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 2014  agosto 08 Venerdì calendario

IL DIRITTO SOCIETARIO PIU’ PAZZO DEL MONDO

Vi ricordate il film-parodia L’aereo più pazzo del mondo? La trama era semplice: viene servito del pesce avariato in volo e tutti stanno male, compresi i piloti. La hostess contatta la torre di controllo e sotto le istruzioni del supervisore McCroskey attiva il pilota automatico (un manichino gonfiabile chiamato "Otto") che sarebbe capace di guidare l’aereo fino a Chicago, ma non di farlo atterrare. Da qui una serie di gag prima dell’inevitabile lieto fine. Ecco, il percorso delle riforme intrapreso in Italia a volte sembra seguire le rotte dell’aereo folle. E ogni tanto appare qualche Otto che si gonfia e prende i comandi.
Volete un esempio? Eccolo qui, le modifiche del diritto societario e dell’Opa (l’Offerta pubblica d’acquisto di azioni quotate in Borsa) contenute nel decreto competitività da poco approvato dal Senato e, sperabilmente, ancora modificabile dalla Camera. Roba da professori di diritto e gnomi della finanza, direte voi. Attenzione, non è così: le nostre imprese sono da sempre poco aperte al capitale di rischio e, in questo modo, si indebitano frenando la loro crescita. Non sono nemmeno contendibili (è cioè difficile far passare di mano la proprietà) e quindi il management si trincera al comando anche quando è inefficiente: un grave problema per il Paese.
Immaginatevi di essere il signor Yen von Dollar che vuole acquistare una società quotata in Italia. Oggi la regola è semplice: se superi con acquisti successivi più del 30 per cento del capitale devi lanciare un’Opa su tutte le azioni, in modo da trattare paritariamente i soci di minoranza. Con il decreto competitività la soglia rimane del 30 per cento solo se c’è già un socio con almeno il 25 per cento, altrimenti si abbassa al 25.
Ma se l’impresa è piccola o media (Pmi), cioè non fattura 300 milioni di euro o ha una capitalizzazione di Borsa inferiore a 500 milioni, l’assemblea potrà decidere di modificare lo statuto e far scattare l’obbligo di Opa al superamento di una soglia tra il 20 e il 40 per cento. Siete confusi? Figuratevi Mr. Yen! Anche perché la nostra sarebbe l’unica legislazione al mondo ad avere questi limiti variabili (con la parziale eccezione di un altro faro dei mercati finanziari, l’Ungheria del premier Viktor Orbán), introdotti per permettere al Tesoro di vendersi un po’ d’azioni delle sue partecipate al 30 per cento, senza perderne il controllo. Naturalmente tale misura diminuisce la contendibilità delle società, lasciandole in mano a minoranze organizzate e scoraggiando chi, pur disposto ad investire il sufficiente per comprarsi il 26 per cento, sa che dovrebbe invece acquistare il 100 per cento.
Per essere sicuri di bloccare ogni passaggio di proprietà, si vogliono poi introdurre le azioni a voto doppio, in modo che un socio possa controllare l’assemblea con relativa poca spesa (si può scendere al 13 per cento di capitale sociale, ma col voto doppio si mantiene il 26 per cento dei voti, ad esempio).
Mr. Von Dollar è più abituato a questa normativa, adottata da una minoranza di altri Paesi; ma negli Stati Uniti, ad esempio, è possibile avere una struttura con le cosiddette "dual-class shares" quando si quota la società (come fece un colosso come Google), così che il mercato possa dare il giusto prezzo a ciascuna classe di titoli. In Italia no: anche nelle società già quotate, chi possiede azioni da più di 24 mesi (lo Stato e le famiglie imprenditoriali, ad esempio) potrà raddoppiare i voti modificando lo statuto. Siccome per farlo sono necessari i due terzi dei voti e gli investitori istituzionali sono contrari (in tutto il mondo detestano le "dual-class shares" e molti studi rilevano una correlazione tra performance insoddisfacente, basso valore di mercato e voto plurimo) allora voilà: fino al 31 gennaio 2015 è possibile cambiare lo statuto con la maggioranza semplice dei voti! Compensazioni per chi rimane con la sua azione a voto singolo? Nessuna. Ma in quale nazione al mondo, nonostante quel che scrivono persone d’esperienza come il senatore Massimo Mucchetti o il giornalista Alessandro Plateroti, sarebbe possibile uno tale sfregio dei diritti di proprietà e governo delle imprese?
In nessuna. Ecco perché i nostri Otto assestano indisturbati colpi all’economia e alla credibilità del nostro Paese, ma almeno ci danno il diritto più pazzo del mondo.