebbe pari al 12% nel 2014 e dell’11% nel 2015, esteso a più settori. Le nuove sanzioni avrebbero un impatto più significativo sull’economia russa rispetto alle precedenti. Il nuovo pacchetto andrebbe infatti ad agire su un paese con un quadro macroeconomico indebolito (il FMI a luglio ha rivisto al ribasso le previsioni di crescita del PIL russo per il 2014 passate da 1,3% a 0,2%).
Come un onda concentrica l’allargamento della guerra commerciale potrebbe portare verso risultati di ampiezza enorme. Il blocco bancario disposto dagli Usa strangolerebbe l’economia russa e il Cremlino sarebbe costretto a reagire. L’Italia dovrebbe congelare investimenti strategici: Rosneft che è grande azionista di Pirelli e di Saras, Lukoil che ha acquistato le raffineria siciliane della Erg, Vimpelcom da cui dipendono i telefonini Wind. Meglio non pensarci.