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 2014  agosto 08 Venerdì calendario

TRA LE BARRICATE DEGLI ESUBERI «QUI È UN MOMENTO DI CAOS»


IL REPORTAGE
FIUMICINO Gli elenchi sono usciti, e non sono come i quadri a scuola: non prevedono rimandati a settembre. «Non c’è il tuo nome, ma è come se ci fosse. Gli dai un’occhiata, ti fai due calcoli sulle posizioni tecnico-organizzative che verranno salvate e se sei il più giovane, magari come me, c’è poco da interpretare: vai a casa e basta». Fabrizio ha meno di quarant’anni e all’Alitalia fa l’impiegato, quelli come lui sono i messi peggio, hanno davanti appena dodici mesi di mobilità e poi il licenziamento. «E sa cosa mi fa più rabbia? Che con l’ingresso di Etihad ci sarà sicuramente uno sviluppo della compagnia, chi resta fuori oggi è come se restasse fuori dal futuro».
Il futuro? Difficile immaginarlo, con quei novemila bagagli ancora ad arrostire sotto il sole, con le assemblee delle grandi sigle sindacali prima convocate e poi frettolosamente revocate -«perché c’è troppo da lavorare»-, con la minaccia di una valanga di certificati medici che potrebbe travolgere lo scalo nel giorno fatidico della firma dell’accordo. Sono piuttosto le ore della rabbia, della paura, di mors tua vita mea.
«FAMIGLIE DISPERATE»
Anche Mariella fa l’impiegata e l’altro giorno, in segno di pacifica ma commovente protesta, s’è portata i figli in ufficio. Lei come altre mamme. «E’ una beffa. A quelli della vecchia Alitalia concessero quattro anni di cassa integrazione, con noi invece Etihad ha chiesto e ottenuto che non si facesse ricorso ad ammortizzatori sociali. Speriamo solo che siano riviste la norme del Fondo straordinario per il trasporto aereo, l’unica strada che mi sembra praticabile per integrare il reddito di chi verrà licenziato».
I numeri sono relativamente e drammaticamente semplici. Ballano più di duemiladuecento posti di lavoro per un’Alitalia che alla fine di ottobre del prossimo anno prevede di avere undicimila dipendenti, novemila in meno di una decina d’anni fa. Di questi duemiladuecento posti, 159 sono piloti, 420 assistenti di volo e il resto, quasi millesettecento, personale di terra. Che non sono solo i facchini dei bagagli, i protagonisti della clamorosa protesta dell’altro giorno, ma anche gli operai che spostano le scale sulle piste, gli addetti alla manutenzione e comunque tutto il personale della cosiddetta area ground. I più colpiti, e anche i duri e puri: da loro si teme che arrivi la gran massa dei certificati medici e non certo da assistenti di volo e piloti. Mauro parla per tutti: «Abbiamo sulle spalle famiglie disperate. Poteva andare molto peggio, poteva succedere di tutto con quella protesta dei bagagli. Invece lo spontaneismo, per fortuna, è rientrato».
Le voci si rincorrono da un terminal all’altro. Aurora, assistente di volo, è furiosa: «Se vogliono davvero mandarci via, allora mi spieghino perché proprio in questi giorni quattro voli sono stati cancellati per mancanza di equipaggio, perche nelle settimane delle grandi vacanze si stanno utilizzando tutte le riserve. Sì, la conosco la storia che gira: non ci vogliono più perché hanno calcolato che proprio tra gli assistenti di volo ci sia il più alto numero di contenziosi legali con l’azienda...».
Un capitolo molto speciale è quello dei piloti, il fiore all’occhiello di Alitalia, fra i migliori per tradizioni, corteggiati dalle compagnie di tutto il mondo. Perché anche loro fra gli esuberi? «Sia noi sia gli assistenti di volo -mastica amaro Giovanni- potevamo essere tenuti in regime di solidarietà, ma Etihad non ha voluto. Dicono che ci offrono un posto da loro, ma non è cosi: ci offrono la possibilità di partecipare a una selezione ad Abu Dhabi, senza nessuna garanzia di essere davvero assunti, senza nessun processo di vera ricollocazione. A quel punto i nostri piloti, così apprezzati, la selezione possono andar a farla dove vogliono, alla Turkish o in Vietnam, dove vogliono».
«ANDATI VIA 60 PILOTI»
Gli danni ragione le cifre di un fenomeno passato quasi sotto silenzio: è da almeno da un anno a questa parte che molti piloti Alitalia hanno cominciato a guardarsi intorno e si sono trasferiti altrove. «Calcoliamo che almeno in sessanta siano andati via, per l’esattezza 28 a partire da gennaio. E ovviamente non è finita qui».
No, non è finita qui neppure per tutto il resto. Fiumicino è atteso da una giornata cruciale, la tensione è palpabile dal primo all’ultimo desk. Un sindacalista abituato a vederle tutte sintetizza cosi: «E’ un momento di caos. Arrivano ai lavoratori un miliardo di informazioni sulla trattativa e nessuna ancora certa. Una pressione difficile da sopportare».