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 2014  agosto 08 Venerdì calendario

ALLARME PER I CAMPI PROFUGHI. E BERGOGLIO CONVOCA I NUNZI


IL VATICANO
CITTÀ DEL VATICANO Alcuni giorni fa in Libano, nella sede estiva del patriarcato maronita, situato a Dimane, nel Nord del Paese dei cedri, si è tenuta una riunione a dir poco drammatica. Una ventina tra vescovi e ausiliari libanesi e siriani hanno fatto il bilancio della noncuranza occidentale nei confronti dell’inarrestabile ascesa del Califfato. I campi profughi stanno scoppiando di gente in fuga dalla Siria e dall’Iraq, importanti siti storici sono stati distrutti dalla furia iconoclasta delle milizie di Al Bagdadi, le chiese e le moschee profanate ormai non si contano, anche se i cristiani restano i principali bersagli della tempesta senza precedenti che sta mutando l’assetto sociale dell’intera area.
LA DENUNCIA
Ormai è chiaro che la situazione sta sfuggendo di mano. Il tempo del terrore coincide con la cecità dell’Europa, degli Usa, e dell’Onu giunta così al suo punto più alto. A Dimane, luogo di montagna a 1400 metri i vescovi hanno tratteggiato un quadro fosco. Perché si è arrivati a tanto, nonostante gli appelli fatti nei mesi passati? Le violenze raccontate dai superstiti continuano, non si arrestano, compreso - ultima di una lunga serie degli orrori - quella di ragazze cristiane utilizzate come schiave di piacere dai miliziani della jihad. La denuncia è rimbalzata sino a Roma, approdando sul tavolo del Papa, il quale attonito e impotente, assiste ad una deriva senza fine. Ma la rassegnazione non è nelle corde di Francesco.
IL SUMMIT
L’idea che sta prendendo corpo in queste ore a Santa Marta è di convocare a breve, forse entro le prime due settimane di settembre, una riunione tra tutti i nunzi apostolici dell’area direttamente interessata dagli effetti del dilagare jihadista. Libano, Siria, Iraq, Giordania ma anche la Turchia, poiché sul suo territorio continuano ad arrivare, varcando il confine, profughi disperati. Il summit avverrà alla presenza di Papa Francesco e del segretario di Stato, il cardinale Parolin, e potrebbe aiutare a mettere assieme tutti i tasselli del mosaico, raccogliere informazioni preziose, e fare da base per una azione diplomatica a largo raggio. L’obiettivo è sensibilizzare le cancellerie dei Paesi europei e di quelli che siedono nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu.
LA PAURA
II grande timore facilmente percepibile al di là del Tevere è che il conflitto in Iraq e in Siria possa progressivamente perdere l’attenzione dei grandi e finire nel dimenticatoio collettivo, come fosse uno dei tanti focolai del mondo. Peccato che l’equilibrio del Medio Oriente, senza la presenza millenaria delle comunità cristiane, sia destinato al collasso con effetti non secondari anche per l’Europa. «Purtroppo il conflitto in Siria sta per essere dimenticato per varie cause. E questo causerà parecchi scompensi», sintetizza monsignor Zenari, nunzio a Damasco. In queste ultime ore il quadro si è ulteriormente aggravato a causa delle notizie dal fronte iracheno. Secondo il patriarca caldeo di Kirkuk, monsignor Sako, 100.000 cristiani sono in fuga dalle città del Nord conquistate dai jihadisti. «Hanno tolto le croci dalle chiese e bruciato antichi manoscritti». L’ennesimo disastro umanitario dopo che i miliziani hanno preso il controllo di Qaraqosh e di altre tre località vicine. «Sono fuggiti con nient’altro che i loro vestiti addosso, alcuni a piedi, per raggiungere la regione del Kurdistan» ha detto Sako. In questo scempio circa 1.500 antichi manoscritti cristiani sono andati perduti per sempre.
LE RICHIESTE
In Libano è stato letto dai vescovi un appello: «Noi chiediamo al mondo e a Papa Francesco di occuparsi della situazione che si è venuta a creare in Iraq. Dove è la coscienza mondiale che parla di diritti dell’uomo davanti al dramma della comunità di Mosul?». Negozi bruciati, case occupate, ricatti, violenze, stupri sono all’ordine del giorno. L’arcivescovo maronita di Beirut, monsignor Boulos Matas spera che possa intervenire l’Onu attraverso una risoluzione a favore del ritorno dei proprietari dei territori confiscati e dei beni sottratti loro con la forza.