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 2014  agosto 08 Venerdì calendario

D’ALIMONTE: CON QUESTA RIFORMA IL PARLAMENTO AVRÀ PIÙ DIGNITÀ


L’INTERVISTA
ROMA Professor D’Alimonte, a poche ore dalla conclusione del dibattito in Senato che giudizio dà della riforma?
«Accade raramente in Italia che una vicenda iniziata in maniera zoppicante venga raddrizzata cammin facendo. Questa è una di quelle».
Tutto bene, dunque?
«Diciamo che l’intuizione iniziale di dare uno sbocco istituzionale nazionale alle autonomie locali era ed è ottima. Poi i due relatori, Finocchiaro e Calderoli, hanno fatto un ottimo lavoro di mediazione raggiungendo un buon equilibrio complessivo. Vedremo se altri tasselli saranno raffinati nella prossima lettura alla Camera».
Da più parti si è parlato di un progetto con profili autoritari.
«Tecnicamente mi pare un giudizio infondato».
Perché?
«Fra i 28 Paesi del’Unione Europea ben 18 sono monocamerali cioè non hanno il Senato. Il Senato poi è elettivo solo in 5 dei Paesi restanti e uno, la Romania, con un referendum, ha appena deciso di farne a meno. In Spagna e nella Repubblica Ceca, poi, il Senato ha poteri modesti. Il Senato con pieni poteri resta solo in Italia e Polonia».
Qual è secondo lei la qualità migliore della riforma?
«Ce n’è parecchie di cui non si parla mai ma che sono molto importanti».
Ne citi una.
«Nel testo c’è un rafforzamento del ruolo dell’esecutivo in Parlamento che paradossalmente farà bene al Parlamento».
Si spieghi, professore.
«Ora c’è un abuso dei decreti. Guardiamo a quello che succede anche in questi giorni: prima delle ferie le due Camere stanno approvando un numero di decreti impressionante. Non è così che il Parlamento può svolgere un ruolo attivo. Se invece il governo ha la garanzia come prevede la riforma che le sue leggi vengano esaminate in tempi certi il discorso cambia e il Parlamento può intervenire. Anche sul referendum è stato fatto un buon lavoro. Era uno strumento inservibile ora invece serviranno 800 mila firme ma il quorum per l’approvazione è molto più realistico poiché si basa sulla metà più uno dei votanti alle precedenti politiche».
Un difetto della riforma?
«Forse le modalità di elezione del presidente della Repubblica. Un nodo legato alla nuova legge elettorale».
E perché?
«La nuova Costituzione dilazione a dopo l’ottavo scrutinio la designazione a maggioranza del presidente della Repubblica. Se però abbiamo una legge elettorale maggioritaria o, meglio, disproporzionale che assegna alla maggioranza fra il 52 e il 55% dei seggi, per una questione di grammatica istituzionale sarebbe più opportuno che per l’elezione del Colle fosse fissata una semplice soglia del 60%».
Sulla legge elettorale si parla di introduzione di preferenze e nuove soglie.
«Argomenti complessi. La soglia dell’8% per il partito che si presenta da solo non ha eguali in Europa. Si rischia di tener fuori milioni di elettori dal Parlamento. Io sono contrario alle preferenze, ma penso sia possibile introdurre un sistema simile a quello regionale toscano con un terzo degli eletti su liste bloccate e il resto deciso dalle preferenze. Altrimenti ci sarebbe il modello svedese che però lasciamo alla prossima intervista».